Juliette Gréco MERCI Tour 2015 - Teatro
MANZONI 13 luglio
Il nero
per la Gréco, oltre ad essere un retaggio
esistenzialista, è sempre stato prima di tutto sinonimo di
eleganza, essenzialità, protezione.
E l'abito di scena esprime tutto questo
Poi c'è il rosso, il colore
della passione, in questo caso per un mestiere
che poi mestiere non è, perché nel caso di Juliette Gréco, gran
dama della musica francese, è più appropriato parlare di
arte. E artisti non si nasce, lo si diventa,
rinascendo in ogni
vecchia o nuova canzone ad ogni nuova esibizione. Questo la Gréco l'ha
capito bene e l'ha messo in pratica, con intelligenza. Sempre! Le è
servito a diventare un mito.
Voce, pianoforte,
fisarmonica e il ghiaccio bollente dei
testi, capolavori ancora attuali, sospesi fra dramma e
ironia, tristezza e allegria, come
quadri a tinte forti dai colori sempre
accesi.
E intorno pura alchimia, tra
l'artista e il pubblico (di ogni età), in uno
scambio incondizionato di nobile energia.
Un pubblico pieno d'amore per la
musica d'autore, sempre ricco di
curiosità e buona volontà, quasi stupito per
questo incontro molto speciale. Proprio come lei,
Juliette, dall'alto dei suoi splendidi
ottantotto anni, forse incredula di essere riuscita ad
arrivare fin qui, ancora così positiva,
fiera e volitiva. E non è un caso se nel
suo repertorio prevalgono queste peculiarità,
malgrado quei fuochi là fuori ad incendiare il
mondo, sempre pronti ad
alimentare il male,
malgrado il dolore sempre in agguato, a minare
l'umana fragilità...
Persino l'esecuzione di NE ME QUITTE PAS
cambia chiave di lettura nell'ennesima e
definitiva interpretazione
della Gréco, sparisce il concetto di
sottomissione e fa capolino la minaccia,
ovvero: "posso diventare anche la tua
ombra, l'ombra del tuo cane, ma se mi abbandoni
prends garde à toi, vieux" (leggi: "ti
renderò la vita difficile"). Non è una resa
tout court, ma al contrario viene
stabilito un ipotetico "prezzo" al sacrificio massimo
della protagonista, disposta ad annientarsi per amore
Nel corso degli anni la capacità
dell'artista di veicolare dal vivo, in teatro, queste
forti emozioni e questi sentimenti
contrastanti è aumentata in misura esponenziale. C'è
oggi qualcosa di prodigioso nel tono grave della sua voce, nei gesti, nelle pause e
tra le righe del pentagramma delle sue canzoni. Qualcosa che va oltre
l'interpretazione. Un prezioso distillato
dell'arte della teatralità, fatta di mani
danzanti, sguardi lontani, accenti...
Suggestioni estreme, minimali,
contrastanti, in un climax che nessun' altra
interprete oggi riuscirebbe a creare.
Anche stavolta, Juliette è
riuscita a mettere
in scena con "insostenibile leggerezza" la vita
nella sua essenza, la nostra vita vera, nuda e cruda,
soprattutto se vista attraverso la lente d'ingrandimento
dell'eccellenza dei grandi autori francesi del
Novecento.
L'artista conclude la sua incredibile rappresentazione in un
tripudio di applausi per poi scomparire
dietro le quinte.
Da oggi su quel palco vuoto che ha
ospitato il suo ultimo concerto in Italia, si
agiteranno solo le
nostre fantasie: inseguiranno l'eco di quelle
storie in musica che hanno fatto il giro del
mondo e che nessuno più racconterà allo stesso
modo e con la stessa forza.
Un
miracolo. Oltre non si sarebbe potuto chiedere.
30.7.2015 - Rosario
Bono
TESTO AGGIORNATO IL 29.9.2020