R I C E
T T E D I D O N N A * R O C K S T A R
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Quando,
poco oltre la metà degli anni '60, Andy
Warhol lavorava
attorno all'idea del Plastic
Inevitable Show con
i Velvet
Underground. il mondo musicale offriva stereotipi,
femminili e non, che di lì a poco sarebbero divenuti in
qualche modo disdicevoli. Warhol e
i Velvet non
erano però interessati al loro presente: erano già in
contatto con il futuro. Il loro spettacolo fu salutato
con indifferenza; non ci si rese conto della sua
grandezza. E anche Nico,
la chanteuse del gruppo, la femme fatale, non fu degnata
di attenzione particolare. Era un'epoca di entusiasmi e
di impegno, e intanto Nico cantava
di uno sfacelo lento, di enigmatiche dolcezze, di
estranei. Il suo background marcatamente europeo, la sua
voce arida e teutonica, ne fecero nella New York di
allora, un episodio assolutamente unico. Lasciò
presto i Velvet,
cantò in alcuni night clubs, imparò, nel suo lavoro come
solista, a dare alla sua voce languida accenti di
impassibilità. Imparò ad ergersi, temibile, al di sopra
delle cose, e al di sopra di se stessa. Scrisse brani
per harmonium e tastiere dall'atmosfera riconosciuta
solo molto più tardi. Solo dopo, ci si rese conto che al
suo cospetto molte altre donne del suo tempo, dalla Baez a Grace
Slick, erano solo volgari. Nico era
bellissima, lo testimoniano anche i servizi fotografici
di moda per cui lei posò quando era giovanissima. Ma la
sua bellezza non era forse la ragione prima del suo
fascino.
Negli
anni seguenti, le vicende di altre bellissime nel
mondo della musica non possono che rendere omaggio alla
sua portata. Twiggy,
la modella filiforme numero uno nell'Inghilterra dei
primi anni '70, comparve con David
Bowie sulla
copertina del suo Pin
ups. Sull'esperienza discografica che fece di lì a
poco non ci fu che silenzio, e lei passò senza lasciare
alcuna traccia.
Amanda
Lear, la famosa cover-girl dei Roxy
Music, aveva una voce profonda e sensuale. Per
attirare interesse ha comunque dovuto astutamente creare
mistero e tensione riguardo la sua presunta ambiguità
sessuale: quello che il suo repertorio povero e anonimo
non poteva suscitare, è stato da lei intelligentemente
ottenuto con abili manovre sulla sua immagine pubblica.
Lodevole arguzia.
Un'altra
top-model, stavolta americana, ha lasciato gli
ateliers per dare notizie di sé su vinile: la nera Grace
Jones esordì
come cantante disco con una stupefacente versione di La
vie en rose, resa indimenticabile da Edith
Piaf. Fin da questo primo lavoro, la sua voce
selvaggia e arrogante si impose con prepotenza.
Fisicamente splendida e dal viso surreale, oggi Grace si
propone come interprete sofisticatissima e altera. E'
coadiuvata da musicisti che creano i suoni per la sua
voce, e da stilisti che ne fanno un personaggio unico e
magnetico; la sua classe le permette questo e altro.
Vive ora tra New York e Parigi e compare di tanto in
tanto a qualche serata, con l'aspetto di chi, più che
vestire il proprio corpo, vuole farne un'opera d'arte.
Poco
rumore fecero
invece le Snatch,
ovvero Patty
Palladin e Judy
Nylon, da tempo amica di Brian
Eno. La copertina del loro 45 giri, All
I Want, è famosa per la ricchezza con cui è
laminata. Questo disco avrebbe forse dovuto interessare
molto di più: ma evidentemente la Londra del '77 era
presa da ben altre storie...
Intanto
New York scopriva
un'interessante finto-biondina chiamata Deborah
Harry. Come personaggio punk non funzionò. No,
decisamente il rock d'attacco non si addiceva a quella
graziosa creatura. A qualche anno dall'inizio
dell'attività con i Blondie, Debbie
Harry è
una figura su cui si appoggiano affari colossali, sia in
campo musicale che in quelli cinematografico,
pubblicitario, della moda. Dal connubio artistico con la
produzione di Giorgio
Moroder, che ha avuto come esito l'hit Call
me, lei è risultata uno squisito e lucido prodotto
americano. Niente di più, per l'amor del cielo.
Se però
si cita Siouxsie,
ci si trova di fronte ad altra qualità. La sua voce è
forse la più singolare, fredda e romantica degli ultimi
anni. Lei è una strega stupenda, pallida, dai capelli
corvini e arruffati. Parla spesso di morte, decisamente
troppo, i suoi giri vocali atterriscono. Nell'arco di
quattro albums con i Banshees e
di un lavoro interpretato da lei e dal suo batterista, Budgie,
sotto il nome di Creatures,
ha lasciato ritratti di se stessa e della sua idea
poetica che la vedono a volte assorta, oppure piangere,
o dolcissima e fragile, o malvagia, o imprevista come
una grande può essere. Adesso anche lei sta avviandosi
verso la vergognosa rovina, sta perdendo l'equilibrio,
pecca forse di troppa prevedibilità, è pubblicamente una
perdente. Attonita e morbidamente inconsapevole,
continua comunque a far ricordare le sue immagini di
qualche anno fa. E per questo è forse la più
affascinante e sottile dell'Inghilterra di oggi.
Neppure la
determinatissima Toyah
Willcox, dai sorprendenti capelli di rame e dalla
voce tanto versatile, possiede un simile carisma sulla
folla. E anzi, la nevrotica cantante e attrice,
nell'ansiosa corsa al successo, ha dimenticato di dare
alle sue opere almeno una parvenza di dignità.
L'Inghilterra ha
un altro personaggio incantevole, ed è Jayne,
la strana vocalist dei Pink
Military. Vista l'anno scorso all' Hammersmith
Palais, era un miracolo: ironica e sprezzante, eppure
garbata, indossava un abito un po' strappato che le
copriva molto il piccolo e grazioso corpicino; è
sottilmente allusiva, con noncuranza. Fin dal primo EP
della sua band, il poco noto Blood
& Lipstick, è lei a concepire gran parte del
materiale sonoro e dei particolari scenici nel live-act.
Riservata e poco chiassosa, non è famosissima: ma ha una
piccola schiera di fedeli che l'amano fin da quando,
quasi tre anni fa, lei era ancora con i Big
In Japan. La fragile Jayne non
si cura che della qualità di quello che lei ed i Military fanno;
a loro piace fare tutto da soli, e non firmare per
grosse case. Difficilmente descrivibile, questa donna è
anche difficilmente dimenticabile.
Di una
introversione e di un disinteresse verso il business
simili è anche la newyorkese Lydia
Lunch. Ultimamente vive in California con il suo
uomo, e già da qualche tempo non si sente nulla di lei.
Con i Jesus
a the Jerks comparve
nella famosissima raccolta No
Newyork. Li produsse per quell'occasione Eno,
quando lei era quasi una bambina prodigio moderna (aveva
16 anni). Con la sua voce incerta e cantilenante ha
lasciato molti attoniti, mentre lei li guardava con la
sua espressione apatica e nauseata. Forse lei più di
ogni altra è inconsapevole del proprio stile. Magari non
le interessa neppure e infatti è scomparsa.
Quanto
al resto, c'è qualche altra figura bizzarra. Le
ragazze che si fanno chiamare Hot
Gossip, band a Londra oggidì piuttosto conosciuta,
sono probabilmente le più gradevoli alla vista. Certo è
però che il new dandismo ha creato dei mostri. Queste
creaturine sono così acconciate, così barocche, così
sature, eccessive, di cattivo gusto e incolte nella
scelta di drappeggi dal rinascimentale all'antico
cinese, che ci si può chiedere com'è che permettano loro
di mostrarsi in pubblico. Ma lungi dal gridare allo
scandalo, ci si può tranquillizzare non facendo di loro
argomento di conversazione.
Scarlett, la stilista delle chiome che lavora nel
negozio londinese chiamato "antenna", è così singolare
da esser degna di una nota finale, pur non essendo
coinvolta direttamente (almeno per ora) in fatti
musicali. E' una donna altissima e bionda che ama "avere
un aspetto diverso" (come dice spesso). Tiene i capelli
in pose architettoniche, sul viso allungato e inglese.
Ma le ultime foto la ritraggono completamente rasata,
con gli unici capelli che le ricadono sulla fronte, a
forma di croce. L'ultimo disco di Nico,
dopo anni di silenzio, si chiama The
Drama of Exile. Forse idealmente c'è qualcun'altra
degna di riempire la sua solitudine.
Pagina inserita il 9 OTTOBRE 2016
PHOTO Nico
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