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La Nuova Sardegna Selezione articoli: 2000

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11 FEBBRAIO - Juliette Greco, la rosa e l'impegno - «Il rap? Il mondo non li ascolta, e loro aggrediscono». La canzone, per Juliette Greco, 72 anni, «rosa delle tenebre» della musica francese così come la definì Jean Cocteau, continua ad essere il «modo più bello» per veicolare una parola di impegno politico dal «valore primordiale». «Se mi venisse chiesto di andare a cantare in Austria, alla luce degli ultimi avvenimenti politici _ ha spiegato l' artista che domani sera sarà sul palcoscenico del teatro Politeama a Prato per la sua unica serata italiana, avrei due possibilità: scegliere di andare dichiarando il mio impegno a combattere, o abbandonare coloro che sono all'opposizione. Quando mi venne proposto di esibirmi in Cile sotto Pinochet e in Spagna sotto Franco, scelsi di andare malgrado il pericolo, ed ho avuto l'impressione di aver fatto ciò che dovevo». La cantante non esita però a confessare i propri errori: «Uno dei più grandi sbagli della mia vita - ha detto - è lo stesso che ha commesso Jean Paul Sartre, quello di aver creduto al regime comunista. Solo gli imbecilli non sbagliano mai». E avverte: «Bisogna fare attenzione però, il lupo è sempre in agguato, e il lupo è vestito da agnello». Nella sua vita - dichiara - non ci sono rimpianti, e il suo presente è ancora caratterizzato dalla «passione che genera passione». Nel suo futuro vede tutto ciò che il suo pubblico vorrà offrirle. «Nella serata di Prato - annuncia - ci saranno poche variazioni rispetto al repertorio proposto il maggio scorso all' Odeon di Parigi perchè una delle cose più difficili in uno spettacolo è trovare il giusto equilibrio». Sulla scena torneranno così a vivere le note di «Les feuilles mortes» e di «Sous le ciel de Paris» scritte per lei da Jacques Brel, ma anche molti brani dal suo nuovo album, «Un jour d'eté et quelques nuits», poesie di Jean-Claude Carriere trasformate in canzoni da Gerard Jouannest, terzo marito di Juliette Greco. Tra i suoi ricordi più cari i caffè parigini degli anni Quaranta dove divideva la sua passione per la musica e per la poesia con Picasso, Boris Vian, Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre. E proprio Sartre, in una di quelle notti la convinse a cantare scrivendo per lei una canzone.

 

22 LUGLIO - Recital di Juliette Gréco - Canzone d'autore con una delle più interessanti protagoniste dell'incontro tra poesia e musica: Juliette Greco. L'artista francese, accompagnata da una piccola orchestra di cinque elementi diretta da Gerard Jouannest, si produrrà solo per questa sera alle ore 21,30 nello splendido scenario del teatro romano di Nora - nell'ambito della rassegna «La notte dei poeti» allestita dal Cedac - nel recital di canzoni e poesie intitolato appunto «La chanson d'auteur». Un'occasione davvero unica per sentire dal vivo, recitati da questa musa dell'esistenzialismo francese, i versi di poeti di grande profondità come Prevert, Sartre, Sagan e Cocteau e canzoni di Charles Trenet e Ferrè.

 

23 LUGLIO - La signora della musica francese conquista il pubblico del Teatro Romano di Nora - Straordinaria Juliette - Giovanissima signora che ha cantato l'esistenzialismo del dopoguerra e ancora emoziona con le vibrazioni scure della sua voce, con la forza espressiva di un'interpretazione unica. Era entusiasta, venerdì, il pubblico del Teatro Romano di Nora: per «La notte dei Poeti» ha avuto la poesia di un secolo nella voce calda di Juliette Greco. La signora della musica francese, avanguardia di illusioni e delusioni del Novecento, è arrivata in scena con l'inseparabile pianoforte di Gerard Jouannest, autore di tante sue musiche. Intorno ci sono strumentisti di tutto rispetto, dall'accordeon di Sergio Tomassi alla chitarra di Barthelemy Raffo, dalla batteria di Gerard Gesina, al basso di Hermes Alesi. Vestita di velluto rigorosamente nero, sospesa su tacchi vertiginosi, Juliette Greco è figurina di sogno che prende vita con la musica, tra luci sfumate. E sorprende con una carica emotiva che diventa un canto potente e graffiante, malinconico e sensuale. Canta i sentimenti dei poeti, i paesaggi di Francia e le follie di una Parigi dal cielo intenso e i locali fumosi. Canta gli amori che si perdono, le parole non dette, la nostalgia e le speranze. E dipinge quadri, evoca volti e storie con lo sguardo mobilissimo, con i gesti di mani morbide e aggressive, estasiate e disperate. Ammicca, seduce, affascina. Le vocali sono carezze, le consonanti sferzate. Fa poesia Juliette Greco, da Prevert a Gainsbourg, e la poggia su sonorità intense e corpose, dai ritmi ben segnati, dai fili melodici sinuosi, che diventano sussurri e riemergono in ritmi incalzanti, fra tragedia e beffarda «follie». Musica da ascoltare e guardare sulle emozioni di pagine come «Bruxelles», «Paris canaille», «Les feuilles mortes». Poi si inchina Juliette, alla musica e al pubblico, con gesto da diva, con vezzi da amante. Lunghi applausi e tre bis.

 

6 NOVEMBRE - Juliette Gréco a Venezia - Intensa, roca, graffiante, appassionata, drammatica, nostalgica. E umana. E' tutto questo Juliette Greco, mito della chanson française che sabato sera ha offerto un concerto al Teatro Goldoni, in omaggio a Venezia, su iniziativa dell'associazione S.O.S. Saint-Germain-des-Pres e del Teatro Stabile del Veneto, a suggellare anche un gemellaggio tra il quartiere parigino e l'isola veneziana della Giudecca. Anche umana, si diceva, Juliette Greco, fino al punto di farsi distrarre l'altra sera da una luce improvvisa e di interrompersi proprio nel mezzo dell'ultimo brano di un concerto svoltosi tutto in crescendo, il famoso "Ne me quitte pas" di Jacques Brel. «Scusatemi, si chiama emozione - ha detto al pubblico che intanto aveva ricominciato ad applaudirla con ancora più entusiasmo di prima - ma è difficile continuare a fare l'amore quando qualcuno ha acceso la luce». Caschetto di capelli neri a contornare la pelle bianca del viso e i profondi occhi scuri, abito nero come sempre, lungo e con la manica ampia, Juliette Greco si era presentata in scena col gesto confidenziale di chi è stato quasi sorpreso ad essere un po' in ritardo, ed ha dato il via ad un concerto che ha alternato nuovi e vecchi brani del suo repertorio. Fra gli autori, Etienne Roda e Jean Claude Carriere, ma soprattutto il Raymond Quenau di "Si tu t'imagines", il Jacques Prévert di "Les feuilles mortes", il Leo Ferrè di "Paris canaille" e, soprattutto, Jacques Brel. Ed è stato proprio a quest'ultimo che la musa di Saint-Germain-des-Pres ha offerto il suo omaggio migliore in "J'arrive", quel dialogo intenso, impaurito e sgomento con la morte che lei stessa dice di amare di più fra le sue canzoni. E' qui che ha dato la sua prova migliore di grande cantante-attrice, di artista del palcoscenico, capace di dare corpo alla voce e figura alle emozioni coi morbidi gesti delle mani, sempre in movimento, la grande espressività del volto e l'energia giovanile che nonostante i suoi settantaquattro anni ancora la anima e viene trasmessa agli spettatori. Accanto a lei, un gruppo di musicisti ed il pianista Gerard Jouannest, suo attuale marito e compositore di vari suoi brani. Al termine del concerto, dopo aver ricevuto dal sindaco Paolo Costa un omaggio della città - cui aveva offerto gratuitamente lo spettacolo - un fuoriprogramma dedicato a Jean Paul Sartre, di cui ha interpretato una canzone scritta per lei, "Rue des blancs manteaux". Applausi senza fine del pubblico che gremiva il teatro, di fronte a un mostro sacro della canzone d'autore del Novecento.