CHI HA PAURA DI BELFAGOR?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi là, sembra ieri, col grembiulino nero, il colletto bianco inamidato e il fiocco annodato con cura, seduto al mio banco di fòrmica verde con il palmo della mano destra a sostenere il mento, e il viso orientato verso un punto indefinito oltre la grande finestra dell'aula: due occhi azzurri distratti, persi tra le nuvole, confusi nei colori del cielo di una bellissima giornata primaverile.

Poi il richiamo autorevole della maestra che scandisce il mio nome reclamando attenzione...

Si ritorna sul pianeta Terra, nella grigia atmosfera scolastica, quella d'altri tempi, sempre uguale a se stessa, sempre così poco coinvolgente: siamo negli anni Sessanta, mica nel secondo millennio!

 

I pensieri e le emozioni di molti scolaretti dell'epoca che spesso s'incantavano durante le ore di lezione, desiderando di essere altrove, non conoscevano paure, se non quelle "ataviche" del buio, del fuoco e del dentista. Poi da Parigi arrivò il Fantasma del Louvre, protagonista di una serie televisiva che in Francia aveva riscosso enorme successo, e tra le pieghe dei sogni e della fantasia si insinuarono nuove e fascinose inquietudini.

 

Belfagor, con la sua figura enigmatica, scura e imponente e un'inedita "faccia di cuoio" si palesò la prima volta nell'estate del 1966 per sei settimane di seguito in tutte le case italiane, bucando lo schermo della Tv e turbando non poco le notti di quei bambini che come me si lasciarono sedurre, coraggiosamente spaventati da una nuova e inspiegabile attrazione. Inoltrarsi per la prima volta in un mondo sconosciuto che sconfinava nei misteri dell'occulto fu per molti un'esperienza unica e indimenticabile. Alcuni professoroni d'oltralpe si affannarono a blaterare che questo sceneggiato avrebbe potuto nuocere ai minori e ne sconsigliarono caldamente la visione, ma furono allegramente snobbati sia dall'emittente francese che dalla Rai, e ovviamente dal pubblico.

 

 

 

 

Nonostante la capacità di apparire all'improvviso durante la notte nelle sale del Louvre e scomparire altrettanto velocemente, Belfagor in realtà non era una figura spettrale. E quando il mistero fu svelato si scoprì che sotto le vesti del fantasma c'era un essere umano fragile, plagiato, mascherato e narcotizzato per poter diventare strumento nelle mani di un esaltato, votato al male, impegnato nella spasmodica ricerca di un preziosissimo metallo radioattivo nascosto proprio all'interno del museo. Questo aspetto così terreno di Belfagor, vittima di un malvagio senza scrupoli, credo che alla fine abbia generato una sorta di esorcismo liberatorio nelle menti di noi giovani e timorosi ammiratori. Le grandi paure iniziali, basate soltanto sull'aspetto fisico e sul copione maledetto di una Maschera costretta ad agire inconsciamente, si dissolvevano lentamente insieme alla soluzione degli altri enigmi della trama, a tratti surreale, dell'intera vicenda. Insomma, un percorso narrativo molto significativo che alla fine indicava, soprattutto ad un pubblico non ancora adulto, l'importanza della distinzione tra bene e male, tra verità e apparenza.

 

 

 

 

Oggi comprendo perché i miei genitori mi permettevano di vedere Belfagor. Non c'era nulla di cruento (nessuna scena finì mai sotto la scure della censura) e quelle del fantasma erano brevi apparizioni che facevano parte di una storia intrigante, fluida ma al tempo stesso articolata, ricca di colpi di scena, grazie soprattutto ad una sapiente regia, precisa, puntuale e sempre attenta a non scivolare in territori insidiosi. Inoltre - e non è poco - tutte le riprese furono effettuate con la massima cura anche nei minimi dettagli, con un taglio cinematografico di grande effetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Almeno un paio di volte all'anno, mi piace rivedere l'intera serie (pubblicata in 2 dvd) e non mi stanca mai, talmente è alta la qualità dell'opera, anche da un punto di vista tecnico (fotografia, montaggio, etc.). Ed è bello ritrovare il vecchio e caro Belfagor (ignaro custode del segreto dei Rosa Croce), la Parigi degli anni Sessanta, la sua gente, e non ultima una Gréco d'antàn che come è ben noto ebbe un ruolo chiave nell'intera vicenda: era lei che si celava sotto la maschera e il mantello del fantasma, ma ovviamente questo si scopriva solo alla fine.

Juliette Gréco racconta che la serie televisiva di Belfagor andò in onda in Francia mente lei era in tournée all'estero. Lo sceneggiato suscitò un grande interesse e nella capitale non si parlava d'altro. Al suo ritorno a Parigi, un dipendente dell'aeroporto addetto al controllo dei documenti le restituì il passaporto esclamando: "Bentornata Belfagor!"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutta questa storia, nel suo insieme, ingenuità comprese, esercita ancora su di me un fascino straordinario che di svanire nel tempo non ne vuole sapere, anzi, continua a crescere anno dopo anno, alla luce di nuove consapevolezze.

 

24.8.2016 - Rosario Bono

 

PAGINA AGGIORNATA al 7 SETTEMBRE 2020