Nel pezzo che apre e dà il titolo al disco – una
caustica dichiarazione d’amore per Londra ironicamente scritta
insieme a un americano (Steve Earle) – Marianne
cita esplicitamente un brano dall’Opera
da tre soldi brechtiana (e quindi anche la se stessa
di qualche decennio fa) raffigurandosi come Pirate Jenny
di ritorno in una città ormai collassata e in rovine. Londra è
sempre stata un set formidabile per l’Apocalisse, e qui
vengono in mente tanto le litografie del Great Fire del
1666 quanto sequenze di
28 giorni
dopo. Gusto per il catastrofismo a parte, il senso del
brano è forse da ricercare su un piano più intimo e profondo.
La Londra che Marianne saluta sarcasticamente da un
nave pirata mentre la vede bruciare è la Londra che la divorò,
la masticò e la risputò fuori nei Sixties, la Londra
per cui si è aggirata come un fantasma per troppi anni. Un
saluto sardonico anche al suo passato, dunque.
Selezione articolo da Withnail e io, il blog di
Carlo Bordone
La furia piratesca riemerge nella donna ferita di
True Lies. Che sia londinese l’amante infedele contro cui
Marianne sputa i versi: "The spider and the fly,
Lies had caught me in the dark, Your soul was dead inside,
When you lied with all your heart"? O anche qui altro non
è che una metafora di Londra? Quella perbenista e puritana che
nel 1967 la mise alla gogna per la retata di Redlands, una
lettera scarlatta che le è rimasta a lungo cucita addosso. In
ogni caso questo pezzo ha il sapore di una resa dei conti con
il passato.
La stessa veemenza si ritrova in Mother Wolf una
novella ecologista ispirata al racconto del piccolo Mowgli
del Libro della Giungla di Rudyard Kipling.
Marianne nella pelle di Raksha scaglia il suo anatema
contro la razza umana e la sua insensata violenza.
A fare da contrappunto, la visione fiduciosa di Sparrows
Will Sing di Roger Waters, primo singolo tratto
dall’album, dove il bambino rompe lo specchio d’acqua gelata
per cercare di decifrare il caos di un mondo alla rovescia,
incomprensibile come il linguaggio del Jabberwocky.
Dalla recensione dell'album di Maurizio Morganti (INDIE
eye)
SPARROWS WILL SING Ballad onirica che preconizza una
nuova rivoluzione giovanile con un ritmo incalzante che a
qualcuno ha ricordato il Bowie del periodo berlinese e
un ritornello evocativo e ipnotico come un canto nativo
americano.
Alfredo Marziano (Rockol)
Una certa teatralità pervade tutto il disco, non
solo la prima traccia. Ci sono ammiccamenti letterari in
Sparrows Will Sing (una fiaba un po' tetra) e Late
Victorian Holocaust (la storia di due tossici). Voci della
Swinging London emergono in The Price of Love, e un po'
di anni Sessanta anche negli arrangiamenti di Falling Back.
Amori che vengono risucchiati dalle acque del fiume, che si
trasforma in oblio invece che via di comunicazione della città
(Deep Water, Love More or Less). E' in atto una
lenta distruzione e lo sguardo sul mondo non è benevolo:
Mother Wolf è lo sguardo di un esemplare selvaggio che
distingue l'istinto dalla violenza gratuita.
Rachele Cinarelli (Distorsioni)
FALLING BACK
Video
(con
Anna Calvi) Testo + traduzione
Fonte: SoundBlog
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Quando la Faithfull
si lascia trasportare dall’onda dell’emotività, diviene
imperfetta interprete delle ansie del suo mondo difficile e
tenta, riuscendoci, una provvisoria riconciliazione fra
passato e presente. Accade, ad esempio, nelle due cover
totalmente rivisitate che chiudono l’album, Going Home
dell’amico Leonard Cohen e Pat Leonard, e lo
standard di Carmichael, I Get Along Without You Very
Well, nelle quali l’artista diviene la reincarnazione di
Marlene Dietrich, cantando - declamando - l’orgogliosa
necessità di essere sola, di essere viva.
Laura Bianchi (Mescalina)
Dopo una riuscita cover
di Going Home di Leonard Cohen, è il finale, in
particolare, a colpire: I Get Along Without You Very Well,
pezzo di Hoagy Carmichael già affrontato da nomi come
Sinatra e Nina Simone, che l’interpretazione
della Faithfull, insieme agli arrangiamenti di una
tristezza sognante, trasforma in uno squarcio malinconico
d’autunno. Una voce che fa pensare a una Marlene Dietrich
coperta e assediata da pesanti foglie di fine settembre.
Give my Love to London è l’ennesima prova di come la
Faithfull sappia prendere, estrarre la parte migliore del
proprio vissuto scuro, degli ostacoli che ha incontrato nel
corso dell’esistenza, dei suoi demoni (vecchi e nuovi),
trasformando il tutto in arte e grandi visioni sonore.
Daniel Montigiani (Paper
street)
LATE
VICTORIAN HOLOCAUST
Nick Cave affida
alla voce di Marianne Faithfull lo struggente e
remoto ricordo di una vita tossicomane eppure, a suo
modo, splendente.
Alberto Valgimigli da Tom Tom Rock
TRADUZIONE
Risalendo
Golborne Road con luce di stelle nel sangue
Sul ponte e lungo il
canale
Era un olocausto tardovittoriano, amico mio,
Eravamo stelle bambine nel buio
Che vomitavano a Meanwhile Park
Poi dormivano abbracciati
Eravamo oltre la felicità, oltre il male
Sonno dolce sonno
Ecco i miei sogni per te
Oltre la scuola, con il fuoco della luna nei nostri
cuori
Oltre il Cow
Era un olocausto tardovittoriano, eppure
Eravamo stelle bambine mentre cominciava il giorno
Su per le scale in fretta
Poi dormivamo abbracciati
Eravamo felici e oltre il male
Sonno dolce sonno
Ecco i miei sogni per te
Lungo Golborne Road con
il sole sulla schiena
Anno dopo anno
Era un olocausto tardovittoriano, tesoro
Siamo stati stelle bambine per un po’
Sdraiati a Meanwhile Park
Poi dormivamo abbracciati
Ci alzavamo e via di corsa
Scendendo per Golborne Road
Ma nessuno si sveglierà
più
E non ci alzeremo più
E non andremo
Lungo il canale e su per Golborne Road
Sonno dolce sonno
Ecco i miei sogni per te
Sonno dolce sonno
Ecco i miei sogni per te