Leo
Ferrè,
65 anni, caposcuola fra gli chansonniers
francesi del
dopoguerra, anarchico, leader musicale del Maggio francese. Di Leo Ferrè si torna a
parlare con insistenza, discussioni e polemiche richiamano su di
lui l'attenzione del grosso pubblico. Non che il cantautore
francese sia
mai scomparso dalla scena, di ammiratori fedeli ne ha sempre
avuti anche in Italia, forse non sono state legioni, ma tutti
molto qualificati, è sempre piaciuto infatti agli intellettuali,
sia come compositore che
come poeta.
Lo hanno amato i giovani contestatori del Sessantotto che
lo ricordano nelle piazze tra le barricate parigine nella
stagione del Maggio. Sua è la canzone Les
Anarchistes (Gli
Anarchici) che divenne l'inno ufficiale della rivolta
studentesca. Ma anche il grosso pubblico, soprattutto i
giovanissimi, avvertono il fascino delle musiche e dei testi di
Leo Ferrè. I giovani, è stato scritto, si ritrovano nella
corrente anarchica di Leo, nella sua ribellione
a tutte le forme di potere,
nel suo grande bisogno di libertà e amore.
Leo Ferrè vive da dodici anni in Italia, a Castellina
in Chianti,
in un casale isolato, circondato da macchie di verde, da uliveti
e da vigne curate come giardini. Adesso intorno a Leo Ferrè c'è
un clima semplice e raffinato allo stesso tempo: il casale
rustico di pietra viva, i mobili antichi, il grande camino, la
cantina strapiena di buon vino Chianti Galletto Nero. Accanto
alla casa c'è un locale enorme, ovattato, a prova di suono, è il laboratorio-studio:
pianoforte, registratori, magnetofoni, altoparlanti,
televisione, videocassette, tanti libri di poesia e di
filosofia: tutto quello che è necessario a un musicista, compositore, cantante.
Abbiamo incontrato Leo Ferrè, ecco cosa ci ha detto...
In Toscana
ho trovato la serenità per formarmi una famiglia.
La solitudine non
è uguale per tutti. Per l'artista è la pagina bianca.
Io sono "solitarissimo".
Ero stanco di Parigi.
Sono arrivato in Italia, non ero mai stato in Toscana. Abbiamo trovato una casa in affitto a San
Casciano e ci
siamo stati per due anni, poi abbiamo trovato questa casa a Castellina
in Chianti. Ma voglio andare via anche da qui, non voglio
conoscere la casa e la camera dove io dovrò un giorno morire.
Ho cantato a Saint-Germain-des-Prés perché
era lì che si cantava. C'era Sartre,
si son dette tante cose su di lui... Era un filosofo
fantastico, a momenti molto tenero, comprensibile, altre volte
nessuno capiva nulla, lavorava e scriveva per i suoi compagni
e nemmeno loro lo capivano. La Gréco frequentava
il bar, poi un giorno si è messa a cantare, e poi dicono ci
fosse Prévert,
ma non veniva mai. Insomma, era solo un posto alla moda, ecco
perché lavoravo a Saint-Germain-des-Prés.
Non bisogna raccontare troppe storie letterarie, intellettuali
su quel quartiere.
Quali sono stati i miei successi? Quando
si parla di successi più che altro si parla di successi
americani, no? In lingua americana, che è una lingua che va
benissimo con la musica. Quest'estate mi han detto che sarebbe
venuto Bob Dylan in
Francia per tre concerti e hanno subito parlato di tournée
storica! Lui viene, canta in inglese, nessuno capisce nulla e
fa un pienone. Se io vado in America, se non c'è qualcuno che
traduce le canzoni, mi mandano a cantare per la strada. Capisci?
Comunque non ho tanti successi, uno è Paris
Canaille.
Spesso sono stato disoccupato e la vita per me era
difficile, normalmente
difficile. Ma un artista che
vuole vivere dei suoi scritti,
della sua musica,
delle sue canzoni,
deve farsi conoscere a poco a poco. Non come adesso che
prendono uno e lo fanno arrivare al successo in un mese,
dicendo: "Guarda quello lì, ha venduto trecentomila ellepi", che
poi magari non è neanche vero. E poi? Sparisce... Non si fa un artista in
un mese, si fa in trent'anni, e ancora... Il mio momento di
maggiore successo è stato dopo il Sessantotto,
quando i giovani sono venuti in teatro a sentirmi, per le
canzoni, prima non venivano.
E oggi, altri che fanno il mio mestiere, vedono invecchiare il
pubblico insieme a loro.
A me succede il contrario, sempre più giovani dai sedici ai
ventidue anni, esattamente dal Sessantotto.
Il Sessantotto è
stato un evento fantastico (l'ho detto a un giornalista in
Francia che mi ha risposto: "Tu sei matto!"). Ho detto che è
stato più importante della Rivoluzione del 1789,
e penso che sia vero. Come diceva il poeta Rimbaud:
"L'immaginazione al potere!". E se tu mi trovi l'immaginazione
al potere, chiamami subito, al telefono, io arrivo!
La libertà è nella testa! L'idea più forte di libertà ce
l'ha il prigioniero.
Hanno ragione a dire che sono anarchico,
ma la gente non sa che cosa è anarchia,
di solito si pensa alle bombe e ai bordelli... Non è vero,
l'anarchia è la negazione
dell'autorità da
qualsiasi parte venga. E' un sentimento altrettanto perfetto,
umano, come l'amore.
Anarchia è
anche la solitudine.
L'amore mi
tiene in piedi. Dritto. Guardo i miei
bambini e penso
che non voglio essere il classico padre,
con autorità.
E non sono neanche il loro nonno. Io potrei avere un figlio di
quarant'anni e se venisse qui in casa e mi trovasse con i miei
bambini (Manuela ha tre anni) sarei in difficoltà, sarei
vecchio, e io non sono vecchio. Quando parlano di me in Francia
dicono: "Ah, quel vecchio!".
Io non sono vecchio. Conosco
dei vecchi di venticinque anni e anche di ven ti.
PAGINA RIPRISTINATA IL 7.11.2016
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