Gréco Talks
Selezione interviste: 1987-2007
23.10.1987 - Juliette Gréco vuole andare via da
Parigi e sta cercando il coraggio di farlo. Ho aperto la
finestra della mia casa di campagna e ho visto passare un
fagiano, no, forse era una fagiana; camminava fiera, ed ho
capito che l' essenza della vita era tutta lì; in quell'
uccello, nei fiori, nel verde del bosco. Credo che presto
deciderò di vivere stabilmente in campagna. Parigi non è più
la stessa, oggi mi piace di più Roma. Vengo spesso, sono
contenta di cantare qui. Una donna fuori dalle mode.
Sono come sono, non potrei essere diversa, fingere mi è
impossibile. Sono così, senza passato e senza rimpianti;
desideri tanti. Alcuni si possono dire, altri no. Desidero
vivere ancora per molto tempo, vorrei vedere il mondo
pacificato, vedere le guerre finire. Per questo confido nei
giovani, i giovani non vogliono la guerra. Sono certa che
finirà, mi costringo ad esserne certa: la vita è fatta di
fiducia o di disperazione. E' facile convivere con un
passato come il suo? Il passato è passato, l' unico
momento in cui mi tornano in mente quegli anni dei quali tutti
sono ancora così curiosi è quando penso ai miei amici come se
fossero ancora vivi. Alle volte penso "Questa cosa devo dirla
a Boris Vian", ma Boris è morto. Odio la morte perchè mi ha
tolto tutti gli amici. Oggi si sente sola? Sola? E
perchè? La solitudine è rinuncia, è rassegnazione oppure è una
scelta. Non mi sento mai sola, ho la mia casa di campagna, ho
la mia musica. La amo tutta la musica, quella che ascolto di
più è la classica; no, l' opera non posso ascoltarla spesso:
sono troppo sensibile alle voci, alle volte mi disturbano,
come le persone. Credo che senza musica morirei. Greco
interprete, Greco che canta Prevert, Brel, Ferrè, Brassens, e
mai se stessa. Eppure ha scritto delle canzoni... La
pudeur, il pudore mi trattiene. Non è proprio vergogna, è
quella riservatezza che mi hanno insegnato da piccola. Non
posso dare la mia anima in pasto al pubblico, preferisco
cantare quella degli altri. Ecco, sono al servizio degli
altri, una servante di lusso. Come cambia il suo
repertorio, oggi che i grandi chansonnier non ci sono più?
Ce ne sono di nuovi, sono giovani, cresceranno. In Francia c'
è una generazione di autori in cui confido molto; sono stata
viziata dal mio passato, lo ammetto, non tutti hanno avuto a
disposizione gli autori che ho avuto io. Non è mai stanca,
canta da anni le stesse canzoni, quando una la annoia la
lascia, e poi la ritrova con più entusiasmo, e questo le
accade anche con la gente. Faccio sempre e solo quello che
mi va di fare, è l' unico modo per restare sempre se stessi.
Alle volte sbaglio, ma è giusto così, non sono Dio, non vorrei
esserlo. L' unico rapporto che ho con Dio è attraverso il
parroco della chiesa del mio paese di campagna. A parte il suo
mestiere è un uomo meraviglioso. Ha scelto di vivere in un
modo diverso dagli altri preti. Ho comprato una panca nuova
per la sua chiesa, anche se non ci sono mai entrata. Dopo
la sua autobiografia, "Jujube", Greco sta scrivendo un libro
di novelle. Racconto il mondo degli adulti visto dai
bambini, e le assicuro che non fa ridere. I bambini hanno uno
sguardo feroce, non sono crudeli, né cattivi. Soltanto feroci,
e hanno ragione. Il primo sguardo di bambino che ho visto è
stato il mio; no, non quello di mia figlia, ho visto prima il
mio. E' lo stesso sguardo che ho adesso, è l' unica cosa che
ho conservato di me bambina. Anche questa sera Greco sarà
vestita di nero? Di nero, o, d' estate, di bianco. Non
conosco altri colori. Sul palcoscenico poi soltanto il nero;
mi protegge, mi difende. E poi se fossi vestita di un altro
colore qualcuno potrebbe vedermi...
LA REPUBBLICA - Laura Putti
......
27.6.1997 - Primo bersaglio: l'industria della musica
- In questo momento non ci sono grandi interpreti perché tutti
vogliono fare un po' di tutto, forse per questioni di denaro:
vogliono essere cantanti, ma anche autori, musicisti,
produttori e impresari, mentre credo che la vera ricchezza
stia nella diversità, anche nell' essere interprete del lavoro
di qualcun altro. E poi, le leggi sono quelle delle
multinazionali: non ci sono più artigiani come invece erano
Brel o Brassens. Bisogna produrre un certo numero di dischi,
vendere un certo numero di copie, tenere un ritmo di
produzione e di vendita, altrimenti si è messi fuori dall'
industria. Si prende un artista, lo si veste, gli si toglie
ogni possibilità di scelta, lo si spreme e lo si getta via. Ci
vorrebbe una legge come quella contro la prostituzione: anche
questo, in fondo, è uno sfruttamento dei corpi. Il cinema
- Lavorare al cinema con Renoir è stato per me un grande dono,
così come interpretare un film di Melville, uomo generoso e
colto, che leggeva moltissimo, giocava coi gatti, amava la
musica e mi trattava con quella tenerezza che possono avere
solo le donne. O gli uomini quando sono veramente uomini.
Ma non ha mai avuto nessuna delusione, tra i grandi con cui ha
lavorato? John Houston. Nutrivo nei suoi confronti una
grande stima, e invece mi ha profondamente delusa. Ero andata
con lui in Africa per girare "Le radici del cielo", che era un
film sul rispetto degli animali, e Houston, invece, ogni
mattina prendeva le armi per andarli ad uccidere: poi tornava
dalle battute di caccia grossa, e girava il film in loro
difesa. Un genio del cinema, ma molto deludente sul piano
umano.
LA REPUBBLICA -
Renato Venturelli
.......
7.2.2002
- Signora Gréco, come festeggerà il suo compleanno?
Probabilmente su un palcoscenico. Che cosa dovrei fare?
Starmene a casa a guardare le foto di quando ero giovane su
vecchie riviste ingiallite o, peggio, ricordando gli amici che
se ne sono andati? No, non mi piace star ferma e pensare al
passato. Non so cosa significhi la parola "nostalgia": non
l'ho mai saputo e spero di non avere il tempo di impararlo
adesso. Mai stanca di
viaggiare, di esibirsi nei teatri di tutto il mondo? No.
Io mi rinnovo continuamente, perché ogni volta che mi trovo di
fronte al pubblico provo nuove emozioni che mi danno una
sferzata di vitalità, m'inondano di linfa vitale, e questo mi
sprona ad andare avanti. Ho sempre paragonato il palcoscenico
e il pubblico all'amore. E non si preoccupa del suo cuore
"ballerino"? Se allude al malore che mi ha colpita la
scorsa primavera, le confesserò che non ho mai pensato che il
mio cuore potesse cedere a un po' di stanchezza. Probabilmente
l'ho sottovalutato. Sono convinta che nella vita non bisogna
prendere niente davvero sul serio, neppure le malattie,
neppure la morte. Bisogna essere disperati, felici,
appassionati, provare sentimenti forti: la malinconia e la
tristezza sono atteggiamenti rinunciatari, che avvicinano
l'ora della fine. Non ha paura della morte? Morire è la
cosa di cui ho meno paura. Spero di farlo rapidamente per non
dover provare rimpianti. Finché potrò camminare, parlare,
ascoltare, vedere e cantare, non mi arrenderò. Spesso mi è
sembrato assai più difficile vivere. Per questo una volta
tentò il suicidio? Era il 1965. Avevo avuto un grande
successo con l'interpretazione del serial Tv Belfagor e
su di me si appuntavano gli occhi dello star system, un mondo
che non ho mai amato. Troppe menzogne, troppe falsità
soffocavano il mio spirito libero e selvaggio. Mi salvò la mia
amica Françoise Sagan, esortandomi a sfoderare le
unghie per difendere la mia anima ribelle. Mi dissi che se
avevo fallito il suicidio, non mi restava che vincere nella
vita. Ultimamente è uscita in Francia una sua monumentale
biografia, "Les vies d'une chanteuse" ("Le
vite di una cantante"), ed. JC Lattès, 750 pagine, di
Bertrand Dicale. Non le ha dato fastidio che qualcuno abbia
raccontato la sua vita? Sì, a dire il vero avrei preferito
che fosse pubblicato più tardi. Ma non sono superstiziosa, e
poi ho collaborato personalmente alla stesura del libro,
affinché non ci fossero fraintendimenti né mitizzazioni. E'
stato un lavoro complesso, che ci ha impegnati per quasi due
anni, ma credo che il risultato sia esattamente come avrei
voluto che fosse. Il titolo parla di "vite". Lei ha avuto
forse più di una vita? Sì, sono rinata più volte e ogni
volta ho dovuto ricominciare da capo, creandomi una nuova
identità per vivere in perfetta autonomia. La prima vita è
stata la mia infanzia disgraziata a Montpellier, dove sono
nata, con un padre assente e incosciente - una volta mi lasciò
quasi annegare in mare senza tuffarsi per non sporcarsi il
vestito nuovo - e una madre omosessuale che mi rinfacciava di
essere il frutto di uno stupro. Pensi che per anni ho creduto
che ci fosse un albero che si chiamasse "stupro". La seconda
vita cominciò a Parigi, dove essendo una bambina introversa e
asociale venivo allontanata da tutti e accusata di ogni
nefandezza; poi venne il periodo del collegio religioso, che
avrebbe dovuto redimermi e dove invece subii una violenza
sessuale; infine, gli orrori della guerra, la deportazione dei
miei e il mio arresto perché ero sospettata di attività
partigiane. La terza vita è quella della libertà ritrovata,
degli amori scandalosi, degli incontri intellettuali: Sartre e
Simone de Beauvoir - di cui ammiravo il profilo, al punto da
sottopormi a diversi interventi chirurgici per avere il suo
stesso naso - , Camus, Boris Vian, Jacques Brel, Queneau,
Cocteau e altri amici. Loro avevano le risposte alle mie
domande. Era il tempo delle notti al Tabou, delle sbornie,
delle riflessioni intellettuali, della trasgressione. Poi le
altre vite: l'emancipazione, l'impegno politico, i miei
matrimoni, il successo, la carriera cinematografica, la fuga
dalla gabbia dorata di Hollywood, la solitudine, il teatro e
le canzoni d'autore. L'ultima vita è quella attuale, in cui il
mio spirito libero si è consolidato accanto al mio compagno,
il musicista Gérard Jouannest, e si rinnova nei concerti dal
vivo. Se mi fermassi, morirei. Il trascorrere del tempo le
ha insegnato qualcosa? Io del trascorrere del tempo me ne
infischio. L'esperienza non mi ha insegnato niente, non sono
mai diventata adulta. C'è in me, intatta e viva, l'infanzia
che non ho mai avuto. -
GIORNALE DI
BRESCIA - Stefania Cerrai
.......
5.2.2004 -
Perché la canzone
francese, così popolare anche in Italia nel dopoguerra, grazie
a Piaf, Montand, Bècaud, Aznavour, Brel e tanti altri, oggi
non ha oggi quasi alcun peso nel panorama europeo?
E' molto semplice: perché
ha subìto la massiccia influenza della musica anglo-americana
che l'ha schiacciata. E' una storia comune anche l'Italia.
Però sono ottimista, perché tutto sembra ricominciare a vivere
e gli autori dei brani del mio nuovo disco sono in gran parte
giovani. Ho fiducia che le cose miglioreranno. E del resto io
continuo a vendere dischi, segno che c'è ancora un pubblico
disposto ad ascoltare la canzone francese. Lei vede
qualcuno che possa prendere il suo posto, qualcuno che le
rassomiglia? (ride,divertita). Spero proprio di no e del
resto sarebbe ben grave che qualcuno cercasse di
rassomigliarmi! Nessuno deve essere uguale ad un altro. E
nessuno lo è, è quasi il bello.
Le ricordo la popolarità
avuta in Italia quando la televisione trasmetteva le
inquietanti immagini di Belfagor, il fantasma del Louvre.
Ah sì, quello
è stato davvero un momento magico, irripetibile. E' proprio un
ricordo felice. Non credevo che anche da voi avrei raggiunto
tanta popolarità. Torniamo un po' indietro. E' sempre stata
definita “la musa degli esistenzialisti” ma lei veniva da una
infanzia dura e da una adolescenza anche di miseria, non aveva
alle spalle studi di filosofia. E allora perché i Sartre, i
Queneau e gli altri la adottarono? (stavolta ride più
forte). Francamente non lo so. Ma è stato molto importante per
me che questo sia accaduto. Vede, loro mi proteggevano, mi
amavano molto e mi hanno insegnato quasi tutto. Ripeto, non so
perché sia accaduto, non so cosa vedessero in me quelle
importanti persone, ma mi aiutarono e mi misero sulla buona
strada. Tutto ciò che sono diventata lo devo a loro.
Le ricordo la sua
adolescenza al fianco di sua madre e di sua sorella Charlotte,
che militavano nella Resistenza francese. Lei fu arrestata
dalla Gestapo e rinchiusa in carcere. Che effetto le fa
imbattersi nelle croci uncinate che si vedono spesso tracciate
sui muri d'Europa?
Un terribile effetto e
penso che siamo nuovamente in pericolo. Evidentemente la
lezione della seconda guerra mondiale e del nazismo non è
bastata. Il mondo deve risvegliarsi, deve respingere questi
fenomeni di ritorno al passato, non deve sottovalutarlo. Sa
cosa penso? Che la bestia che ha partorito le croci uncinate
sia ancora viva.
Una volta ha cantato
in Cile prendendo una chiara posizione contro i generali
golpisti. Pensa che quell'esperienza andrebbe ripetuta? E
dove? Sì,
penso che andrebbe ripetuta. Ma non c'è un posto solo dove
farlo. Andrebbe ripetuta dappertutto perché ho molta paura
delle degenerazioni che si vedono in molte parti del mondo.
Bisogna essere vigili, molto vigili.
Due anni fa, lei
sottoscrisse una somma a favore del giornale comunista
francese "L'Humanité". Anche Depardieu lo fece. La cosa destò
clamore, perché la sua apparve come una dichiarazione di
appartenenza al movimento comunista, al quale era stata vicina
in gioventù.
Sì, è vero, c'è stato un grande clamore per quella donazione,
che a un certo punto è divenuta pubblica. Un giornalista mi
chiese addirittura di quale somma si trattava e io risposi che
non era carino fare una domanda del genere. Dunque, bisogna
distinguere tra l'ideale, il sogno giovanile e la realtà. Non
è che uno sottoscrive per un giornale comunista vuol dire che
appartiene a quel partito. Vuol dire che ritiene quel giornale
indispensabile alla vita politica di un paese. Quanto al
comunismo, è chiaro che le cose sono cambiate, ma è come per
la religione: qualche cosa resta sempre del proprio credo,
anche se si è trasformato in utopia.
E veniamo al disco che in
Francia è uscito a dicembre e che ora è disponibile anche in
Italia. Si intitola “Aimez-vous les uns les autres ou bien
disparaissez” (grosso modo “amatevi o sparite”) dagli ultimi
versi di Gerard Mansel che racconta un sogno infantile. A chi
è rivolto l'invito?
A coloro che non si
amano, non si incontrano e non si rispettano. Già, come si
fa a non parlare d'amore con Juliette Gréco, che dell'amore ha
fatto una bandiera? Ma in tanto sventolare che si fa in ogni
dove di privato e di storie d'alcove, l'esitazione è
comprensibile. Però alla fine chiediamo. Chiediamo a chi ha
molto cantato e molto amato quale delle due esperienze le
abbia dato di più (la risposta è secca e senza
tentennamenti). L'una e l'altra nella stessa misura...
(segue una piccola risata)
E la cosa migliore e
quella peggiore della sua vita, quali sono state?
Guardi, la cosa migliore
è senza dubbio mia figlia, alla quale ho anche dedicato una
canzone, una bella canzone, che parla di guerra e di pace.
Quanto alla cosa peggiore...(esita, poi ride ancora) La cosa
peggiore è quella di essere stata un po' crudele con gli
uomini. Siamo
alla fine, il tempo concesso per l'intervista scade. Un'ultima
domanda. Un pensiero per gli ammiratori italiani e uno per
questo giornale.
Ai primi dico “baci”. Al
secondo “coraggio”.
L'UNITA'- Leoncarlo Settimelli
.......
7 .2.2004
-
Dove trova gli stimoli per continuare a cantare? Per me il
canto è un atto d'amore e io non mi stanco mai d'amare...
Non smentisce la sua fama di mangiatrice di uomini? Ogni
storia è un bel ricordo, un inno alla vita e alla gioventù
contro le brutture del mondo. Sì, posso dire di avere vissuto
e amato moltissimo. Come diceva Camus, "il fascino è farsi
dire di sì senza fare domande precise". Il suo fascino l'ha
aiutata a entrare in quel mondo? Forse sì, o forse la
fortuna di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.
Recitavo poesie nei Caffé, dove incontrai Maurice
Merlau-Ponty, l'uomo più colto e divertente che abbia mai
incontrato. Al Tabou facevamo coppia fissa: Sartre si
incuriosì di questa nostra amicizia e volle conoscermi. Che
tipo era Sartre? Un genio fuori dalle regole. Un
intellettuale con un fantastico senso dell'humour. Che risate
facevamo. Qualcuno pensa che l'esistenzialismo sia stato un
movimento triste e cupo, ma noi ci siamo divertiti un sacco.
Sartre mi convinse anche a cantare. E ha scritto anche
canzoni per lei. Sì, ha scritto parecchio per me;
inventava canzoni a ruota libera perché diceva che le avrei
trasformate in gemme, ma in realtà era tutto un gioco.
Qualcuna invece l'ho incisa. L'esistenzialismo l'ha
salvata dalla tragedia? Quando arrivai a Saint Germain il
passato mi pesava come un macigno. Non riuscivo neppure a
parlare. Boris Vian mi aiutò a rinascere. Ogni sera
all'imbrunire andavo nella sua casa di Montmartre: mi curava
con le parole e con il jazz. Il jazz vuol dire molto per
lei... E' la colonna sonora della mia vita. L'incontro
della nostra cultura con quella americana. Che emozione stare
vicino a Duke Ellington o Miles Davis. Con Miles
ho vissuto una storia d'amore. Se mi chiedono cos'è la musica
classica rispondo: Miles. Era un uomo semplice, schietto,
dallo sguardo magnetico. L'ho incontrato l'anno prima che
morisse e aveva ancora lo stesso fuoco negli occhi.
Nostalgia del passato? No, piuttosto provo sensazioni
forti quando passo davanti ai locali che non ci sono più. Ma
tra i giovani d'oggi vedo una rinascita dei nostri valori.
Il suo album parla d'amore. Io combatto per
l'amore. La battaglia è l'altra faccia dell'amore. Il
messaggio di fondo di queste canzoni è: lottiamo per salvare
il mondo con l'amore. E' la classica canzone
francese proiettata nel 2000. Sì, sono una "ragazza" del
mio tempo. Sempre vestita in nero? All'inizio lo facevo
per non farmi notare, ora è parte di me. E' ancora una
ribelle? Certo, per vocazione, per spirito d'avventura e
per ricordo di tutti gli amici scomparsi. Le mancano?
Sono sempre nel mio cuore però, anche dopo tanti anni, è
difficile affrontare la realtà di non poter sentire le loro
voci. Le piace l'Italia? La amo, tra gli artisti mi
piacciono Paolo Conte e Milva. Un tempo tra noi
arrivavano personaggi all'avanguardia come Gassman e
Ferreri.
IL GIORNALE -
Antonio Lodetti
.......
4.12.2005 - Signora Gréco, come si
sente? Bene, grazie, in forma. E in rapporto al mondo
di oggi? Molto male. Per fortuna faccio il lavoro che amo,
e questo mi salva, così come mi salvano l' amicizia e l'
amore. Ma è molto duro non riuscire a capire le ragioni di
questa regressione, di questa violenza. Siamo tornati a un'
età selvaggia, anzi, no, barbara. Pensa anche ai problemi
esplosi nelle periferie francesi? Vivo in un piccolo paese
agricolo. Di fronte a casa mia, l' altra notte, hanno
incendiato un fienile: ma a che serve? Lei va verso gli
ottant' anni, ha attraversato diverse epoche, mode, ideologie.
Ce n' è una che rimpiange? Non ho nostalgie. E nemmeno
rimpianti. Ho solo desideri: che le persone che amo siano
felici, che le cose smettano di essere così drammatiche e
tristi. Che torni la speranza. La Parigi in cui ha vissuto
era straordinaria, ricca, viva... Sono stata fortunata.
Quella era un' epoca speciale per i giovani. Era magica.
Era molto che non veniva a Milano. Troppo, perché io
Milano l' adoro. La stupisce? Guardi che è una città
meravigliosa. Ha una cattedrale mirabile, è austera, severa,
una città fatta per lavorare. Ma poi ha anche i teatri, i
ristoranti, la moda. Ah, la moda, i negozi stupendi di Milano!
Le scarpe! Io sono maniaca delle scarpe, è come una forma di
follia. Forse una specie di rivalsa, perché c' è stato un
periodo in cui non me le potevo permettere. E poi amo la
gente: è attiva, vivace, si dà da fare. Tra i tanti
aneddoti, racconta che quando cantava al Boeuf sur le Toit, a
Parigi, c' era sempre Marlon Brando tra il pubblico, e poi la
accompagnava a casa in moto: com' era? Adorabile. E
bellissimo. Una bellezza straordinaria, di un genere che non
ho più ritrovato: un viso molto classico, un corpo
straordinariamente virile. E Miles Davis? L' ho amato
profondamente. Era un uomo insopportabile con tutti, ma non
con me. E nelle sue memorie ha scritto che io ero la sola
donna che l' aveva rispettato. Che consiglio darebbe a una
ragazza di oggi? Di imparare a dire no. Nel privato e nel
pubblico.
LA REPUBBLICA - Mariella Tanzarella
......
17.3.2007 -
Cosa
resta della vita culturale della Parigi degli anni della sua
giovinezza? Nulla se non che nei bilanci statali ci
sono più capitoli destinati alla guerra piuttosto che per gli
avvenimenti culturali. Come ricorda il suo primo
incontro con Leo Ferrè? Ci siamo incontrati in un
piccolo cabaret di Saint-Germain-des-Prés, lui mi ha proposto
di andarlo a trovare a casa sua e ci siamo scambiati il numero
di telefono. Un giorno l’ho chiamato e lui mi ha invitata.
Sono arrivata e stava suonando al piano forte una canzone per
le corde maschili. E mi ha detto se vuoi la puoi cantare anche
tu. Nel suo ultimo disco uscito nel dicembre scorso,
dal titolo ‘Le temps d’une chanson’, ha scelto di cantare
‘Avec le temps’ di Leo Ferrè solo ora come mai? ‘Avec
le temps’ non l’ho mai cantata prima perché mi intimoriva e
non mi piaceva molto. Sapevo come la cantava Leo e non pensavo
di riuscire a raggiungere il suo livello artistico con la mia
interpretazione. Poi lo scorso hanno mi sono detta, o lo
faccio adesso, o non lo farò mai più e l’ho incisa nell’ultimo
disco. ‘Avec le temps’ è una canzone che narra il
passare del tempo, dei sentimenti, in cui il maestro dice ‘col
tempo sai…non ami più’. Secondo lei cosa è più duraturo,
l’amore o l’odio? L’amore senza dubbio. L’amore è
invincibile, l’odio si può vincere. Di tutta la
produzione di Ferrè, se potesse fare un duetto con il maestro,
quale pezzo sceglierebbe? E con i mezzi elettronici che ci
sono oggi a disposizione perché non lo fa? Canterei
la canzone che vorrebbe lui perché Leo sarebbe il padrone
della canzone e della registrazione. Con l’elettronica non
sarebbe come con il maestro. Ferrè era solo, ma molto forte.
Come tutti i poeti grandi ha inventato un linguaggio tutto
personale, difficile da riprodurre anche solo vocalmente.
Perché nel suo disco, tra tante canzoni italiane, ha
scelto di interpretare ‘Volare’ di Domenico Modugno?
Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare Mimmo Modugno
e di apprezzarlo come cantante. 'Volare' è una canzone di
felicità, semplice ma meravigliosamente ben scritta.
Cosa la lega al nostro Paese, all’Italia? E’ l’ultimo
paese civilizzato. Se non fossi nata in Francia, sarei voluta
nascere in Italia. Tra cantare e parlare qual è il
mezzo più potente per esprimere emozioni? Entrambe.
Parlare quando vuoi esprimere le tue emozioni ad una singola
persona. Cantare quando vuoi far capire a tanti cosa hai
dentro. Quali nuovi fermenti culturali ci sono in
Francia oggi? Sono molti, moltissimi. Bisognerebbe
solo dar loro la possibilità di svilupparsi.
QUOTIDIANO
NAZIONALE -
Eleonora
Camaioni
|