Leo Ferrè

Special RAI 1981 * Testo (selezione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leo Ferrè, 65 anni, caposcuola fra gli chansonniers francesi del dopoguerra, anarchico, leader musicale del Maggio francese. Di Leo Ferrè si torna a parlare con insistenza, discussioni e polemiche richiamano su di lui l'attenzione del grosso pubblico. Non che il cantautore francese sia mai scomparso dalla scena, di ammiratori fedeli ne ha sempre avuti anche in Italia, forse non sono state legioni, ma tutti molto qualificati, è sempre piaciuto infatti agli intellettuali, sia come compositore che come poeta. Lo hanno amato i giovani contestatori del Sessantotto che lo ricordano nelle piazze tra le barricate parigine nella stagione del Maggio. Sua è la canzone Les Anarchistes (Gli Anarchici) che divenne l'inno ufficiale della rivolta studentesca. Ma anche il grosso pubblico, soprattutto i giovanissimi, avvertono il fascino delle musiche e dei testi di Leo Ferrè. I giovani, è stato scritto, si ritrovano nella corrente anarchica di Leo, nella sua ribellione a tutte le forme di potere, nel suo grande bisogno di libertà e amore. Leo Ferrè vive da dodici anni in Italia, a Castellina in Chianti, in un casale isolato, circondato da macchie di verde, da uliveti e da vigne curate come giardini. Adesso intorno a Leo Ferrè c'è un clima semplice e raffinato allo stesso tempo: il casale rustico di pietra viva, i mobili antichi, il grande camino, la cantina strapiena di buon vino Chianti Galletto Nero. Accanto alla casa c'è un locale enorme, ovattato, a prova di suono, è il laboratorio-studio: pianoforte, registratori, magnetofoni, altoparlanti, televisione, videocassette, tanti libri di poesia e di filosofia: tutto quello che è necessario a un musicista, compositore, cantante.

 

Abbiamo incontrato Leo Ferrè, ecco cosa ci ha detto...

 

In Toscana ho trovato la serenità per formarmi una famiglia.

La solitudine non è uguale per tutti. Per l'artista è la pagina bianca. Io sono "solitarissimo".

Ero stanco di Parigi. Sono arrivato in Italia, non ero mai stato in Toscana. Abbiamo trovato una casa in affitto a San Casciano e ci siamo stati  per due anni, poi abbiamo trovato questa casa a Castellina in Chianti. Ma voglio andare via anche da qui, non voglio conoscere la casa e la camera dove io dovrò un giorno morire.

Ho cantato a Saint-Germain-des-Prés perché era lì che si cantava. C'era Sartre, si son dette tante cose su di lui... Era un filosofo fantastico, a momenti molto tenero, comprensibile, altre volte nessuno capiva nulla, lavorava e scriveva per i suoi compagni e nemmeno loro lo capivano. La Gréco frequentava il bar, poi un giorno si è messa a cantare, e poi dicono ci fosse Prévert, ma non veniva mai. Insomma, era solo un posto alla moda, ecco perché lavoravo a Saint-Germain-des-Prés. Non bisogna raccontare troppe storie letterarie, intellettuali su quel quartiere. Quali sono stati i miei successi? Quando si parla di successi più che altro si parla di successi americani, no? In lingua americana, che è una lingua che va benissimo con la musica. Quest'estate mi han detto che sarebbe venuto Bob Dylan in Francia per tre concerti e hanno subito parlato di tournée storica! Lui viene, canta in inglese, nessuno capisce nulla e fa un pienone. Se io vado in America, se non c'è qualcuno che traduce le canzoni, mi mandano a cantare per la strada. Capisci? Comunque non ho tanti successi, uno è Paris Canaille. Spesso sono stato disoccupato e la vita per me era difficile, normalmente difficile. Ma un artista che vuole vivere dei suoi scritti, della sua musica, delle sue canzoni, deve farsi conoscere a poco a poco. Non come adesso che prendono uno e lo fanno arrivare al successo in un mese, dicendo: "Guarda quello lì, ha venduto trecentomila ellepi", che poi magari non è neanche vero. E poi?  Sparisce... Non si fa un artista in un mese, si fa in trent'anni, e ancora... Il mio momento di maggiore successo è stato dopo il Sessantotto, quando i giovani sono venuti in teatro a sentirmi, per le canzoni, prima non venivano.

E oggi, altri che fanno il mio mestiere, vedono invecchiare il pubblico insieme a loro.

A me succede il contrario, sempre più giovani dai sedici ai ventidue anni, esattamente dal Sessantotto.

Il Sessantotto è stato un evento fantastico (l'ho detto a un giornalista in Francia che mi ha risposto: "Tu sei matto!"). Ho detto che è stato più importante della Rivoluzione del 1789, e penso che sia vero. Come diceva il poeta Rimbaud: "L'immaginazione al potere!". E se tu mi trovi l'immaginazione al potere, chiamami subito, al telefono, io arrivo!

La libertà è nella testa! L'idea più forte di libertà ce l'ha il prigioniero.

Hanno ragione a dire che sono anarchico, ma la gente non sa che cosa è anarchia, di solito si pensa alle bombe e ai bordelli... Non è vero, l'anarchia è la negazione dell'autorità da qualsiasi parte venga. E' un sentimento altrettanto perfetto, umano, come l'amore.

Anarchia è anche la solitudine.

L'amore mi tiene in piedi. Dritto. Guardo i miei bambini e penso che non voglio essere il classico padre, con autorità. E non sono neanche il loro nonno. Io potrei avere un figlio di quarant'anni e se venisse qui in casa e mi trovasse con i miei bambini (Manuela ha tre anni) sarei in difficoltà, sarei vecchio, e io non sono vecchio. Quando parlano di me in Francia dicono: "Ah, quel vecchio!".

Io non sono vecchio. Conosco dei vecchi di venticinque anni e anche di venti.

 

 

PAGINA RIPRISTINATA IL 7.11.2016