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E'
tempo di cantare l'amore
"Vive sola, nessuno può capire quanto
lei sia infelice"... L'avevamo lasciata così, Marianne
Faithfull, l'ultima volta che è stata qui in Italia e poco
prima del suo penultimo album Vagabond Ways, denso di
altrettante solitudini e malinconie. Il tempo della
"resurrezione" di Marianne era già arrivato (finito il
rapporto sado-maso con Mick Jagger, pochi anni dopo la droga
distrusse la sua esistenza fino al punto di ridurla a dormire
per alcuni mesi, coperta di soli stracci, dietro un muro del
quartiere londinese di Soho), ma la paura, insieme alla
difficoltà di amare, ancora una volta tornavano a riecheggiare
nelle sue canzoni, come il rintocco regolare di un pendolo
sfibrante e metallico. Le emozioni a fior di pelle, Marianne
le aveva pur sempre cantate, almeno da quando la sua voce roca
è, al tempo stesso, capace di destreggiarsi dalle note più
basse a file di ottave ascendenti, attraverso modulazioni
difficili da azzeccare per qualsiasi professionista del canto.
Fino a diventare una delle poche interpreti riconosciute, ma
soprattutto "vere" delle opere di Bertold Brecht e Kurt Weill.
Qualche scettico ha mai provato a dare un'occhiata sul
pentagramma delle loro musiche? Forse dovrebbe (e magari in un
secondo tempo) recarsi a vedere Marianne Faithfull esibirsi in
uno dei prossimi concerti, che stavolta, per nostra fortuna,
faranno tappa in territorio italiano, nell'ambito di un
lunghissimo tour mondiale che partirà dal prossimo autunno.
Quanto sopra vuol essere un consiglio. Non prendetelo come una
giustificazione del conato di rispetto irrefrenabile che mi
avvolge ogni volta, nello scrivere di un talento femminile per
cui l'inchiostro, troppo spesso, s'è sprecato troppo in povere
definizioni cronologiche di "angelo musa", "angelo maledetto"
e infine "angelo caduto". Io dubito fortemente dell'esistenza
degli angeli. In qualche caso, mi piace pensare che angeli
terreni siano state tutte quelle artiste che "correvano coi
lupi" e potevano chiamarsi Marianne, Nico, oppure Janis.
Alcuni angeli volati via in silenzio, quasi a voler
beffeggiare l'eccessivo clamore della loro vita terrena, altri
risorti per farci volare tutti quanti sulle loro canzoni.
Grazie a JAM ho avuto l'onore di unirmi
per alcuni istanti al volo di Marianne Faithfull e parlare con
lei del suo ultimo disco intitolato Kissin' Time, in uscita a
fine marzo. Un album insolito per la cantante, che qui è alle
prese con sonorità elettroniche e testi meno cupi del solito,
non a caso scritto e realizzato in collaborazione con giovani
musicisti come Beck, Jarvis Cocker, Blur, Billy Corgan e Dave
Stewart.
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Come definiresti "Kissin' Time"? E' un
disco di Marianne Faithfull. Io non lo definirei
necessariamente elettronico anche se ci sono delle sonorità
nuove e diverse. Direi che è un mix. Ho collaborato con questi
giovani musicisti, che sono stati tutti quanti incantevoli nei
miei confronti. Sono interessata a fare nuovi tipi di
esperienze in campo musicale e sono stata molto gratificata
nell'avvalermi di nuovi collaboratori, di aver creato nuovi
sound. Questa esperienza è stata molto ricca e importante per
me. La cosa più difficile, mentre stai registrando, è capire
quando una canzone è pronta. Quando si è in tanti, come nel
caso del mio ultimo album, si discute se andare avanti o meno
e ognuno dice la sua. Però è una cosa sempre difficile, io
cerco di sentire quando è il momento giusto, quando la canzone
è pronta, ma è stato difficile, anche insieme agli altri
collaboratori.
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Ho notato che nei testi delle nuove
canzoni, temi come il dolore e la sofferenza sono meno
presenti: penso a "The Pleasure Song", ad esempio, e a "Like
Being Born" che interpreti su classici giri di basso, chitarra
e percussioni... Sì, i miei testi sono meno dolorosi e "The
Pleasure Song" ne è un esempio. Penso che "Kissin' Time" sia
un disco di speranza perché, in questo momento, Marianne
Faithfull si sente così. Il brano "The Pleasure Song" è stato
scritto insieme a Etienne Daho e Les Valentins ed è l'unica
canzone dell'album che è stata registrata a Parigi. Sai, è
bello trovarsi a Parigi e registrare una canzone... "Like
Being Born", scritta insieme a Beck, parla dei sentimenti di
una figlia, di un padre e di una madre. Un miscuglio di
sentimenti. In questo caso, la malinconia viene un po' derisa
da lievi giochi di percussioni. In apertura c'è la canzone
scelta come singolo dell'album, "Sex with Strangers", che è
stata scritta sempre in collaborazione con Beck. E' stata
ispirata dal film "Intimacy" (film diretto dal regista Patrice
Chereau, in cui la Faithfull recita la parte di
co-protagonista in maniera molto intensa, nda), un film che ho
amato moltissimo. Direi che in questo caso i suoni sono
elettronici ma il risultato è una canzone fortemente sensuale
e io la canto sussurrando. E' un tema che conosco molto bene
quello di Chereau, e l'ho sentita moltissimo questa canzone,
come qualcosa di veramente mio tra quelle che ho scritto e
interpretato. Ho pensato a Billie Holiday come fonte di
ispirazione.
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So che stai girando un altro film, "Far From
China", diretto da Christian Leigh. Pensi di continuare questa
esperienza di attrice cinematografica, oppure di tornare a
recitare a teatro, dove debuttasti nell' "Amleto" di
Shakespeare e nelle "Tre Sorelle" di Chekhov? Mi fa piacere
che tu ti ricordi di queste esperienze, perché sono state
fondamentali della mia carriera, e hanno contribuito in
maniera determinante anche al mio ruolo di scrittrice e di
interprete di canzoni. Mi pace recitare e continuerò a farlo,
sia sul grande schermo che sul palcoscenico di un teatro. Mi
piacciono i ruoli impegnativi, i grandi registi, le
sceneggiature importanti. A proposito... sono così contenta di
parlare all'Italia, attraverso di te, in questo momento. Sai
una cosa? Ho appena finito di guardare La Dolce Vita, il film
di Fellini. Che meraviglia! Ti prego, porta all'Italia e al
pubblico italiano queste mie parole. Io ho un rapporto molto
speciale con l'Italia. Che posti, che gente, che vita
meravigliosa quella narrata nel film di Fellini! Potesse
essere davvero sempre così, la vita. E' un film che mi ha
fatto riflettere anche sulla mia vita e su quella di Nico.
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Hai
dedicato a Nico una canzone del tuo ultimo album... Sì, ho
scritto per lei "Song For Nico". Ho pensato molto a Nico,
negli ultimi mesi. A dire la verità, l'ho fatto continuamente
per un certo periodo, quasi in modo ossessivo. Se devo essere
sincera, io e lei non ci siamo mai conosciute. L'ho incontrata
un'unica volta nella mia vita. Era il 1964 e ci trovavamo su
un aereo che partiva da Edimburgo con destinazione Londra.
Sai, io le ero seduta davanti di un paio di posti. A un certo
punto, durante il volo, ho sentito una voce profondissima
rivolgersi alla hostess con tono regale: "Give me a glass of
champagne" ("Dammi un bicchiere di champagne", nda). Così mi
sono voltata e l'ho guardata: mio Dio, quanto era bella! Aveva
un viso bellissimo. Non ho mai incontrato nessuno, in tutta la
mia vita, con un viso bello come il suo! Solo che è stata
tanto sfortunata a vivere una vita difficile e dura, tanto
dura...
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Trovo che abbiate avuto dei punti in
comune: la bellezza, lo charme, il talento, l'avventura e il
tormento. Nel tuo caso, per fortuna, anche la resurrezione di
cui tu parli approfonditamente nella tua autobiografia,
"Faithfull". Mi sono chiesta, ascoltando "Song For Nico", se
in certi punti tu scrivevi di lei e in questo modo,
indirettamente, anche di te stessa. Ho ragione? E' possibile.
Ho scritto "Song For Nico" subito dopo aver letto la sua
biografia. Quanto, quanto, quanto dura deve essere stata la
sua esistenza! Credimi, nessuno meglio di me può saperlo. Ho
scritto quella canzone perché credo che Nico avesse un talento
incommensurabile. La amo moltissimo anche con i Velvet
Underground. Forse il suo talento è stato troppo in ombra,
allora, ingiustamente. Però ho scritto "Song For Nico" anche
perché vorrei parlare di tutto questo al cuore di Ari (il
figlio di Nico e di Alain Delon che, ultimamente, ha
rilasciato malvolentieri interviste sulla madre sottolineando
il pessimo, per non dire mancato rapporto avuto con lei, nda)
perché lui possa capire "i perché" di sua madre ascoltando la
mia canzone. Non dovrebbe dire le cose che dice, non dovrebbe
pensare così di sua madre, perché la verità non è quella. I
motivi reali non sono quelli. Io posso capirli, ma anche tu
puoi capirli e altre persone ci riescono. E ogni volta che
sento comprensione nelle parole degli altri rispetto a un
certo tipo di vissuto femminile profondamente difficile, che
poi è quello mio e di Nico, mi fa piacere e penso che anche
suo figlio possa arrivare a comprendere.
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So che hai un bellissimo rapporto con
tuo figlio Nicholas e con il tuo nipotino, Oscar. Sì. Loro
sono la mia gioia. Provo davvero una gioia immensa, quando
posso trascorrere un po' di tempo con loro.
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Nel tuo disco riprendi in una canzone,
"Sliding Through Life On Charm", alcuni riferimenti tratti
dalla tua autobiografia del 1994. Pensi che scriverla sia
stato un modo per riconciliarti con te stessa e, di
conseguenza, anche con tuo figlio e con i tuoi cari? Non è una
questione alla quale io abbia veramente pensato prima di
scrivere. Ci ho riflettuto dopo. E' evidente, se ho preso
spunto dalla mia autobiografia per scriverci sopra una
canzone, a sei anni di distanza, che devo averlo fatto. Direi
che ho tratto un bilancio, anche se parlo di me in terza
persona in parte perché la canzone è stata scritta insieme a
Jarvis Cocker, Steve Mackey, Nic Banks, Mark Webber... non è
questo, però, l'unico motivo. Mi osservavo.
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E' curioso il fatto che nella tua
autobiografia tu abbia, in un certo senso, percorso con lo
sguardo la tua vita e che ora, nella tua canzone, tu ripeta lo
stesso percorso osservando la tua scrittura autobiografica.
Suona come una doppia urgenza di conciliazione. Di bilancio.
Direi che faccio un bilancio di quello che è stato lo scrivere
e, soprattutto, il momento successivo. Verso la fine, uso il
genere recitativo per cantare dei miei giorni trascorsi dietro
al muro di Soho... Poi c'è un crescendo finale, che può
significare tante cose, che può far capire tutto il
proseguimento della storia e della resurrezione. Dovrebbe dire
tutto anche senza parole.
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Poi concludi dicendo che improvvisamente
"ora tutti vogliono baciarti il culo". E infatti è un
bilancio, una frase riferita agli ipocriti.
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Pensi che ce ne siano molti di ipocriti
al mondo, Marianne? Penso che ce ne siano troppi ma io non sono mai
stata una di loro. E me ne infischio.
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Nel brano "Nobody's Fault" tornano i
toni drammatici di un'autoaccusa in un disco che, finora, si
era un po' discosto da questi: "Nessuno ha colpa / Tranne me".
Cosa ti ha spinto a interpretare questa canzone, stavolta
scritta solo da Beck e inserita in origine nel suo album
"Mutations"? E' una canzone in cui mi sono immedesimata ma
che, soprattutto, mi piace. Mi piacciono molto gli
arrangiamenti fatti da Beck, che l'ha rivisitata per me, con
il pianoforte e lo slide alla chitarra. Mi è piaciuto tornare
a interpretare qualcosa più in stile con il mio consueto
repertorio. I sensi di colpa li conosco bene anche se sono
terribili e non servono a nulla. Tuttavia, è importante
assumersi le proprie responsabilità, anche quando si sbaglia.
E' anche un modo per sentire che la propria vita è nelle
proprie mani. E' mia. E' tua. E' nostra.
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Però, nel tuo ultimo album, canti anche
"E così il tempo è trascorso / Io ho iniziato a cambiare / E
ho scoperto / Di poter ancora amare / Felicità / Non più
dolore" e intitoli la canzone "I'm On Fire". Sei innamorata,
in questo momento, Marianne? Sì. Sono innamorata. Io e il mio
compagno ci divertiamo molto. Ci siamo divertiti tanto anche
durante la lavorazione di questo album, non puoi immaginare
quanto ci siamo divertiti! Ecco... forse "Kissin' Time" è un
album di Marianne Faithfull ma senza quel dolore lancinante.
Credo sia un album gioioso. Il titolo è un modo per dire che è
giunto il tempo dell'amore. Felicità, non più dolore.
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Prima di salutarti, mi sono ripromessa
di farti una confidenza: ho sempre pensato che se io fossi un
uomo, ti chiederei di sposarmi. (Ride, nda) E' una cosa
bellissima questa! Bellissima davvero, ne sono contenta. Anche
se, devo ammetterlo, io con i matrimoni non sono proprio in
ottimo rapporto. Deve esserci una certa incompatibilità di
carattere tra me e le istituzioni. (Ridacchia di nuovo, nda)
Ad ogni modo, perché non vieni a trovarmi subito dopo il
concerto, appena arriverò in Italia? Sarà molto presto e avrò
una nuova band, davvero fantastica. Ti aspetto.
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So per esperienza che
chi, insieme a me, ha già deciso di voltare la clessidra in
attesa di vedere Marianne su di un palcoscenico qualunque
lungo la penisola è probabilmente qualcuno che s'intende di
intrighi, nascondigli e spigoli nell'anima. Non solo. E'
probabilmente qualcuno che riconosce all'arte - alla musica,
in questo caso - la capacità di esprimere gli irrisolti
ingombri emotivi dell'ombra che appartiene a noi tutti,
gustandone provocatoriamente il piacere amaro e prelibato.
Come per certi vini rarissimi e preziosi, tastati a fior di
lingua.
J A M - Febbraio 2002 -
Photo Web
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