Dall'alto
della sua infinita classe che ha lasciato il segno nella
società intellettuale e in quella dello spettacolo
francese dell'intero Novecento, Juliette Gréco
si riaffaccia sul palcoscenico della canzone
re/inventando Brel in una cornice
viennese degli inizi del XX° secolo, come in un virtuale
salotto di Alban Berg. Alla veneranda
età di quasi 87 anni la Signora scopre le carte con
l'assenza di pudore che il tempo ha saputo donarle.
Dichiara di aver amato il Grand Jacques e di poterlo
oggi rivelare senza paura.
Più che cantare, declama col
piglio di una straordinaria attrice di teatro "traverser
le present en s' excusant déjà d'etre pas plus loin"
(attraversare il presente scusandosi di non essere un
po' più in là, da "Les vieux") e con l'aiuto di suo
marito, Gérard Jouannest, già braccio
destro di Brel nonché superbo
arrangiatore e pianista di questo progetto, confeziona
cinquanta minuti di pura magia nella quale la fine
dell'esistenza appare come il profumo d'essenza di una
sera d'estate. Sono dodici canzoni, come nella
tradizione del vinile, che ripercorrono la storia di uno
degli autori/chanteurs più alti della canzone europea,
rivisitati come nessuno aveva mai fatto prima e fuori
dalla scontata banale melassa di troppe riletture.
L'urlo di "J'arrive" (ah quella sensazione
della fine che torna a ciclo continuo e che gioiello di
perfezione formale da vero capolavoro!) oppure il
sussurro rauco di "Ne me quitte pas" o
l'immersione totale nel porto di "Amsterdam",
intensa come una preghiera di Sakamoto
e sulle corde incerte di una voce mai stanca e
disperata, vanno a braccetto con l'aria di valse musette
parigino di "Fils de".
E da una stanza e dal violoncello à la César
Franck, l'ultima luce entra dalla finestra
dell'addio con "La chanson des vieux amants".
Qui l'attrice prende il sopravvento e squarcia come un
uragano (oraaaaage/meeeeerrrveilleux) ogni nota della
canzone sull'onda opaca di ogni parola del grande
Jacques...."c'è
voluto del talento per esser vecchi e non adulti" -
Voto 10/10
2.12.2013 IL
QUOTIDIANO Paolo De Bernardin
In Francia è assai comune per un
interprete di rango cimentarsi col repertorio dei mostri
sacri della "chanson". Meno comune farlo a 87 anni.
Accompagnata dal marito Gérard Jouannest (81), pianista
e co-autore di tante canzoni di Jacques Brel, Juliette
Gréco, Jujube, ne sceglie 12 del grande belga, perlopiù
dalla seconda metà degli anni ’60.
Il risultato è "formidable", grazie anche agli
arrangiamenti e alla direzione d'orchestra di Bruno
Fontaine, specialista in colonne sonore (e si sente!).
Ne risulta un suono cameristico, con un po' di
tardo-romanticismo francese, un po' di kabarettlieder di
Schoenberg e le atmosfere delle musiche da film di
Delerue.
Su queste basi Gréco canta, bofonchia, declama, sputazza
come i marinai di Amsterdam. Ne La chanson des vieux
amants, accompagnata dal solo violoncello, e in Ne me
quitte pas sostituisce rassegnazione e disperazione
breliane con accettazione e rabbia. Formidabili anche Je
suis un soir d' été, Prochain amour, Tango funèbre,
J'arrive, con Gréco che spinge con tutto il suo bagaglio
istrionico per ridare vita a queste storie di 50 anni
fa.
Consiglio questo disco naturalmente a chi ama Brel (chi
non lo conosce subito a sentire il suo ultimo album del
1977) e più in generale la canzone francese d' autore,
ma anche a chi gode nell' ascoltare quelle grandi
interpreti (Simone, Faithfull, Lemper) che sanno, come
Jujube, passare dalla disperazione al valzer,
dall'allegria al tango.
4.4.2014 TOM TOM ROCK Raimondo Bignardi
La musica di Jacques Brel porta
con sé una teatralità che richiede più di una semplice
esecuzione. Chi sceglie di affrontare (soprattutto) quei
brani strettamente legati all'autore, per potere
rivestire pienamente il ruolo di interprete deve
possedere una fisicità viscerale implicita, da performer
e saper gettare la propria emotività oltre l'ostacolo.
Essendo stata una delle prime a scegliere
le sue canzoni, quasi 60 anni fa, Juliette Gréco
dimostra in questo nuovo album che, all'età di 87 anni, è
ancora più che all'altezza della sfida posta dallo stile
praticamente inimitabile di Brel.
Gli aggettivi con cui si è soliti definire
le voci femminili francesi (leggera, melodica, ariosa) qui
non trovano spazio. La voce della Gréco è sempre
piuttosto roca e ha assunto, con l'età, una tonalità quasi
maschile, sorprendentemente evidente all'apertura brano
"Ces Gens-La ".
Buttandosi con tutta se stessa in ogni
performance, Juliette interpreta queste canzoni di
Brel con un fervore che non tradisce mai una volta
la sua età. Incarna pienamente ogni storia, mettendo tutto
il suo cuore e l'anima in mostra.
In un'epoca di artisti sbiaditi, di
banalità dilagante, questa opera di Juliette Greco
è un tesoro raro, oltre che un omaggio di benvenuto al suo
defunto contemporaneo.
7.8.2014
Popmatters