Fin dalle prime volte in cui ho avuto
l'occasione di vedere e sentire cantare in TV Giusy Ferreri,
una serie di circostanze e di suggestioni mi hanno rimandato
agli esordi "anni Sessanta" di Patty
Pravo...
In un primo momento solo per una questione di energia,
di luce, di
freschezza, so benissimo che si tratta di due
artiste non comuni e completamente diverse tra loro, se non
agli antipodi, ma poi affidando alcune riflessioni ad un
curioso
gioco di specchi ho scoperto anche molte "analogie".
La prima sta nei loro nomi
d'arte, entrambi composti da cinque lettere
e con la y finale. Patty è il nome d'arte di
Nicoletta, completamente inventato, Giusy è il
diminutivo di Giuseppa, il vero nome della
Ferreri.
S ono nate entrambe nel
mese di aprile, sotto il segno dell'ariete.
Giusy è del 1979, anno in cui Patty
uscì improvvisamente dalla porta principale della musica
leggera italiana (la stessa da cui era entrata altrettanto
velocemente 13 anni prima) scrivendo la parola fine sul
periodo più intrigante e magico della sua
carriera.
Le nostre protagoniste/antagoniste
(la Giusy di oggi e la Patty di ieri) si trovano
ad avere più o meno stesso peso e stessa altezza, stessa
eccentricità nel vestire, stessa chioma fluente: una mora,
l'altra biondo platino (ma c'è il barbatrucco).
Entrambe hanno studiato pianoforte senza portare a
termine gli studi.
Patty è vissuta con la nonna paterna, una
figura fondamentale della sua infanzia, quasi sempre citata
nel corso di decenni di rassegna stampa. Giusy ha
dedicato proprio alla nonna Gaetana il suo primo album,
intitolandolo col suo nome.
Un successo esplosivo: Patty
l'ha raggiunto grazie ad un locale di tendenza negli anni Sessanta (il
Piper di Roma), Giusy con la partecipazione ad un programma televisivo
di tendenza del secondo millennio (X Factor). Ma il
botto è stato altrettanto fragoroso. In meno di un anno
Patty diventò una cantante famosa, scalando le
classifiche con i suoi due primi singoli,
Ragazzo triste e Qui e là; in meno di un anno
Giusy è diventata addirittura una numero uno delle
classifiche di vendita con due brani altrettanto incisivi,
Non ti scordar mai di me e Novembre.
Sia Patty che Giusy hanno
conquistato il pubblico interpretando delle cover. Nei
Sessanta era una consuetudine tradurre e reinterpretare i
pezzi più belli che arrivavano dall'Inghilterra e
dall'America, mentre a X Factor, i giovani cantanti,
non avendo ancora un proprio repertorio, sono praticamente
costretti a presentarsi nel corso delle selezioni proprio con
canzoni famose di altri artisti.
Giusy, tra l'altro, ha interpretato e
inciso La bambola, il più grande
successo discografico di Patty Pravo.
Tutte e due, provenienti da famiglie non
benestanti, prima di diventare famose hanno tentato la fortuna
nel mondo della canzone ma senza risultati soddisfacenti.
Patty fu per un breve periodo Guy Magenta, nome
d'arte utilizzato prima del 1966 per alcune esibizioni
nei locali di provincia (come Il Cristallo di Mestre,
ad esempio), insieme a Italo Janne, così come testimoniano rare foto d'epoca,
alcune delle quali la ritraggono accanto al talent scout
Tony Tasinato e al giovane
presentatore Pippo Baudo nel corso di una
manifestazione canora regionale. Anche Giusy Ferreri ha avuto
precedenti esperienze canore e, presentandosi come
Gaetana, suo secondo nome, ha anche inciso, senza
successo, un brano intitolato Il party.
Fin dalla sua prima apparizione,
Patty divise subito l'opinione pubblica in
detrattori ed estimatori. Nessuna via di mezzo.
Il suo strano modo di cantare, con quel vocione quasi maschile
destabilizzò anche i critici musicali più accreditati. Alcuni,
a dire il vero, poco lungimiranti, avevano previsto per lei un
successo effimero che sarebbe dovuto durare al massimo un paio
di stagioni. Scrissero che non era un personaggio autentico, che
avrebbe dovuto imparare a cantare e che molto presto si
sarebbe rivelata un bluff, sostenendo fosse costruita pezzo
dopo pezzo, come un puzzle, da Alberigo Crocetta, suo
scopritore e mentore. Dopo avere inciso il suo primo 45 giri,
fu paragonata a Cher per il
modo di cantare "strascicato" (basta ascoltare la
versione originale di Ragazzo triste che è appunto un
brano di Cher dal titolo But You're Mine),
mentre per il look da bambolina ricordava molto Nancy Sinatra
diventata famosa con il film
Barbarella.
La stessa cosa sta succedendo a Giusy,
anche lei voce da contralto, molto particolare, mascolina.
Molti l'adorano (viste le vendite dei
dischi), altri la detestano. L'hanno
accusata di copiare Amy Winehouse e di interpretare
canzoni costruite a tavolino. Alcuni critici musicali
l'apprezzano e prospettano per lei un futuro dorato, altri si
divertono a giocare al massacro.
Giusy, come Patty nei
Sessanta/Settanta, ha inciso le sue canzoni in lingua
spagnola per tentare di conquistare il mercato iberico e
quello sudamericano.
Oltre la grinta e il carattere, le accomuna la timidezza.
Anche quella di Giusy sembra liberarsi solo sul palco,
con quel modo di cantare acerbo e grintoso che ha, secondo me,
gli stessi colori e la stessa forza delle performance
"pravesche" dell'epopea del Piper. E poi c'è quella
capacità di "bucare" in primo piano il video, con un solo sguardo:
intrigante e malizioso quello di Patty (ieri), dolce
e intenso quello di Giusy (oggi).
Una grande differenza c'è e salta subito
agli occhi: Patty, affidando fin dalle origini il
suo talento naturale a un ego smisurato e a una buona
dose di strafottenza, diede subito l'impressione di essere nata sul palcoscenico
per la disinvoltura con cui lo gestiva.
E piaceva molto anche per questo.
Giusy, invece, pur lasciando intravedere
potenzialità artistiche non indifferenti riguardo
l'interpretazione e la capacità di comunicare anche solo con
la voce, ha un approccio molto "impacciato" con il
palcoscenico e le telecamere... Su questo dovrà ancora
lavorare parecchio. Ma diamole anche il tempo di
crescere!
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