R I C E T T E  D I  D O N N A  *  R O C K S T A R  1 9 8 2

 

 

Quando, poco oltre la metà degli anni '60, Andy Warhol lavorava attorno all'idea del Plastic Inevitable Show con i Velvet Underground. il mondo musicale offriva stereotipi, femminili e non, che di lì a poco sarebbero divenuti in qualche modo disdicevoli. Warhol e i Velvet non erano però interessati al loro presente: erano già in contatto con il futuro. Il loro spettacolo fu salutato con indifferenza; non ci si rese conto della sua grandezza. E anche Nico, la chanteuse del gruppo, la femme fatale, non fu degnata di attenzione particolare. Era un'epoca di entusiasmi e di impegno, e intanto Nico cantava di uno sfacelo lento, di enigmatiche dolcezze, di estranei. Il suo background marcatamente europeo, la sua voce arida e teutonica, ne fecero nella New York di allora, un episodio assolutamente unico. Lasciò presto i Velvet, cantò in alcuni night clubs, imparò, nel suo lavoro come solista, a dare alla sua voce languida accenti di impassibilità. Imparò ad ergersi, temibile, al di sopra delle cose, e al di sopra di se stessa. Scrisse brani per harmonium e tastiere dall'atmosfera riconosciuta solo molto più tardi. Solo dopo, ci si rese conto che al suo cospetto molte altre donne del suo tempo, dalla Baez a Grace Slick, erano solo volgari. Nico era bellissima, lo testimoniano anche i servizi fotografici di moda per cui lei posò quando era giovanissima. Ma la sua bellezza non era forse la ragione prima del suo fascino.

Negli anni seguenti, le vicende di altre bellissime nel mondo della musica non possono che rendere omaggio alla sua portata. Twiggy, la modella filiforme numero uno nell'Inghilterra dei primi anni '70, comparve con David Bowie sulla copertina del suo Pin ups. Sull'esperienza discografica che fece di lì a poco non ci fu che silenzio, e lei passò senza lasciare alcuna traccia.

Amanda Lear, la famosa cover-girl dei Roxy Music, aveva una voce profonda e sensuale. Per attirare interesse ha comunque dovuto astutamente creare mistero e tensione riguardo la sua presunta ambiguità sessuale: quello che il suo repertorio povero e anonimo non poteva suscitare, è stato da lei intelligentemente ottenuto con abili manovre sulla sua immagine pubblica. Lodevole arguzia.

Un'altra top-model, stavolta americana, ha lasciato gli ateliers per dare notizie di sé su vinile: la nera Grace Jones esordì come cantante disco con una stupefacente versione di La vie en rose, resa indimenticabile da Edith Piaf. Fin da questo primo lavoro, la sua voce selvaggia e arrogante si impose con prepotenza. Fisicamente splendida e dal viso surreale, oggi Grace si propone come interprete sofisticatissima e altera. E' coadiuvata da musicisti che creano i suoni per la sua voce, e da stilisti che ne fanno un personaggio unico e magnetico; la sua classe le permette questo e altro. Vive ora tra New York e Parigi e compare di tanto in tanto a qualche serata, con l'aspetto di chi, più che vestire il proprio corpo, vuole farne un'opera d'arte.

Poco rumore fecero invece le Snatch, ovvero Patty Palladin e Judy Nylon, da tempo amica di Brian Eno. La copertina del loro 45 giri, All I Want, è famosa per la ricchezza con cui è laminata. Questo disco avrebbe forse dovuto interessare molto di più: ma evidentemente la Londra del '77 era presa da ben altre storie...

Intanto New York scopriva un'interessante finto-biondina chiamata Deborah Harry. Come personaggio punk non funzionò. No, decisamente il rock d'attacco non si addiceva a quella graziosa creatura. A qualche anno dall'inizio dell'attività con i Blondie, Debbie Harry è una figura su cui si appoggiano affari colossali, sia in campo musicale che in quelli cinematografico, pubblicitario, della moda. Dal connubio artistico con la produzione di Giorgio Moroder, che ha avuto come esito l'hit Call me, lei è risultata uno squisito e lucido prodotto americano. Niente di più, per l'amor del cielo.

Se però si cita Siouxsie, ci si trova di fronte ad altra qualità. La sua voce è forse la più singolare, fredda e romantica degli ultimi anni. Lei è una strega stupenda, pallida, dai capelli corvini e arruffati. Parla spesso di morte, decisamente troppo, i suoi giri vocali atterriscono. Nell'arco di quattro albums con i Banshees e di un lavoro interpretato da lei e dal suo batterista, Budgie, sotto il nome di Creatures, ha lasciato ritratti di se stessa e della sua idea poetica che la vedono a volte assorta, oppure piangere, o dolcissima e fragile, o malvagia, o imprevista come una grande può essere. Adesso anche lei sta avviandosi verso la vergognosa rovina, sta perdendo l'equilibrio, pecca forse di troppa prevedibilità, è pubblicamente una perdente. Attonita e morbidamente inconsapevole, continua comunque a far ricordare le sue immagini di qualche anno fa. E per questo è forse la più affascinante e sottile dell'Inghilterra di oggi.

Neppure la determinatissima Toyah Willcox, dai sorprendenti capelli di rame e dalla voce tanto versatile, possiede un simile carisma sulla folla. E anzi, la nevrotica cantante e attrice, nell'ansiosa corsa al successo, ha dimenticato di dare alle sue opere almeno una parvenza di dignità.

L'Inghilterra ha un altro personaggio incantevole, ed è Jayne, la strana vocalist dei Pink Military. Vista l'anno scorso all' Hammersmith Palais, era un miracolo: ironica e sprezzante, eppure garbata, indossava un abito un po' strappato che le copriva molto il piccolo e grazioso corpicino; è sottilmente allusiva, con noncuranza. Fin dal primo EP della sua band, il poco noto Blood & Lipstick, è lei a concepire gran parte del materiale sonoro e dei particolari scenici nel live-act. Riservata e poco chiassosa, non è famosissima: ma ha una piccola schiera di fedeli che l'amano fin da quando, quasi tre anni fa, lei era ancora con i Big In Japan. La fragile Jayne non si cura che della qualità di quello che lei ed i Military fanno; a loro piace fare tutto da soli, e non firmare per grosse case. Difficilmente descrivibile, questa donna è anche difficilmente dimenticabile.

Di una introversione e di un disinteresse verso il business simili è anche la newyorkese Lydia Lunch. Ultimamente vive in California con il suo uomo, e già da qualche tempo non si sente nulla di lei. Con i Jesus a the Jerks comparve nella famosissima raccolta No Newyork. Li produsse per quell'occasione Eno, quando lei era quasi una bambina prodigio moderna (aveva 16 anni). Con la sua voce incerta e cantilenante ha lasciato molti attoniti, mentre lei li guardava con la sua espressione apatica e nauseata. Forse lei più di ogni altra è inconsapevole del proprio stile. Magari non le interessa neppure e infatti è scomparsa.

Quanto al resto, c'è qualche altra figura bizzarra. Le ragazze che si fanno chiamare Hot Gossip, band a Londra oggidì piuttosto conosciuta, sono probabilmente le più gradevoli alla vista. Certo è però che il new dandismo ha creato dei mostri. Queste creaturine sono così acconciate, così barocche, così sature, eccessive, di cattivo gusto e incolte nella scelta di drappeggi dal rinascimentale all'antico cinese, che ci si può chiedere com'è che permettano loro di mostrarsi in pubblico. Ma lungi dal gridare allo scandalo, ci si può tranquillizzare non facendo di loro argomento di conversazione.

Scarlett, la stilista delle chiome che lavora nel negozio londinese chiamato "antenna", è così singolare da esser degna di una nota finale, pur non essendo coinvolta direttamente (almeno per ora) in fatti musicali. E' una donna altissima e bionda che ama "avere un aspetto diverso" (come dice spesso). Tiene i capelli in pose architettoniche, sul viso allungato e inglese. Ma le ultime foto la ritraggono completamente rasata, con gli unici capelli che le ricadono sulla fronte, a forma di croce. L'ultimo disco di Nico, dopo anni di silenzio, si chiama The Drama of Exile. Forse idealmente c'è qualcun'altra degna di riempire la sua solitudine.

 

Pagina inserita il 9 OTTOBRE 2016

PHOTO Nico