Mezzogiorno sulle Alpi

 

 

 

 

 

 

 

Non sarebbe certo stato facile prevedere nell'ormai lontano 1981 quale sarebbe divenuta la futura dimensione artistica di Alice, allora vincitrice del Festival di Sanremo. Anche se la canzone - Per Elisa - era decente (evento raro questo per Sanremo), si trattava pur sempre di una sconveniente frequentazione della rassegna annuale della pochezza cultural-musicale della nostra italietta. Essendo stata poi, alla resa dei conti, una frequentazione sorprendentemente vittoriosa, ci sarebbe voluta parecchia fantasia ad ipotizzare per Alice l'abbandono del paese dei balocchi della canzonetta sentimental-popolare per dare la scalata alla propria dignità. "Passano gli anni senza cambiare mai, poche illusioni, niente di più. Resta la forza della tua dignità...". Torna in mente la cinica ma salutare sentenza di Goethe: "Temi quel che desideri nella prima parte della tua vita, perché nella seconda l'avrai".

 

Sta forse proprio qui il segreto della metamorfosi di Alice: quando un'anima si ferma e riesce a riconoscersi per se stessa, le diviene allora quasi automatico svelare l'illusione del mondo esterno e delle sue false mete. Non v'è dubbio che nello stimolare questo processo di scavo interiore abbiano giocato un ruolo importante le frequentazioni con due "mistici" per eccellenza della canzone italiana quali Franco Battiato e Juri Camisasca, tra l'altro anch'essi della scuderia EMI. Col secondo in particolare c'è stata una fondamentale collaborazione che ha conciso con la svolta definitiva verso una proposta artistica che desse conto della ricerca interiore della cantante; svolta avvenuta nel precedente lavoro, datato 1989, Il sole nella pioggia. In esso Camisasca firmava la maggior parte delle liriche, tutte impregnate di suggestioni e riferimenti filosofico-religiosi, frutto di anni di ritiro spirituale in un monastero, ai quali la cantante idealmente si associava. In questo nuovo lavoro però Alice, non volendo limitarsi alla dimensione di interprete, è autrice in prima persona dei testi, mentre per le musiche le hanno dato una mano il fido produttore Francesco Messina e altri collaboratori a rotazione, fra cui spicca il nome di Richard Barbieri, che suona anche in un paio di brani (Rain Town, Luce della sera). Non stupisca la cosa, ché lo stesso Barbieri assieme ad un altro ex-Japan, Steve Jansen, nonché a Jon Hassel e a Peter Hammill, già aveva partecipato a "Il sole nella pioggia", ed anche con maggiore assiduità. Assoluto rispetto ed incondizionato trasporto legano poi Alice ai musicisti coinvolti nell'album. Tra i "grandi" è d'obbligo citare l'importante contributo del contrabbassista Danny Thompson (fondatore dei Pentangle e richiestissimo session man), e poi quello del batterista Gavin Harrison (già con Iggy Pop e Tom Robinson), di Dave Gregory (membro degli XTC) e dell'eccellente gruppetto d'italiani, che annovera due giovani stelle del jazz nostrano come il trombettista Paolo Fresu ed il pianista Stefano Battaglia. Hanno un preciso significato queste illustri collaborazioni. Il suono modellato da Alice, da Park Hotel in poi, è infatti teso a congiungere talune suggestioni avanguardistiche con la melodicità mediterranea, di cui la sua vocalità è tipica espressione. Così, l'uso calibrato e creativo della tecnologia tratteggia immagini di indiscutibile fascino, talora molto simili a quelle visibili nei paraggi di Mr. Sylvian, ove si stagliano gli interventi vocali di Alice: una voce intensa, quasi narrante, perfettamente adeguata all'impianto strumentale.

 

La cantante, per nulla scoraggiata dalla tiepidissima accoglienza che il pubblico tributò al tour teatrale de "Il sole nella pioggia", rilancia sul piano intellettuale proponendo una cover del "navigatore delle stelle" Tim Buckley, Blue Melody, e interpretando l'incredibilmente profetica La recessione di Pasolini/Di Martino. Un lavoro importante, Mezzogiorno sulle Alpi, ancor meno accessibile del precedente, per via di una minor varietà e di un uso certosino dello strumentario tecnologico che s'avvicina al complesso, e talora ermetico, mondo denso di sfumature dei Rain Tree Crow. Un'opera che apre prospettive  fino ad ora solo fortemente desiderate (la partecipazione al Festival barese Time Zones, ad esempio), proiettate verso un nobile rango internazionale. Diventa quasi un obbligo rendere omaggio, in questa sede, alla coraggiosa e ostinata voglia di sperimentare di Alice, che su un piano diverso rispetto ai risultati raggiunti da Battiato con Come un cammello in una grondaia, convince in quanto espressione di una ricerca sincera: quella di una sorta di Paese delle Meraviglie, che nel suo caso non è altro che quella trascendenza il cui cancello è la scoperta del sé.

 

"Camminare per sentirsi a casa lungo le vie dei canti, e a pochi metri dalla casa dove si è nati; camminare sulle orme di un ritmo antico, verso l'infinito. L'Himalaya: giovinezza dell'anima, grembo dell'umanità. Come mi sento sola lontano dalla culla, dal grembo dell'umanità."

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VELVET - GIUGNO 1992