Q uando si parla di lei, troppo
spesso si tende a spostare gli accenti su ciò che è
stata la sua vita privata, dalle origini fino al giorno
del tragico epilogo, mentre si parla sempre troppo poco
di canzoni, un'eredità immensa che Dalida
ha lasciato in dote a chi non l'ha mai dimenticata e a
tutti coloro che continuano a scoprire e riscoprire il
suo immenso repertorio: affrontarlo significa prendere
idealmente per mano una grande interprete e con
lei fare un viaggio nella musica lungo
trent'anni.
Esclusi il rock e l'heavy
metal, l'artista ha toccato nel corso della sua
carriera praticamente tutti i generi musicali possibili
e immaginabili. Dotata di una voce unica e
speciale, ha saputo vestire tutte le canzoni,
eseguite in varie lingue, con il suo stile
inconfondibile, risultando credibile sia cantando
Brel che Viva la pappa col pomodoro,
passando dalla canzone drammatica, quasi teatrale, al
puro intrattenimento della disco anni Ottanta.
Una Dalida per tutti, dunque... Un'interprete
eclettica, trasversale, ma sempre riconoscibile,
da ascoltare e vedere, capace di far piangere,
sorridere, ballare e sognare.
Immensa la produzione di opere
realizzate e poi ripubblicate (in versione digitale)
grazie alla volontà e alla dedizione assoluta del
fratello Orlando, erede e paladino dell'immagine
di Dalida nel mondo.
Il viaggio inizia con brani come Bambino (1956),
Quand on a que l'amour di Jacques Brel,
Gondolier (1957), Le jour ou la pluie viendra
(Delanoe-Becaud) e Les enfants du Pirée
(1960). Una voce molto evocativa, quella di
Dalida, perfetta per la musica di Mikis
Theodorakis, ad esempio, del quale oltre a La
Danza di Zorba, nella prima versione del 1965,
ha pubblicato anche altri brani, come Mon frère le
soleil ed Entre les lignes entres les mots,
incisi cinque anni dopo. Continuando ad esplorare gli
anni Sessanta è impossibile dimenticare la sua
proverbiale teatralità nel porgere brani come Ciao
amore, ciao, di Luigi Tenco, Mama,
Dan dan dan, Un po' d'amore, Bang
Bang, incise tra il 1967 e il 1968. Quella sua
figura essenziale, austera, a tratti inquietante,
arrivava nelle case dagli schermi televisivi in bianco e
nero in occasione delle partecipazioni a trasmissioni
televisive molto popolari in Italia, come
Canzonissima, ad esempio... Aveva sempre quel
qualcosa in più rispetto ad altre colleghe, era
una vera artista.
Ma è nella seconda parte della
sua carriera, dai Settanta in poi, che io ritrovo la
Dalida che amo di più. Spogliando il repertorio
dei brani più popolari e commerciali e accantonando gli
episodi meno interessanti delle versioni disco e
dance degli anni Ottanta, vale la pena cercare,
secondo me, nel corposo bagaglio di canzoni, per lo più
melodiche, spesso scritte da grandi firme della musica
francese. Tra le tante, pescando a caso in quegli anni,
alcune tra le mie preferite sono Une vie,
Parce que je ne t'aime plus, Mourir sur
scène, Lucas, Une femme à quarante
ans, Et la vie continuera, L'amour et
moi, Il pleut sur Bruxelles, Fini la
comédie, Amoureuse de la vie, e poi La
Mer capolavoro assoluto di Trenet insieme a
Que reste -t- il de nos amours. Potrei continuare
con Ta femme, fino a risentirla superare se
stessa in Je suis malade di Serge Lama. E
ancora, L'amour qui venait du froid, Avec le
temps, La rose que J'amais e chissà quante
altre... Curioso è stato scoprire nel brano Voyage
sans bagages un originale adattamento di Roma è
una prigione, incisa in Italia da I Girasoli
ma più conosciuta nella versione di Patty Pravo
(facciata B del 45 giri La spada nel cuore), ma
questa è solo una delle tante piccole e grandi sorprese
del repertorio di Dalida.
Cosa non mi piace, invece?
Quando si massacra un brano come Le foglie morte
in un'improbabile versione dance, o la proposta
un po' ruffiana di quel Gigi l'amoroso e di
qualche altra "marcetta" dimenticabile. Diciamo che una
selezione più accurata dei brani (Dalida ha
"coverizzato" qualsiasi cosa), non sarebbe stata un'idea
da scartare. Però se si considera la consistenza e la
vastità del suo repertorio, e quindi la grande
possibilità di scelta, ci si può anche permettere
di passare oltre senza colpo ferire: di nessun artista è
mai stato obbligatorio ascoltare, accettare o
collezionare l'intera discografia.
Un'ultima e un po' amara
considerazione: peccato che tutta questa
MUSICA non sia bastata, non sia riuscita a
consolarla, a farle accettare e amare la vita fino in
fondo.
15 GENNAIO 2008 - Rosario
Bono
Ultima modifica
10.10.2016
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