Chi nutre una sana passione
per la lettura è in genere un divoratore onnivoro di pagine e parole
e sa concedersi con profonda
leggerezza sia ad un classico della letteratura che alle vignette di
un fumetto di avventure.
Da piccolo leggevo Topolino e
Alan Ford,
ma anche Diabolik e Satanik (forse avevo già capito che prima o
poi bisogna imparare a fare i conti con il bene e con il male e che
non è mai troppo presto per cominciare:-)
Ma dalla Biblioteca Comunale
mio padre rientrava ogni quindici giorni con un paio di libri, uno per lui
e uno per me. E così, accanto ai miei giornalini, non era difficile
trovare La capanna dello zio Tom, Cuore, Pinocchio
o I ragazzi della via Pal... E poi, nel periodo
dell'adolescenza, insieme ai libri di poesia spuntarono anche anche i
primi volumi "proibiti"...
La varietà di quelle letture, a volte dense di
valori e significati, a volte semplicemente futili e divertenti, mi ha
aiutato ad aprire il cuore e la mente, mi ha insegnato a valutare a
360 gradi, a non avere pregiudizi e a cercare un senso nell'essenza di
ogni storia, al di là della firma prestigiosa o meno dell'autore.
Col
tempo mi sono avvicinato con curiosità ai quotidiani, ai tipici
settimanali per la famiglia media ("Gente", "Oggi", "L'Espresso",
etc.) e più avanti negli anni, con umiltà, alla magnificenza di alcune
opere di grandi scrittori, come Kerouac, Pasolini o la superba e
insuperabile Marguerite Yourcenar (che rimane ad oggi la mia autrice
preferita).
Ed è stato grazie a questo percorso trasversale che il
ventaglio di opere dell'ingegno che mi sono passate tra le mani è
diventato sempre più ampio. Non so se ho letto molto o poco, a volte per finire un libro ci ho messo settimane, altre volte
solo due giorni; non mi hanno mai appassionato i termini di paragone e
le statistiche: di sicuro posso dire che la varietà di generi non è
mai mancata, anche se rimango sempre nel dubbio di non aver
letto mai abbastanza, questo sì... Ho pensato a volte di aprire su
questo sito delle pagine dedicate alla "parola scritta", alle
"letture", ma poi ho desistito, anche perché non ritengo questa la
sede più adatta per approfondire. Alla fin fine sono "soltanto"
esperienze personali di un semplice lettore, e da comune lettore non
sarei neanche in grado di fare recensioni all'altezza di ciò che
spesso ho avuto la fortuna di leggere. E' sicuramente meno complesso
tentare di tradurre in parole le proprie impressioni su un disco o su
una canzone.
Ma questa volta voglio fare un'eccezione e allo stesso
tempo una segnalazione... La "voce divina" in questo caso è la voce
narrante di una donna che mette a nudo la propria anima, e lo fa con
fervida lucidità e con una sincerità disarmante. Mica poco di questi
tempi!
Ero in cerca di un nuovo
libro, qualche tempo fa, da Feltrinelli, dove passo a volte la metà
dei miei pomeriggi di libertà, quando all'improvviso lo sguardo mi è
scivolato sull'immagine di un bellissimo volto in primo piano,
immortalato in copertina. La copertina patinata di un volume di 250
pagine, intitolato IL MIO CIELO (la mia lotta contro il
dolore): la prima autobiografia di Dalila Di Lazzaro. Avevo
sentito parlare di questa pubblicazione, così come avevo seguito con
interesse la bella e toccante intervista rilasciata dalla
modella/attrice a Paolo Bonolis nella trasmissione televisiva
Il
senso della vita. Non conoscevo la sua storia, se non attraverso gli episodi
più eclatanti riportati dalla cronaca, riguardanti la morte del
figlio e gli incidenti che l'hanno costretta a
fare i conti con il dolore cronico e con la costrizione alla parziale
immobilità del proprio corpo.
Ho comprato il libro seguendo l'istinto,
come faccio quasi sempre. Leggendolo ho scoperto un mondo... o meglio,
un cielo, sotto il quale sfilano ad uno ad uno aspetti molto privati
di una vita straordinaria. Al centro della storia i complessi processi
di elaborazione del lutto, del dolore e della malattia grave,
transitati nella mente e nel cuore di una donna bella, ricca e famosa
che nei passati decenni ha conosciuto l'ambiente esclusivo, dorato e
crudele, dello show business. Sono bastate quattro sere per completare
la lettura.
Dalila si rivela, tra le righe, una donna dal carattere
forte, un bellissimo esemplare di essere umano: autentica, leale e
coraggiosa come una vera friulana sa essere, capace di andare dritta
al cuore, esprimendosi con un linguaggio semplice e immediato. "Ero e
sono una donna ignorante, dal punto di vista scolastico..." afferma
con molta umiltà in un'intervista di Cesare Lanza del 2000... Ma
questo non le ha certo impedito di comunicare, toccando profondamente
con le sue parole l'anima dei lettori. Senza
piagnistei, con dignità e lucidità si rivela, pagina dopo pagina, la
trama a tinte forti del racconto onesto e spietato della sua vita.
L'infanzia violata, le umiliazioni, gli incidenti (quasi mortali),
l'orgoglio ferito, i lutti e infine la malattia che per anni non le ha
concesso un giorno di tregua. A questo si aggiunge una lotta ancora
più ardua contro l'ottusità del mondo, la falsità e la cattiveria. Ma
non mancano momenti divertenti, aneddoti curiosi, la descrizione di
luoghi e di incontri importanti (L'America, Londra, Carlo Ponti,
Andy
Warhol, Alain Delon, Mick Jagger), raccontati oggi da una donna nuova,
rinata come l'Araba Fenice dopo l'esperienza di una sofferenza
profonda e devastante che per fortuna non è mai riuscita a sottrarle
nobiltà d'animo e bellezza.
Ormai note (ma mai abbastanza!) le
sue lotte civili: la prima per riuscire a fare approvare anche
in Italia una legge che garantisca ad una singola persona la
possibilità di adottare un bambino, e poi, non meno significativa,
quella per il riconoscimento del dolore cronico come malattia a tutti
gli effetti. Due cause importanti che, come disperate ancore di
salvezza le danno ancora oggi la forza di andare avanti.
percorso incredibile che
Dalila Di Lazzaro ha fatto bene a ripercorrere, a raccontare, per
"liberarsene", per rendere partecipi anche gli altri della sua
instancabile voglia di lottare. Un'esperienza che le ha regalato anche
la fede in Dio, la non rinuncia a credere ancora nell'amore
(per il suo uomo, per la natura, per i bambini, per i piccoli gesti
perduti e poi ritrovati). Conquiste che l'hanno portata ad avere il
coraggio di dichiarare davanti ad una telecamera: "Mi considero una
donna fortunata".
Riporto una lettera, inserita nel libro,
che un
anonimo ha inviato a Dalila Di Lazzaro dopo la morte del figlio
Christian, a soli 22 anni, in un incidente stradale:
"Per vivere non devi temere la
morte, vita e morte sono due aspetti dell'unità. Come la luce esiste
in contrasto con il buio e senza esso non potresti definirla, così la
vita esiste perché la morte le permette di rigenerarsi. Quello che
hai, quello che realmente ti appartiene, è quello che hai quando hai
perduto tutto. La bellezza, la giovinezza, i figli, i genitori, il
successo, il denaro, anche la salute non si posseggono per sempre,
sono solo strumenti così come lo siamo noi, ma nelle mani di Dio. Noi
ne godiamo, soffriamo se ci mancano, lottiamo per ottenerli, a volte
moriamo anche per loro ma loro non sono noi. La ragione di vita non è
nelle cose, è solo in Dio. E la vita serve solo a comprendere questo,
quella che viviamo è la preparazione a quello che ci aspetta e tutto,
se riferito a Dio, diventa incredibilmente piccolo e giusto, anche se
a noi sembra sbagliato. La fede è il fondamento su cui si costruisce
una vita vera: senza di essa non ci sarà consapevolezza, ma solo
morte. Ancora prima di nascere, il bambino ha fede che troverà la via
che lo porta alla vita, non vede, non sa, non è ancora, ma la sua fede
lo salva e lo fa nascere. Se non cogli il tuo vero essere, se non sai
distinguere tra quello che hai, o credi di avere, e quello che sei,
sarai destinato a perdere tutto per poter ritrovare te stesso".
Rosario Bono - 20.12.2008