La Nuova Sardegna Selezione articoli: 2000
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FEBBRAIO - Juliette Greco, la rosa e l'impegno -
«Il rap? Il mondo non li ascolta, e loro aggrediscono». La
canzone, per Juliette Greco, 72 anni, «rosa delle tenebre»
della musica francese così come la definì Jean Cocteau,
continua ad essere il «modo più bello» per veicolare una
parola di impegno politico dal «valore primordiale». «Se mi
venisse chiesto di andare a cantare in Austria, alla luce
degli ultimi avvenimenti politici _ ha spiegato l' artista che
domani sera sarà sul palcoscenico del teatro Politeama a Prato
per la sua unica serata italiana, avrei due possibilità:
scegliere di andare dichiarando il mio impegno a combattere, o
abbandonare coloro che sono all'opposizione. Quando mi venne
proposto di esibirmi in Cile sotto Pinochet e in Spagna sotto
Franco, scelsi di andare malgrado il pericolo, ed ho avuto
l'impressione di aver fatto ciò che dovevo».
La cantante non esita però a confessare i propri errori: «Uno dei
più grandi sbagli della mia vita - ha detto - è lo stesso che
ha commesso Jean Paul Sartre, quello di aver creduto al regime
comunista. Solo gli imbecilli non sbagliano mai». E avverte:
«Bisogna fare attenzione però, il lupo è sempre in agguato, e
il lupo è vestito da agnello». Nella sua vita - dichiara - non
ci sono rimpianti, e il suo presente è ancora caratterizzato
dalla «passione che genera passione». Nel suo futuro vede
tutto ciò che il suo pubblico vorrà offrirle. «Nella serata di
Prato - annuncia - ci saranno poche variazioni rispetto al
repertorio proposto il maggio scorso all' Odeon di Parigi
perchè una delle cose più difficili in uno spettacolo è
trovare il giusto equilibrio». Sulla scena torneranno così a
vivere le note di «Les feuilles mortes» e di «Sous le ciel de
Paris» scritte per lei da Jacques Brel, ma anche molti brani
dal suo nuovo album, «Un jour d'eté et quelques nuits», poesie
di Jean-Claude Carriere trasformate in canzoni da Gerard
Jouannest, terzo marito di Juliette Greco. Tra i suoi ricordi
più cari i caffè parigini degli anni Quaranta dove divideva la
sua passione per la musica e per la poesia con Picasso, Boris
Vian, Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre. E proprio Sartre,
in una di quelle notti la convinse a cantare scrivendo per lei
una canzone.
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LUGLIO - Recital di Juliette Gréco - Canzone d'autore con una delle più interessanti
protagoniste dell'incontro tra poesia e musica: Juliette
Greco. L'artista francese, accompagnata da una piccola
orchestra di cinque elementi diretta da Gerard Jouannest, si
produrrà solo per questa sera alle ore 21,30 nello splendido
scenario del teatro romano di Nora - nell'ambito della
rassegna «La notte dei poeti» allestita dal Cedac - nel
recital di canzoni e poesie intitolato appunto «La chanson
d'auteur». Un'occasione davvero unica per sentire dal vivo,
recitati da questa musa dell'esistenzialismo francese, i versi
di poeti di grande profondità come Prevert, Sartre, Sagan e
Cocteau e canzoni di Charles Trenet e Ferrè.
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LUGLIO - La signora della musica francese conquista il
pubblico del Teatro Romano di Nora - Straordinaria Juliette -
Giovanissima signora che ha cantato l'esistenzialismo del
dopoguerra e ancora emoziona con le vibrazioni scure della sua
voce, con la forza espressiva di un'interpretazione unica. Era
entusiasta, venerdì, il pubblico del Teatro Romano di Nora:
per «La notte dei Poeti» ha avuto la poesia di un secolo nella
voce calda di Juliette Greco. La signora della musica
francese, avanguardia di illusioni e delusioni del Novecento,
è arrivata in scena con l'inseparabile pianoforte di Gerard
Jouannest, autore di tante sue musiche. Intorno ci sono
strumentisti di tutto rispetto, dall'accordeon di Sergio
Tomassi alla chitarra di Barthelemy Raffo, dalla batteria di
Gerard Gesina, al basso di Hermes Alesi. Vestita di velluto
rigorosamente nero, sospesa su tacchi vertiginosi, Juliette
Greco è figurina di sogno che prende vita con la musica, tra
luci sfumate. E sorprende con una carica emotiva che diventa
un canto potente e graffiante, malinconico e sensuale. Canta i
sentimenti dei poeti, i paesaggi di Francia e le follie di una
Parigi dal cielo intenso e i locali fumosi. Canta gli amori
che si perdono, le parole non dette, la nostalgia e le
speranze. E dipinge quadri, evoca volti e storie con lo
sguardo mobilissimo, con i gesti di mani morbide e aggressive,
estasiate e disperate. Ammicca, seduce, affascina. Le vocali
sono carezze, le consonanti sferzate. Fa poesia Juliette
Greco, da Prevert a Gainsbourg, e la poggia su sonorità
intense e corpose, dai ritmi ben segnati, dai fili melodici
sinuosi, che diventano sussurri e riemergono in ritmi
incalzanti, fra tragedia e beffarda «follie». Musica da
ascoltare e guardare sulle emozioni di pagine come
«Bruxelles», «Paris canaille», «Les feuilles mortes». Poi si
inchina Juliette, alla musica e al pubblico, con gesto da
diva, con vezzi da amante. Lunghi applausi e tre bis.
6 NOVEMBRE - Juliette Gréco a Venezia - Intensa, roca, graffiante,
appassionata, drammatica, nostalgica. E umana. E' tutto questo
Juliette Greco, mito della chanson française che sabato sera
ha offerto un concerto al Teatro Goldoni, in omaggio a
Venezia, su iniziativa dell'associazione S.O.S.
Saint-Germain-des-Pres e del Teatro Stabile del Veneto, a
suggellare anche un gemellaggio tra il quartiere parigino e
l'isola veneziana della Giudecca. Anche umana, si diceva,
Juliette Greco, fino al punto di farsi distrarre l'altra sera
da una luce improvvisa e di interrompersi proprio nel mezzo
dell'ultimo brano di un concerto svoltosi tutto in crescendo,
il famoso "Ne me quitte pas" di Jacques Brel. «Scusatemi, si
chiama emozione - ha detto al pubblico che intanto aveva
ricominciato ad applaudirla con ancora più entusiasmo di prima
- ma è difficile continuare a fare l'amore quando qualcuno ha
acceso la luce». Caschetto di capelli neri a contornare la
pelle bianca del viso e i profondi occhi scuri, abito nero
come sempre, lungo e con la manica ampia, Juliette Greco si
era presentata in scena col gesto confidenziale di chi è stato
quasi sorpreso ad essere un po' in ritardo, ed ha dato il via
ad un concerto che ha alternato nuovi e vecchi brani del suo
repertorio. Fra gli autori, Etienne Roda e Jean Claude
Carriere, ma soprattutto il Raymond Quenau di "Si tu
t'imagines", il Jacques Prévert di "Les feuilles mortes", il
Leo Ferrè di "Paris canaille" e, soprattutto, Jacques Brel. Ed
è stato proprio a quest'ultimo che la musa di
Saint-Germain-des-Pres ha offerto il suo omaggio migliore in
"J'arrive", quel dialogo intenso, impaurito e sgomento con la
morte che lei stessa dice di amare di più fra le sue canzoni.
E' qui che ha dato la sua prova migliore di grande
cantante-attrice, di artista del palcoscenico, capace di dare
corpo alla voce e figura alle emozioni coi morbidi gesti delle
mani, sempre in movimento, la grande espressività del volto e
l'energia giovanile che nonostante i suoi settantaquattro anni
ancora la anima e viene trasmessa agli spettatori. Accanto a
lei, un gruppo di musicisti ed il pianista Gerard Jouannest,
suo attuale marito e compositore di vari suoi brani. Al
termine del concerto, dopo aver ricevuto dal sindaco Paolo
Costa un omaggio della città - cui aveva offerto gratuitamente
lo spettacolo - un fuoriprogramma dedicato a Jean Paul Sartre,
di cui ha interpretato una canzone scritta per lei, "Rue des
blancs manteaux". Applausi senza fine del pubblico che gremiva
il teatro, di fronte a un mostro sacro della canzone d'autore
del Novecento.
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