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Rockstar 1982 I N T E R V I S T A
di Guido Harari
Sono bastati una parola, un'occhiata, un sibilo
di quella suggestiva voce cartavetrata per far riapparire e
ritrovare la creatura che aspettavamo: una donna lucida e
acuta, già lontana dalle pennellate pesanti,
quasi gotiche, del disco precedente. DANGEROUS
ACQUAINTANCES ci presenta già una meno inquietante lady in
black. Marianne Faithfull smania per esorcizzare il passato e
non concede tregua alla noia incalzante e ai tormenti
innominabili di una soffocante mediocrità.
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Una pubblicazione degli anni Sessanta ci
aiuta a comprendere le origini artistiche di Marianne
Faithfull - Marianne è comparsa sulla scena per la
prima volta con l'aria di una trovatella innocente appena
uscita dal convento: da allora è diventata un'artista che
viene descritta come appassionata, sexy, tempestosa...
Nonostante i traumi di un matrimonio fallito, dell'aborto del
figlio di Jagger, della droga e degli scandali, dei tentati
suicidi e degli esaurimenti nervosi, Marianne riesce ancora ad
affermare "nonostante tutto ho avuto una bella vita perché ho
fatto tante esperienze diverse ed è questo che conta". Per i
suoi critici, Marianne è l'ultima delle groupies; una signora
che non ha esitato ad ammettere che quando era giovanissima,
quasi una vergine, aveva deciso di conquistare uno degli
Stones e che, dopo averne provati tre, aveva scelto Jagger. E'
una ragazza timida, malinconica, con un tipo di bellezza tutto
particolare, una bellezza che ci arriva attraverso la sua
voce, una bellezza che è tanto più intensa per la sua
disarmante semplicità. Marianne Faithfull è stata l'altra metà
di Jagger, cantante folk, cantante pop, cantante rock, Irina
ne "Le tre sorelle" di Cechov insieme a Glenda Jackson, una
ragazza in motocicletta con Alain Delon, Ofelia nell' "Amleto"
allestito da Tony Richardson, la ragazza di Ned Kelly - E'
forse indicativo il fatto che, da parte di madre discende
dallo scrittore Sacher-Masoch.
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Chi se la ricordava Portobello Belle
angelica/angelicata nella bottega di Jagger & Richards, quasi
un Brian Jones al femminile, così tenera, così (new) romantic
e già vittima di cicatrici per eccessi di "su e giù coi
Rolling Stones", ha avuto un colpo nel trovarsela finalmente
di fronte tre lustri più tardi: minuta, vestita "male" d'un
completino-di-camoscio-foulard-stivali qualunque, anonima,
neppure l'ombra dell'astuta ricostruzione operata dalla
fotografa inglese Sheila Rock sulle frequenze di "Broken
English", quasi ansiosa di farsi vedere (e finalmente
accettare) al naturale.
Sono bastati una parola, un'occhiata, un sibilo
di quella suggestiva voce cartavetrata per far riapparire e
ritrovare la creatura che aspettavamo: una donna lucida e
acuta, già lontana dalle pennellate pesanti,
quasi gotiche, del disco precedente. DANGEROUS ACQUAINTANCES
ci presenta già una meno inquietante lady in black. Marianne
Faithfull smania per esorcizzare il passato e non concede
tregua alla noia incalzante e ai tormenti innominabili di una
soffocante mediocrità.
Ora Marianne è Faithfull davvero, donna di speranza che
ricompare silenziosa, sollecitata dai suoi soli fantasmi. I
tempi son cambiati. Ci si può fare una nuova verginità.
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"Devi ricordarti
che non ho mai tentato di negare o rifiutare il mio passato",
premette in quel suo inglese flessuoso, immacolato, quasi
aristocratico, che rivela fierezza e cipiglio. "Quando dico
che non intendo parlare di droghe o di Mick Jagger, non cerco
di affermare che questi episodi della mia vita non si sono mai
verificati. Troppe volte mi si è chiesto di questo e
dell'altro ed io mi annoio terribilmente. La mia capacità di
reggere questo tipo di domande è davvero minima. Ora ti dirò
che sono molto affezionata a Mick, l'ho rivisto due anni fa
per la prima volta dopo dieci anni. E' stato bello. Era molto
felice con Jerry Hall, ma non mi piace affatto che la gente
veda la nostra relazione come il grande amore della mia vita.
Non lo è stato affatto. Fu molto importante, molto
interessante, nient'altro. Per quel che riguarda invece le
droghe, vengo continuamente assillata da gente che vorrebbe
che io prendessi una posizione al riguardo. Ho molta pietà e
simpatia per le famiglie di quanti sono malati, ma non è mio
compito, né mio desiderio, dare consigli a nessuno. So per
esperienza che non si può dir nulla ai giovani. Devono
imparare dalla loro stessa esperienza o da dei modelli. Ora i
miei problemi personali sono finiti. Non m'importa più nulla".
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Ma tutto ha avuto un inizio, no, Marianne? Gli occhi
bassi, le dita intrecciate, quasi rannicchiata nella poltrona,
improvvisamente si scuote e le parole scorron via, ipnotiche,
trascinandoti via. "Quindici anni fa nessuno immaginava che
sarebbe finita così. Quando facemmo queste dichiarazioni
assurde, infantili, immature, sull'LSD e sulla marijuana...
quando sostenevamo che tutti avrebbero dovuto "fumare" o
prendere l'acido, non eravamo consapevoli di quanta gente
avrebbe preso questo come vangelo, scivolando dalle droghe
leggere a quelle pesanti". Rimbaud, Baudelaire, la Beat
generation, Timothy Leary, Lou Reed, Patti Smith, Jim Carroll:
una catena che non si spezza. Droga come Arte?
"Sfortunatamente sì, ma, come dici, non è la prima volta che
si verifica. I Romantici del secolo scorso e Baudelaire,
Rimbaud, fecero lo stesso ma non ebbero i media ad amplificare
il loro messaggio. Tuttavia, chiunque poteva leggere Rimbaud,
Oscar Wilde o De Quincey, ed esserne influenzato come ne fui
io". Ne è valsa la pena fare uso di droghe? "E'una domanda
difficile perché la mia risposta implica elitismo. Implica che
ne vale la pena per l'Artista, non per l'uomo della strada, e
questa è una risposta che odio. Non so... a me, come artista,
è stata molto utile ma... il pensiero che un ragazzo possa
prenderla come vangelo e la faccia sua, mi riempie di orrore!
Ma questo implica una terribile barriera tra l'artista e il
pubblico, che io non accetto davvero".
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Dopo anni di
silenzio e di esilio volontario (ti sei sposata, hai avuto
un figlio), come sei arrivata a formulare "Broken English"?
Che esperienze ti sei portata dietro? "L'esperienza d'esser
povera, una cosa che non avevo più sperimentato da quand'ero
bambina a scuola. La mia famiglia era povera. La mia era una
scuola di carità, orribile! Ma dal '64 in avanti mi ritrovai a
vivere con un milionario del calibro di Mick Jagger e a fare
un sacco di soldi con i miei dischi. Mi ero finalmente
lasciata alle spalle la miseria. Tornarvi anni più tardi è
stato determinante per me. Mi ha aiutata a diventare un essere
umano. Senza, sarei rimasta soltanto una star". Approfondisci:
come son cambiati i tuoi valori nella transizione dagli anni
'60 agli anni '80? "E' stato un processo graduale. Ancora oggi
mi riesce difficile vedere le cose obbiettivamente. Mentre
negli anni '60, poiché eravamo continuamente incoraggiati dai
media, credevamo d'essere davvero importanti, negli anni '70
divenni una persona qualunque e lo stesso dicasi per i miei
valori. Prima credevamo d'essere diversi, al di sopra di tutto
e di tutti, tanto eravamo coccolati e corteggiati dalla
stampa. Poi... più niente".
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Perché hai
voluto ricominciare? Non t'era bastato il fiasco di "Faithless"
nel '76? "Proprio perché quel disco era orribile decisi di
rientrare nel music-business, ma seguendo scorciatoie. Non
credo che avrei resistito altrimenti. Il caso volle che
"Broken English" arrivasse al primo posto delle classifiche
irlandesi, un fatto davvero straordinario, che mi consentì di
riabituarmi alla TV, alla stampa e a tutto il resto. Mi ci son
voluti tre anni per arrivare a "Broken English", per riuscire
semplicemente ad adattarmi di nuovo a tutto il meccanismo. Mi
sono esibita dal vivo fino alla vigilia delle sessions per
"Broken English". Poi, più niente, sia perché volevo dare una
spinta promozionale al disco, sia per la mia solita noia
congenita. Senz'altro ci sarà una tournée verso aprile, così
avrò almeno due dischi da cui scegliere il materiale dei
concerti, e poi, quando sei in tournée, scrivi cose nuove e
potendo scrivere di nuovo non sarò più... annoiata. Perché è
quando sei ANNOIATA, che ti droghi. Ecco perché non devo
assolutamente annoiarmi. E' VITALE!".
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Il nuovo disco è sul tavolo. Marianne ne sta fissando la
copertina. "Oh, è un bel disco!", esclama, divertita
dall'ovvietà della sua osservazione. "Bè, mi piace forse anche
di più di "Broken English", ma quell'album era così tetro,
così gotico, così down, ed io credo che sia così importante...
voglio dire, questo disco non ha speranza ma mi piacerebbe
davvero realizzare dei dischi un po' sarcastici, divertenti,
persino satirici...". Marianne che riscopre l'anima celtica
delle sue radici; Marianne spiantata aristocratica di padre
gallese e madre austro-ungherese; Marianne ossessionata
d'Irlanda e di politica; Marianne eroina di celluloide in
vecchi filmetti di serie B con Alain Delon il tenebroso;
Marianne che, a 34 anni, scopre di poter volare di nuovo.
"Ancora cinema? No, bè, forse... credo che la musica sia più
importante, davvero... la musica ed il sesso sono le uniche
cose che trascendono barriere di classe, colore, religione,
tutto. Il cinema non c'è ancora riuscito: in certi paesi ci
vogliono ancora i sottotitoli o il doppiaggio, e poi troppi
generi diversi tra loro. Musica e sesso vanno al di là di
tutto questo. Perciò, probabilmente, il tipo di film cui mi
piacerebbe prender parte dovrebbe essere una specie di
soft-porn musical! (un musical blandamente porno)... no, sto
scherzando. Qualunque cosa io faccia, voglio che sia molto
sexy. Credo che sia molto importante: molto sexy, molto
divertente e con ottima musica".
....
Qualcosa nella vena dei videotapes che hai realizzato
assieme a Derek Jarman ("Jubile", "Sebastian", "The
Tempest") per "Broken English"? "No, quei filmati andavano
bene da un punto di vista prettamente artistico, ma non da
quello commerciale. E poi quei films sono poro Derek Jarman.
Ebbi ben poco a che vedere con la loro realizzazione:
riguardavano Marianne Faithfull, senza nulla di Marianne
Faithfull. Per DANGEROUS ACQUAINTANCES ho completato un video
che spero saprà fondere le esigenze artistiche con quelle
commerciali: un film che vorrei trasmesso nei Pop Shows
inglesi e proiettato in qualche film-festival, capisci? E'
stato realizzato dall'art-director dell'Island, Paul Henry, e
scritto in collaborazione con me".
...
La fisso un attimo mentre ride, con un gorgoglio in
fondo alla gola, come se stesse soffocando: una strana e
tragica maniera d'esser divertita. Ripenso improvvisamente
alla maschera grottesca del suo viso in un'istantanea di
Mapplethorpe su Babel, una raccolta di scritti in cui Patti
Smith le dedica una poesia. Un'altra persona, un altro tempo;
un'altra vita forse. Le chiedo della Smith, se si conoscono.
"No, ma l'ho incontrata un giorno. Non riusciva a credere
quant'ero carina. Ovviamente, da quella poesia puoi capire che
s'attendeva che io fossi qualcosa tipo Anita Pallenberg, o se
non come Anita, comunque molto ben fottuta dalle droghe. Mi
ricordo che mi guardò continuando a dire: "come sei carina, oh
sei così carina, come puoi essere così carina?!". E non seppi
cosa risponderle! (Ride) Oh è... non sono poi sempre così!
All'epoca ero pulita, molto straight, ero davvero molto
carina, ora sono un po' cambiata. So che ora si è ritirata per
fare la casalinga, una cosa che in verità non approvo molto".
Ma come, anche tu l'hai fatto, Marianne! "Oh sì... la capisco.
Si è ritirata per vivere una vita normale, che è poi quello
che ho fatto anch'io. Sono sicura che tornerà un giorno come
artista, arricchita da quest'esperienza come persona
"normale". Il che sembra molto elitario, una volta di più".
...
L'immagine di te, da lei coltivata, è un esempio perfetto
di come funzionano i media e di come possono essere
manipolati dallo stesso artista che ne è vittima a sua volta.
"Certo. Il pubblico ha quest'incredibile immagine di me,
che... è davvero un peccato. Mi piacerebbe superarla d'un
balzo. Non so se ci riuscirò su disco, o con un film, o cosa,
ma ecco perché vorrei fare qualcosa di divertente e sexy:
qualcosa di più vicino a quel che sono veramente. Sai, quei
film di Marylin Monroe, tipo "A qualcuno piace caldo"? Bè,
sarei molto brava in quel tipo di cose! (Ride) Vorrei essere
una grande "attrice" comica, non una divinità del sesso!
Vorrei la purezza, l'innocenza di Charlie Chaplin, che io
credo l'essenza della comicità. Non so se ci riuscirei, ma mi
piacerebbe tentare". Divinità del sesso? "Sicuro. Di solito la
gente ha un'immagine molto ben definita di me, ed io non trovo
davvero la forza d'animo (ride, quasi scusandosi) di mutarla!
Quest'immagine è parte di una leggenda, di un mito popolare.
Questa gente ha tutto il diritto di credere ciò che vuole. Io
non posso cambiarla, non tocca a me. Devono credere ciò che
vogliono. La verità potrà anche essere diversa, ma se a loro
non interessa, mi va bene lo stesso".
...
Il futuro, Marianne? Il tuo, quello del r'n'r? Il r'n'r
deve cambiare? Non so dove andrà... non avrei mai creduto solo
due anni fa che oggi l'avrei pensata così. Credo che il
jazz... Credo che ci sia un medium futuro che ancora non è
stato scoperto, una specie di fusione che non è
jazz-rock-funk-punk, qualcosa tra il jazz e quel che faccio
io. Ci vorrà un cambiamento incredibile perché questa fusion
si realizzi, soprattutto perché i musicisti jazz sono troppo
snob: guardano ai rockers come a degli incompetenti che a
malapena sanno che accordi stanno suonando. Troppo snobismo ed
elitismo, ma bisogna farcela... credo che Ornette Coleman
possa fornire la chiave di questo medium. In verità, non mi
piace il jazz. Amo pochi musicisti, Charlie Parker
soprattutto, ma lui è un artista totale, al di fuori di ogni
etichetta o categoria. Non so. Per ora sono molto eccitata
perché la Island ha appena firmato un contratto con Ornette.
Sai, quando avevo 17 anni lavorai con Ornette a Parigi. Lui
scrisse una canzone per me, "Sadness", che fu la cosa più
difficile che io abbia mai dovuto interpretare. Mi piacerebbe
moltissimo rivederlo e lavorare nuovamente insieme. Forse non
sarò la persona adatta e mi sopravvaluto un po'... Joni
Mitchell ci ha provato, ma si è lasciata risucchiare
nell'elitismo del jazz. Ora, io vorrei forzare i musicisti
jazz nella commerciabilità del rock. Forse jazz e reggae, non
so... Steve Winwood potrebbe farcela... Stevie Wonder, se ci
si buttasse un po' di più. E poi avrei un gruppo fantastico da
"esplorare". James Brown o Jr. Walker & The All-Stars, Toots &
The Maytals; Ornette Coleman; Johnny Rotten, per i testi; e la
sottoscritta. Che ne dici?
ROCKSTAR N. 18 - MARZO 1982
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