IVANO FOSSATI La pianta del tè

 

 

SELEZIONE RECENSIONI

 

Un tempo avevo la versione in CD de LA PIANTA DEL TÈ, pregevole opera di un grande artista, colto in uno dei suoi leggendari stati di grazia; parliamo del 1988, un tempo molto lontano, "solo" ventisette anni fa...

Qualche mese fa, nel sistemare la libreria, ho purtroppo realizzato che alla lettera "F di Fossati" il dischetto brillava per la sua assenza! Quando era stata l'ultima volta che l'avevo ascoltato? A chi l'avevo prestato? E come mai non era più ritornato alla base? Era forse andato perduto nell'ultimo trasloco? Tutte domande rimaste senza risposta.

Ed è così che l'album è inevitabilmente finito nella mia lunga lista d'attesa di CD e DVD da tenere sotto controllo.

Ieri, bazzicando nell'unico negozio di dischi rimasto miracolosamente aperto in centro, tra i titoli ristampati negli ultimi anni ho trovato negli scaffali la versione vinilica dell'album ad un prezzo molto vantaggioso, praticamente scontato del 50%... Sarebbe stato un vero peccato non approfittarne, proprio adesso che sto vivendo un piacevole "ritorno di fiamma" per i 33 giri! Son tornato a casa e ho riascoltato l'album per tre volte di seguito. Godimento puro! Suona meravigliosamente bene ed è ancora più bello e intrigante di come lo ricordavo.

 

12.10.2015 - Rosario Bono

 

Capita davvero raramente di avere per le mani il disco perfetto di un autore che non scambia l'approccio artigianale per semplicità compositiva. LA PIANTA DEL TÈ, nuovo lavoro di IVANO FOSSATI, è il gradino più alto della lunga scala artistica costruita fin'ora dall'autore italiano: musica popolare così come la musica popolare deve essere, a metà tra la sperimentazione musicale e la poesia pura.

 

12.4.1988 - Roberto Giallo (L'Unità)

 

Capolavoro nel capolavoro è il brano che dà il titolo all'album, La pianta del tè (parte I e II), il cui fascino notturno, lunare e misterioso è dovuto al contrasto tra i vellutati flauti di canna andini e le percussioni ostinate e inquietanti, ma non invadenti. Già stupenda la prima parte, ma la seconda raggiunge vette da brivido, con i flauti di Uña Ramos che scatenano tutto il loro potere magico e ci portano davvero in cima a qualche picco cileno o peruviano...

Fonte: Debaser

 

Terra dove andare - Terra, speranza, lavoro, radici, identità... Non aver "più terra dove andare" significa non solo aver perduto le proprie radici, ma non avere neppure speranze. E' sospensione assoluta. La musica ha la leggerezza e la semplicità di una filastrocca da bambini o di un ballo popolare... Una musica allegra e "senza uscita". In fondo le filastrocche altro non sono che verità profonde ben celate da un ritmo scherzoso e molto spesso non danno speranza...

Fonte: Planando

 

L'uomo coi capelli da ragazzo - Qualche nota indecisa, spezzata di pianoforte apre il brano e basta la voce di Fossati per farci sentire la solitudine del "pazzo": parole strascicate, pronunciate con difficoltà. Trasmissione difficile tra due mondi che sembrano aver poco in comune. Altri schemi, altre regole. E di un altro mondo si tratta: lui vorrebbe poterlo condividere, ma nessuno lo vede, nessuno vuole conoscerlo. Non è un uomo, è un "pazzo"... Nessuno è disposto a spiegargli cosa c'è di diverso in lui, così rimane solo, dentro di sé, con le sue idee "spettinate", come i capelli di un ragazzo...

Fonte: Planando

 

La volpe è misteriosa e dolce, un bellissimo pezzo giocato su paure inconsce che affiorano in certe situazioni di chiaroscuro. I dubbi vengono autoalimentati e fanno crescere il timore, "Che sarà quell'ombra in fondo al viale di casa mia. Sarà la luna fra le piante “malaluna”. Sarà la luna fra le piante “malaluna”. Sarà la luna fra le piante, ma la luna non è". Il finale con la strofa cantata da Teresa De Sio, riporterà un soffio di luce...

Fonte: Estatica

 

 

 

 

C’è soprattutto Questi posti davanti al mare, summa della poetica di Fossati e cantata assieme a De Gregori e a De André, una sorta di triumvirato della canzone d'autore italiana che si unisce per una delle canzoni più belle della carriera di tutti e tre...

Fonte: Rockol

 

Le signore del Ponte-Lance - Due minuti e poco più di melodia nautica, con tanto di versi in francese. Leziosa e da crociera come Novecento di Baricco e altrettanto infallibile...

Fonte: Il Post.it

 

Chi guarda Genova è una canzone bellissima, che parla di Genova senza la minima inclinazione campanilistica o sentimentale. Genova è, nel 1988, una città sulla soglia di cambiamenti epocali (la perdita di importanza del porto, la trasformazione da città delle industrie pesanti al turismo e il risanamento del centro storico, iniziato nel 1992) e Fossati, genovese incapace di abitare nella grande città e rifugiatosi nell’entroterra del Levante, guarda la città dal mare, perché “chi guarda Genova sappia che Genova /si vede solo dal mare”, e ci spiega che non dobbiamo aspettarci niente di più rispetto a “quei gerani che la gioventù / fa ancora crescere nelle strade”. I gerani sono fiori colorati e luminosi, ma poveri come Genova, una città bellissima ma ormai lontana dai fasti e dal lusso che l’hanno resa La Superba, una città ancora vitale grazie al suo grande porto, causa però di sofferenza per le morti che colpiscono chi ci lavora (“porto di guerra senza un soldato / senza che il conflitto sia mai stato dichiarato”). Una città in cui le differenze tra le classi sociali sono inscritte negli stereotipi (“un luogo di avvocati con i loro mobili da collezione / e di commesse che gli avvocati la sera accompagnano alla stazione / commesse senza parola e senza restituzione”) e dove anche l’arte di Fossati non riceve molte gratificazioni (“bella signora che mi lusinghi / citando a memoria le mie canzoni / il tuo divano è troppo stretto / perché io mi faccia delle illusioni / abbiamo tutti un cuore arido / ed un orecchio al traffico”). Ma Genova non è una città insensibile, è una città che non può distrarsi perché deve rimanere aggrappata disperatamente alla terra ferma in attesa di poter mollare la presa e abbandonarsi finalmente tra le onde (“restiamo volentieri ad aspettare / che la nostra casa stessa riprenda il mare”)...

Fonte: Vulcano Statale

 

La costruzione di un amore è ancora un altro lato dell'amore; non è dedicata, non parla di una persona, anzi è come se l'altra persona non c'entrasse: Fossati parla del "suo" amore. Un angolazione estremamente "privata" che forse l'altro non conosce, non vede o non comprende...

Fonte: Planando

 

In Caffè lontano il limpido suono dell'arpa celtica addolcisce una voce un po' lamentosa. Contiene tra l'altro un verso illuminante alla Paolo Conte: "I londinesi sono ombrelli in pena contro il loro vento". Geniale, come tutto questo disco.

Fonte: Debaser