.
ANNIE DEI
MIRACOLI
Articolo di Stefano Mannucci - Rockstar
1987 (seconda parte)
"Alla fine del tour mondiale di Revenge
mi sentivo vuota, stanca, isolata dalla possibilità di vivere
situazioni normali. E' stato un periodo ricco di soddisfazioni, e ne
ho goduto a fondo, perché è una specie di sfida. Ma al tempo spesso
è stato davvero difficile, per me, visto che non potevo prendermi
cura della mia salute, e dopo un po' ho cominciato a soffrire.
Continuavo a viaggiare assieme a tutti gli altri e accumulavo
stanchezza... Ho attraversato delle crisi acute, è vero, ed ecco
perché i quadri di Savage hanno queste tinte così oscure e
forti".
I personaggi di Annie, questa volta più che mai,
mettono i brividi addosso: inclinazioni sadomaso, orgasmi simulati,
desideri sessuali devastanti, inviti all'umiliazione nel corpo e
nello spirito. L'artista fa capolino dietro una figura di cartone,
dietro una stunt-woman nata dalla sua immaginazione. Si nasconde e
si mostra dietro ai sentimenti torbidi messi in bocca alla
protagonista di una sua storia.
"Esattamente", confessa, "E' vero, l'elemento
masochistico è prevalente, ma in una dimensione tutta mentale e non
sessuale. Ma quello che dici è assolutamente giusto. Come autrice
sono arrivata ad un punto in cui posso scrivere qualcosa di
estremamente personale e al tempo stesso renderlo universale.
Mescolo un po' le carte, insomma: non c'è nulla di così dettagliato
e riconoscibile, e l'equilibrio espressivo è davvero delicato,
precario. Se fosse più scopertamente autobiografico, il discorso
sarebbe imbarazzante, mentre un approccio meno specifico potrebbe
risultare troppo generico".
Un'autoanalisi spietata, davvero.
Qualcuno sostiene che l'artista è un malato privilegiato, perché non
c'è miglior cura per i tracolli della psiche che indossare maschere,
parrucche e travestimenti ed essere pagati per farlo. E' la
schizofrenia dell'attore, che sublima l'insoddisfazione di essere se
stesso calandosi nei panni di qualcun altro, e non sa mai veramente
a chi dei due è rivolto l'applauso.
"Ne sono persuasa anch'io, ma mi
interrogo spesso sulla reale portata di una parola come
schizofrenia. Mmmh... tutte le persone hanno potenzialmente molte
facce, molti lati - a prima vista incompatibili - della propria
personalità, e forse un individuo che definiamo schizoide sviluppa i
diversi lati del suo carattere esattamente come una persona
"normale", ma con una velocità e con tempi differenti. Forse in lui
il processo di sentirsi questo e quello è contemporaneo, e per
questo si trova in difficoltà. Non è troppo distante dalla mia,
dalla nostra condizione, è solo un pochino oltre. Certe vite, come
la mia, sono quasi inevitabilmente sospette di fratture psichiche:
spesso provo come la sensazione di entrare in una stanza e sentirmi
una persona, e di passare in una seconda stanza e di sentirmi
tutt'altra persona. Ma non faccio uso di parrucche o travestimenti
per il mio look privato. Cerco piuttosto di adoperarle per esaltare
il senso, l'idea di una canzone. Voglio realizzare delle
comprensibili, chiare identità visuali, senza lasciare nulla al
caso. Trovo positivo che un performer possa avere l'opportunità di
battere queste piste: l'attore che si incarna in molti personaggi è
capace di arricchire la propria vita, di saperne di più su se stesso
grazie al proprio lavoro. Io non mi devo identificare con altre
personalità, siamo io e Dave che inventiamo le nostre canzoni
e non devo fingere di essere qualcun altro. Se vuoi, sono la
sceneggiatrice delle mie storie, per questo non devo far nessuno
sforzo per immedesimarmi nel personaggio. La cosa eccitante è che
gli Eurythmics sono progrediti tale che non c'è quasi più alcuna
distanza tra l'idea e il risultato finale. Sappiamo come rendere
chiaro, artisticamente, quello che ci frulla per la testa".
Un viso impegnativo, quello di Annie,
la donna che visse mille e una volta. Ce ne siamo innamorati
perdutamente con i close-up pastellati del video di The Miracle Of
Love, l'abbiamo ritrovata calco cadaverico, del tutto
immacolato, nel finale di Brand New Day, il documentario (non
perfettamente riuscito, in verità), che Amos Gitai ha filmato
durante il soggiorno giapponese del tour Eurythmics. Abbiamo
combattuto al suo fianco in Revolution, l'attendiamo in una
commedia dell'assurdo, tratta da Pinter, prossimamente sugli
schermi. Ma la who' s that girl originale ha trovato il suo
ruolo più angosciante nella casalinga ribelle, che pretende di
trasformarsi in un sex-symbol grottesco e folle nel video-concept
del trittico Beethoven / I Need A Man / Shame,
storia di una follia domestica a puntate.
"Penso che questa della casalinga annoiata e
depressa sia un'immagine che possa disturbare qualcuno, ma è un
fatto che questa categoria di donna sia vittima di una serie di
circostanze per cui, ad esempio, debba sentirsi in colpa quando cura
il proprio aspetto o capisce di dover addormentare la propria
sensualità. Ci sono due soli modi in cui la donna può mostrarsi: uno
è quella sorta di definitivo oggetto sessuale che alla fin fine si
trasforma in una specie di parodia umana, quasi una squallida
bambola gonfiabile. L'altro è la donna vittima, frustrata, costretta
a pensare e ad agire in modo quieto, semplice e trasparente. Nel
video di Beethoven queste due tipologie di donna coesistono
nel mio personaggio. Beethoven non è una canzone, quanto
piuttosto un dialogo interiore, e io e Dave abbiamo pensato
che il ruolo di questa figura non dovesse essere quello di una
segretaria d'azienda o di una cameriera quanto piuttosto di una
donna di casa, con la sua vita monotona, con le faccende in cucina e
a letto che si ripetono sempre uguali, le pareti che sembrano
stritolarti, l'odio che provi a ritrovare i mobili sempre allo
stesso posto, beffardi, e gli oggetti che avanzano verso di te come
nemici. Alla fine non puoi far altro che sentirti claustrofobica,
provare invidia per le altre, che sono "libere", progettare il
tradimento, la fuga dalla trappola. E' una donna a pezzi che vola
via dalla gabbia".
Per commettere un sexcrime, per caso?
In un gioco di colpevoli perversioni, quale potrebbe essere il
più infamante crimine basato sulla seduzione? Nell'album c'è un
brano, Wide Eyed Girl, in cui una ragazzina maliziosa accende
le passioni dei giovani romani, che la corteggiano per strada...
"Sì", ride Annie, "è una canzone
basata sulla storia di una bella bionda e dei maschi italiani.
No, non sono io. E' divertente che tu pensi questo, ma io sono
troppo vecchia per quella parte. E' una adolescente che ho
incontrato, molto provocante, ma ancora abbastanza immatura per
capire che il risultato di un adescamento sessuale può essere, alla
fine, una grande infelicità. E, così, osservandola, l'ho fatta
diventare una "wide eyed girl", una fanciulla innocente e credulona
così piena di vita che... Tu puoi dirmelo perché ne avrai
incontrate, di queste maliarde che cominciano molto presto a
spezzare cuori, così quasi per gioco, senza rendersi conto che prima
o poi il boomerang le colpirà. Infatti le ritrovi a trent'anni che
vivono troppe relazioni e sono fottute, nevrotiche, e non gestiscono
più i propri sentimenti, non sanno quel che accade loro. Così la
"wide eyed girl" è colta nel momento della vita in cui sboccia la
malizia, la sessualità e tutto sembra così dolce, giocoso,
rassicurante, come in un innocuo divertimento. E mi sono chiesta:
qual è il paese in cui gli uomini riescono meglio a dimostrare il
loro desiderio d'amore, ad essere galanti e audaci? E ho capito che
non poteva essere altro che l'Italia! Tutte quelle storielle a
proposito delle biondine che non possono uscire per strada perché i
ragazzi diventano matti... Quando ero in Italia adoravo scrutare
questa gente così passionale e forte. E' davvero molto bello, questo
tipo di atteggiamento. Così ho ideato uno scenario per le strade di
Roma, con gli uomini che vanno fuori di testa e fanno a gara per
invitare a casa la mia protagonista. Ma non era una critica rivolta
agli amanti latini, no. Solo uno sketch. Ci puoi vedere Fellini,
Bertolucci, se ti va... Quanto ai sexcrimes, non so.
Ne commettono di tutte le specie, ogni giorno. Non ho un catalogo
per il più grave e il più veniale. La condizione umana è così
precaria che nessuno può davvero arrogarsi il diritto di sentirsi il
giudice. Siamo tutti criminali allo stato di potenza. Quando penso a
cose come la pena di morte, mi chiedo se sia giusto che alcuni
possano decidere della fine di altri. Viviamo in un'epoca in cui la
guerra è accettabile, in un certo senso, mentre il semplice
assassinio è considerato un peccato orribile. Per me è la guerra il
più grave crimine perché... un uomo che uccide in nome del proprio
Paese è considerato un giusto, mentre chi commette un delitto perché
è psichicamente instabile non lo è. Non sto cercando di giustificare
nessuno, ma è veramente ardua questa generalizzazione a proposito
del crimine. I bambini, ad esempio, un giorno saranno adulti, e
questi non sono mai stati capaci di risolvere i problemi
dell'infanzia. E' un ciclo eterno, perché i genitori maltrattano i
figli e costoro, da grandi diventeranno vittime, o prevaricatori a
loro volta".
Una conclusione sinistra, agghiacciante,
ma perfettamente adeguata al mood torbido di Savage,
con una sola canzone che sembra possedere una obliqua dimensione
etica. Quella Shame dove Annie Lennox punta l'indice
accusatore verso una società che gira come una giostra pazza via dal
suo centro, da una qualche stabilità ideologica, verso una futilità
assoluta.
"E' vero, in un certo senso. La sua
moralità è nel feeling nostalgico nei confronti di un'Epoca dell'Oro
dei nostri tempi: gli anni Sessanta, ancora una volta. Per un
momento forse irripetibile, la cultura giovanile aveva trovato una
sua unità, in termini di idealismo, e ogni nuova soluzione appariva
a portata di mano: l'idealismo, l'amore libero, una società senza
schemi. Tutti guardavano ai musicisti come a dei leader d'opinione,
a delle guide di un movimento senza più vincoli con il passato. Ora,
al punto in cui siamo, si è imposta una nuova generazione, molto più
cinica, che gestisce un mercato musicale interessato più al
riscontro immediato che non ai contenuti. Vogliono la fama, la
gloria, il successo, e mentre vanno alla caccia di simili illusioni
non sono affatto preparati per inventare qualcosa di valido. Si
lasciano incantare da un glamour superficiale che è null'altro che
carta igienica. Non mi sento moralista nell'affermarlo, ma non posso
fare a meno di constatare quanto tragico sia tutto questo spreco di
energie. E' come se dicessi: guardate, ecco una generazione di cui
ci dobbiamo vergognare. Hanno capitalizzato sul nulla, hanno
preparato un crollo culturale, economico, sociale. E' come se
dormissimo su una frattura della terra, su una faglia in procinto di
scuotersi. Dobbiamo nasconderci, celare la nostra natura più intima,
soffocare persino la nostra... tensione spirituale. Ricordi il video
di There Must Be An Angel? Molta gente mi ha chiesto: non si
capisce se ci credi sul serio o se vuoi semplicemente fare
dell'ironia. Ed era entrambe le cose: non è più possibile assumere
un punto di vista chiaro, decifrabile. Non ci è più consentito
essere intelligenti e sentimentali al tempo stesso: il mondo non
capisce questo tipo di linguaggio. Può sopravvivere, ma non ha più
alcun impatto, non ha potere. E' il motivo per cui l'alternativa
hippy è pian piano scomparsa: alla fine era diventata inutile, quasi
ridicola, una parodia di se stessa. E gli Eurythmics operano allora
a più livelli, alla ricerca della purezza e del paradosso, del
pathos e dell'ironia. Così ognuno potrà trovare quel che gli serve".
Appassionata e imperturbabile, tranquilla e furente,
Annie graffia e balza indietro come una gatta spaventata da un
estraneo che tenti di penetrare nel suo territorio. E' il difficile
contrasto che fa di lei una persona e un'artista "sulla corda"
"Infatti non riesco a capire come molti possano
accontentarsi di una vita interiore dannatamente blanda e insipida.
Un lavoro normale, un'esistenza di routine, rinunciare a crescere.
Ogni giorno deve essere una scoperta, una nuova nudità di fronte
alle cose. Non so che farmene di sensazioni, cosiddette normali".
Una sera, sul palco di Roma, Annie si
scoprì, per un lungo interminabile attimo, davvero vulnerabile.
Stava intonando proprio Who' s That Girl quando qualcuno
gettò ai suoi piedi forse una rosa, forse altro, tributandole
comunque un omaggio. Lei udì la sua voce incrinarsi nel sottile
timore che una figura nel buio le avesse lanciato contro qualcosa
per colpirla, e farle del male.
"Fu un attimo di splendida tensione. Devi capirmi,
quando sono in scena sono un bersaglio fisico, ed è davvero molto
pericoloso affrontare il buio, lì sopra. E non sono la persona più
forte e sicura del mondo, non trovi? Oh, ma ho il mio equilibrio, e
non mi farò più cogliere alla sprovvista. Non accadrà più che la
candid camera mi colga di sorpresa. Non voglio diventare una scatola
di cornflakes da consumare. Tutti vorrebbero un pezzo di Annie
Lennox: una fetta a quello, una a quell'altro. Ma io sono felice di
appartenere a me stessa, di essere la proprietaria delle diverse
donne che coabitano in me".
Col colpo di prestigio di un sorriso insolente,
Annie richiude le sue scatole cinesi. Fuori, l'aria mite
della sera di Parigi vibra di nuovi, struggenti profumi. Un grassone
insegue il suo cappello rotolato in terra. Dietro l'angolo. Dove c'è
un'altra città.
4 APRILE 2009 - Seconda e ultima parte
|
|