Non spetta
certo a me spiegare chi era Fernanda Pivano. Lo racconta la
storia.
E per chi ama la musica e anche solo un po' la letteratura,
questo nome non può che risultare famigliare.
COMPLICE LA MUSICA
è una raccolta di interviste (30+1) a cantautori e
"cantantesse", rigorosamente Made in Italy. Interviste asciutte,
molto concrete. L'unica immaginaria, ma altrettanto "vera"
è quella a Fabrizio De Andrè,
grande mito-amico della scrittrice, da sempre!
Chiacchierate
molto gradevoli... Non ci sono tracce di paranoie e mitomanie
più o meno latenti, anzi, ci si ritrova immersi volentieri in
dialoghi fluidi e aperti che risultano leggeri ma non
superficiali.
L'autrice accenna,
allude e stimola più che far domande, lasciando carta bianca
all'interlocutore.
Hanno molte
sfaccettature, ancora
tutte da scoprire, questi personaggi che allo star system, purtroppo, piace
proporre sempre nello stesso modo, forse per paura di destabilizzare
i gusti del pubblico.
Mentre si legge, sembra di sentirli parlare i
nostri piccoli, grandi eroi...
Jovanotti dice delle belle cose,
semplici e intense... Interessanti le esternazioni di Fossati,
Paolo
Conte e Cesare Cremonini... Le chiacchierate da me preferite
sono state
quelle con Carmen Consoli e Franz Di Cioccio; tre o
quattro (ma non voglio fare nomi) quelle che ho trovato abbastanza
noiose.
Peccato che le interviste
siano brevi e finiscano troppo presto. La sensazione è di essere
stati invitati ad un pranzo importante, con tanto di primi, secondi
e frutta, e poi vedersi servire "solo" gli antipasti... Ma va bene anche così, ovviamente! Temevo di ritrovarmi a mangiare una minestra riscaldata e invece son
riuscito a gustare nuovi sapori!
Forse per gli addetti ai lavori, che per
motivi professionali sanno già tutto e anche di più, i dialoghi potrebbero
risultare un po' meno originali, resta comunque il fatto che le
pagine scorrono via piacevolmente e si può passare senza problemi
dall'intervista più breve, quella a Riccardo Cocciante (4
pagine) a quella più corposa, di 15 pagine, a Luciano Ligabue,
e non necessariamente seguendo il rispettoso ma scontato ordine
alfabetico.
Io ho seguito
istintivamente il mio ordine di preferenza, dall'artista più stimato a quello che, fino ad oggi, mi ha
lasciato completamente indifferente: partendo quindi da Ivano
Fossati, giù giù, fino a Federico Zampaglione.
Ho annotato alcune delle frasi che, qua e là, mi hanno
maggiormente colpito:
Ivano Fossati -
Essere adolescenti a metà degli anni Sessanta è stata una fortuna
indicibile. C'era una carica di entusiasmo, di ricerca, di curiosità
e di bellezza condivisa da tutti. Il mio desiderio di possedere una
chitarra e di imparare a suonare quattro accordi semplici era il
desiderio di tutti i ragazzi della mia città. La scossa provocata
dalla rivoluzione dei Beatles portò molti di noi alla scoperta di
altri tipi di musica e non solo. Incominciai ad interessarmi al
Jazz, alla letteratura americana, agli scrittori italiani, ai
romanzi russi: niente ci era precluso. Cominciava a piacerci tutto.
Ed è questo che ancora oggi mi rende felice, mi fa sentire fortunato
di aver vissuto quel periodo.
Carmen Consoli
- Gli anni Ottanta hanno prodotto una generazione senza ideali che
vuole solo avere un posto di potere. In una mia canzone parlo del
signor Tentenna, un uomo senza talento spinto dalla sete di successo
che va in giro su macchine che non può permettersi, ignorando le
cose autentiche della vita: la famiglia, la moglie, il cane
(allegoria della fedeltà).
Francesco Guccini
- A Bologna insegnavo italiano a una classe di studenti americani,
solo un mese all'anno, e avevo un rapporto molto famigliare con loro
(alla sera li portavo in giro per le osterie della città). Ho
insegnato dal 1965 al 1985 e, quando ho deciso di abbandonare,
alcuni ex studenti hanno raccolto delle firme per chiedermi di
tornare. Ho smesso soprattutto perché cominciavano a nascere
proibizioni sul fumo in classe, e io ero abituato a fumare sempre.
Ho trovato un'enorme differenza fra le prime classi a cui insegnavo
e le ultime, che erano insopportabili. All'inizio i ragazzi vivevano
ancora l'atmosfera degli anni Sessanta, e quindi erano più aperti,
erano diversi. Poi con gli anni Ottanta si sono trasformati in
studenti modello tutti uguali.
Claudio Baglioni
- Le canzoni, come forse le poesie, hanno un potere fulminante, sono
stelle fisse, pietre dure. Anche se penso che siano una forma di
espressione limitata rispetto ad altre (per la dimensione ad
esempio), messe tutte insieme danno una fisionomia, l'immagine di
chi le ha scritte, o le ha cantate e portate in giro. Banalmente si
dice che abbiano un potere formidabile di evocazione. E io questa
sensazione ce l'ho, anche per me funziona così. Sono molto sensibile
ai profumi, agli odori che quasi in maniera istantanea ti portano
come un taxi, o indietro nel tempo, o a volte addirittura in una
dimensione ancora sconosciuta. Credo che nessun essere umano sia
riuscito a sottrarsi alla magia dell'essere catturato da una canzone
o canzonetta che sia.
Fabio Concato -
Probabilmente mi piace guardare il mio lavoro sempre da un metro di
distanza. Può darsi che sia un pregio, perché in questo modo non
perdi mai l'equilibrio, ma potrebbe anche essere un limite, perché
non ti dai mai completamente.
Edoardo Bennato
- A un certo punto ho cominciato a usare il canovaccio delle favole.
Ho pensato che potessero essere un modo ideale per dire delle cose
senza essere troppo didascalici e retorici. E' il segreto di Esopo e
di Fedro: loro riuscivano ad arrivare a più gente, a differenza di
Platone e Aristotele che incutevano soggezione con i loro scritti.
Le favole sono più comprensibili e celano le contraddizioni, i
personaggi e i paradossi della nostra vita.
Samuele Bersani
- Sì, quando scrivo ho delle regole... E' più bello scrivere una
canzone che parta dal testo e non dalla musica. La musica deve
applicarsi al testo e non il contrario; ma la regola metrica è un
po' un'arma a doppio taglio, è un pregio ma è anche un limite.
Paolo Conte -
Devo ringraziare gli italiani, però devo dire che la Francia è più
importante dell'Italia come ambasciatrice di cultura. Se si è
conosciuti a Parigi si ha una credenziale notevole per lavorare nel
resto dell'Europa e in America, tutte cose che partendo direttamente
dall'Italia sono molto utopistiche.
Franz Di Cioccio -
Spesso mi viene chiesto: "Ma come si fa ad avere successo?", e
io rispondo che "successo" è una parola del cazzo, è un participio
passato, è già "successo". La domanda giusta dovrebbe essere: "Ma
come si fa a succedere?", perché se succedi poi hai successo.
Fabrizio De André -
Non mi ricordo come ho conosciuto Mina. So solo che avevamo avuto
una fortissima simpatia l'uno per l'altra e mi piaceva moltissimo il
modo in cui cantava. Sarei stato poco meno che scemo se non mi fosse
piaciuto il suo modo di cantare, perché riusciva a far diventare
sacrosanta anche una cosa banale.
R o s a r i o
B o n o
PAGINA INSERITA IL 3
OTTOBRE 2008
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