27.11.2007 - CINETEATRO GAVAZZENI -
Seriate (Bg) - Eccomi qui con due amici
dell'anima, Anna e Francesco, totalmente pronto a
condividere un nuovo viaggio nella poesia e nella
musica: sul palco sta per salire Alice. Con loro
ho vissuto spiritualmente alcuni concerti memorabili, Dead
Can Dance, Patti Smith e anche Alice ("God
is my DJ"). Sono molto eccitato all'idea di rivederla, la
seguo con passione dai tempi di Capo Nord, anno 1980, e
di Falsi allarmi (1983). Ho sempre apprezzato il suo
percorso artistico e lavori come Park Hotel e
Viaggio in Italia fanno ormai parte del mio mondo
musicale.
Lei finalmente appare, ed è bellissima,
in abiti di taglio maschile, accompagnata solo da un pianista
e un chitarrista. Dai primi accordi prende forma Un
blasfemo di De Andrè e la sua voce già riempie il
teatro. Poche parole per introdurre due songs con testi di
Pasolini e musicate da Di Martino,
Febbraio e La recessione, ma è con Gli ultimi
fuochi e la toccante 1943 che la magia scende su di
noi e ci avvolge irrimediabilmente. Osservo Francesco e
intuisco che siamo entrambi prigionieri della stessa visione.
Poi ecco di nuovo un omaggio a Pasolini con Al
Principe. Alice dialoga brevemente col pubblico e
parla d'amore nel presentare una canzone "di quando ero
giovane e piena di passione" e per la gioia dei presenti si
materializza una strepitosa versione dell'ormai famosissima
Il vento caldo dell'estate. La sua voce è assolutamente
grandiosa, sale come un soprano e scende come un contralto
nelle profondità dell'anima. Sono in estasi quando riesce a
rapirmi con incantevoli versioni di E' stato molto
bello e Il contatto. Poi affronta Leo Ferrè
con un'intensa e personale versione di Col tempo. Il
viaggio poetico sonoro continua con una dedica a Giuni
Russo, di cui interpreta 'A cchiù bella (testo di
Totò), e con le grandiose interpretazioni di Nomadi e
La cura (qui in una versione completamente stravolta).
Rimango affascinato dalla forza interpretativa della sua voce,
soprattutto quando si appoggia sulle note di Prospettiva
Nevski, pezzo da me invocato o quando si cala nel toccante
brano di Giorgio Gaber, Non insegnate ai
bambini. Con Dammi la mano amore, uno dei brani
preferiti da Francesco, si chiude il concerto.
Richiamata dal pubblico che continua ad
applaudirla estasiato, la cantante riappare e ripropone una
versione ironica e divertita della sanremese Per Elisa,
congedandosi poi dai nostri cuori e lasciando ancora una volta
un profondo segno nelle nostre anime. Concluso il rituale
della firma dei CD, con una Alice molto gentile e
disponibile, anche se stanca, usciamo dal teatro molto
soddisfatti del concerto. E' stata grande questa nostra e mai
abbastanza apprezzata artista, la sua voce col tempo non ha
perso fascino e nemmeno forza interpretativa, anzi ha
acquistato un'intensità e una magia che solo le grandi artiste
posseggono. L'unico neo, se proprio devo essere critico, è che
Alice, pur possedendo una naturale grazia nei movimenti
e nel modo di porsi, non riesce a tenere il palco con la
grinta e la convinzione di altre sue colleghe altrettanto
famose. Ma alla fine, secondo me, ciò che più conta è la voce,
e la sua è una voce capace di scuotere e arrivare in
profondità. Questo è già da considerarsi un miracolo in
un'epoca in cui si incensano cantanti considerate "prime della
classe", dotate di voce perfetta, ma incapaci di trasmettere
lo stesso tipo e la stessa intensità di emozioni. Sarebbe
davvero un sogno sentirla un giorno cantare con una piccola
orchestra e magari, per l'occasione, vedere finalmente venire
alla luce un bel DVD.
Ernesto Picenni - 27.11.2007