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Il gesto francescano e creativo di Françoise
Quando penso a Françoise
Hardy, mi
viene in mente la protagonista del Cantico dei Cantici.
Apollinea, altera, biblicamente evanescente. Naturalmente
aristocratica… ma vera e moderna.
Lo confessa lei stessa: "Sono
emotiva e i miei tormenti amorosi e le mie passioni spengono
persino la mia voce. Così quando salgo sul palcoscenico sono
in una situazione di sofferenza. Tutto ciò, visto che poi le
mie canzoni nascono in cucina, mi ha tagliata fuori dal
mondo".
Il fatto poi di essere vissuta
con la nonna, la sorella e la madre, con un padre assente,
espone la sua persona all'affermazione stilistica con
accenti distaccati carichi di androginia poetica. Incartata
dai nuovi dettami della moda, porterà all'imitazione del suo
stile molti suoi coetanei in cerca d'identità. La moda bisex
verrà ampiamente cavalcata poi, da quelli che diventeranno i
Beatles, Mick Jagger, David Bowie... Solo l'ebreo errante
Zimmerman, che diventerà Dylan Bob l'ha anche sedotta. Tutti
suoi ammiratori.
Testimonianza di femminismo non
schierato, ma concreto. Un esempio? La sua versione francese de
Il
ragazzo della via Gluck, dove la casa della nonna, scrigno
della sua infanzia, bruciata da una profonda e malinconica
nostalgia, si allontana un secolo dalle parole intrise di un
ecologismo all'acqua di rose, del testo originale.
L'ho vista passeggiare a
Parigi
in un vestito floreale leggero Y.S.L., corto, con delle
ballerine bianche. Al posto dei piedi, due grandi fette... Così! Già
carica di tutti i riconoscimenti possibili. Vestita dal Gotha
dell'haute couture: Paco Rabanne, Chanel, Courrèges, e
appunto,Y.S.L.... Nei pressi dell' Hotel de la
Ville, metto nel juke box dei franchi e ascolto Diana di
Paul
Anka, lei si ferma, mi sorride e mentre aspetta qualcuno,
segue il ritmo della musica e canticchia la canzone a memoria. Poi, come la risposta
francese alla
Primavera del Botticelli esce nel
sole. Un minuto e quaranta forse due minuti, ma intrisi di una
magica formula racchiusa nella figura distaccata di questa
grande femmina, messaggera di tutta la leggiadria delle
protagoniste delle canzoni dei trovatori di Francia. Leggerezza romantica e
seducente che aveva già dato il nome ad un giullare di Dio,
Francesco d'Assisi. Che amava cantare l'Amore Cortese.
Un imprinting sembra segnare lo
stile di questa interprete ed è l'amore sviscerato per la
melodia d'amore. E l'accompagnamento della chitarra come
strumento principe.
Non mi son tagliato le vene
per molte delle sue canzoni, ma la prima volta che l'ho
sentita all'Olympia (prima di un "noioso" altrettanto famoso
cantante yè yè), la sua versione di Suzanne di Cohen,
Ma jeunesse fout l'camp, e Mon amie la rose mi stesero come un
tappeto orientale di fronte a Sherazade. Più tardi l'ho sentita dire che
l'unica cosa che le dispiaceva nel morire, era che non potesse
più vedere fiorire i lillà. Nell'emblema di questa
definizione sta il segreto del fascino di Françoise. Nascosto
nel significato del suo nome.
L'amitie, Des ronds dans
l'eau, Tant de belles choses... sono gli altri capisaldi della mia
identificazione di ammiratore, mai sazio di cullarsi
all'ombra, quasi crepuscolare, di uno stile pervaso di
esistenzialismo amoroso ancora oggi attuale.
La sua vita privata viaggia sul
filo della più assoluta coerenza, con quella capacità anche di
"divinizzare" il quotidiano tramite lo studio profondo e serio
dell'astrologia. Ho letto con estremo interesse
il suo libro Les rythmes du zodiaque.
Osservarla adesso, sembra
invulnerabile al tempo. Vederla fotografata di recente col
figlio, in un dialogo pubblicitario di "abiti", fa capire come
l'artista sia sempre stata distante dalla sua assoluta normalità. Che è la consapevolezza di possedere
una bellezza.
Unica, nell'avervi aggiunto il valore e il coraggio di
un'artista in perenne dialogo con le cose e le metamorfosi del
suo cuore.
"Sono diventata un simbolo, mio
malgrado!". Eh sì, essere se stessi è solo possibile alle
persone che non scendono a compromessi con la propria
intelligenza.
C'è su Youtube una versione in bianco e
nero di Mon amie la rose e una versione in studio di
Tant de belles choses: sono convinto che poche canzoni
vestono e svelano un artista e il segreto della sua coerenza e
ricerca esistenziale, come appare in questi piccoli video.
Essi raccontano come la fragilità umana possa diventare una
forza espressiva vincente nelle mani di un artista. La
precarietà quotidiana vista in tutta la sua romantica
bellezza, valore che inquieta e che lei madre, sposa e donna,
completa con la sua vocazione e ci restituisce di calma
biblica in una canzone. Tant de belles choses, un
omaggio alla creta che prende vita dal soffio divino.
Françoise come Francesco d'Assisi. Non
nell'imitazione di Cristo ma nella purezza delle
intenzioni che muove il bello nei gesti della quotidianità.
Una specie di Cantico delle Creature, laico. Un
capolavoro, un esempio. C'est tout!
Carmelo Serafin - 28 giugno 2008
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