Occhio alle rose di dicembre, non sono rosse di passione,
non
profumano e spuntano come funghi (non sempre commestibili).
Ovvero: piccola metafora sullo scontato rituale delle fioriture discografiche
prenatalizie.
Ogni anno, come se non bastasse l'alta percentuale di dischi nuovi pubblicati proprio in questo periodo per
sfruttare la sindrome da shopping compulsivo, ci tocca vedere sugli
scaffali dei negozi una serie di edizioni/riedizioni addobbate
per l'occasione, infarcite di inutili fondi di magazzino, finti
inediti (leggi scartini), demo, provini rielaborati e dvd live
registrati alla meno peggio, senza contare manipolazioni varie e rimasterizzazioni
fasulle (leggi equalizzazioni) che gridano
vendetta. Non voglio fare nomi (sarebbero talmente tanti), basta
uscire e guardare le vetrine o più semplicemente fare un tour nei vari siti specializzati
nella vendita on-line per rendersi conto della situazione.
Ovviamente c'è anche qualcuno che lavora bene e si presenta con
valide proposte, ma a mio avviso trattasi di eccezioni.
Sia chiaro, nessuno ci punta la pistola alla tempia per
andare a comprare questo o quel prodotto, ma è ovvio che
ogni cosa messa in vendita venga inevitabilmente esposta al
giudizio del pubblico al quale è rivolta. L'esercizio di critica, che sia al bar, su un giornale o in un
sito che si occupa di musica rimane sacrosanto e legittimo.
Per quanto mi riguarda ho sviluppato un'importante forma
allergica nei confronti di queste operazioni e non nessuna
intenzione di guarire. Mi fa rabbrividire solo il pensiero di
portarmi a casa inutili cofanetti destinati, dopo il primo
sommario ascolto, a rimanere chiusi come tombe e ad essere
spolverati per l'eternità.
Pensare che si potrebbero ancora realizzare prodotti
artisticamente interessanti, ma ci vorrebbero buone idee,
progetti intelligenti e ottimi investimenti. Lo so, è un vecchio
discorso affrontato più volte in ogni dove e quindi non è il
caso di tornarci su per la centesima volta. Però le vorrei
proprio vedere da vicino le ghigne di alcuni dirigenti che
attualmente gestiscono il mercato discografico, e farci due
chiacchiere per cercare di scoprire se hanno occupato le
poltrone dei piani alti grazie alla loro professionalità o per
altri motivi... Non ci sarebbe niente di cui stupirsi visto
che in Italia in tutti i campi le raccomandazioni hanno sempre
funzionato alla grande. Oggi più che mai. Meglio non dire, basta
accendere la Tv, guardare e ascoltare: sinistra o destra
(esistono ancora?) è sempre la solita minestra. Arriva Tizio e
ficca tutti i suoi amici e conoscenti in ogni buco disponibile,
arriva Caio e la storia si ripete. Il problema è che questi
"protetti" non vengono messi a pulire le strade (uno degli
ultimi lavori dignitosi rimasti), ma vanno ad occupare posti
importanti.
Dai direttori ai manager, dai capi d'industria ai
leader politici e via discorrendo, le probabilità di imbattersi in
un imbecille, in tutti i campi, sono cresciute in maniera
esponenziale. Senz'altro una percentuale
di raccomandati andava messa in conto anche prima, insieme ai
brogli, i furti, gli scandali, etc., ma adesso credo si stia
esagerando, nei tempi, nei modi e soprattutto nella quantità.
A proposito di competenza e preparazione, a volte anche
dal microcosmo di un semplice negozio di dischi può
nascere spontaneo il dubbio sui criteri di assunzione del
personale, e ho in proposito un piccolo aneddoto... L'anno
scorso, a luglio, andai Milano (per un motivo che svelerò dopo) e
avendo il pomeriggio a disposizione ne approfittai per
raggiungere il centro e cercare
un CD di Juliette Gréco (pubblicato nel 2013) di cui possedevo
solo la copia digitale, scaricata a suo tempo. Si trattava di
GRECO CHANTE BREL, un album distribuito in tutto
il mondo da