Tra gli artisti presenti nella mia
collezione di dischi, Mia Martini occupa da sempre un
posto speciale. Oltre ad apprezzarla per il suo indiscutibile
talento, Mimì è uno di quei pochi personaggi che sono
stati e continuano ad essere per me oggetto di una passione
costante nel tempo. Di lei, porto dentro un'immagine lunare,
nitida e splendente. Ricordo ancora oggi con grande emozione i
fantastici concerti a cui ho assistito (soprattutto negli anni
Settanta) in giro per l'Italia, alcuni nella mia
provincia, altri in Romagna in locali storici come
L'Altro Mondo di Rimini o il Geo di San
Mauro Mare. Mia Martini dal vivo, oltre all'originalità
del suo estro interpretativo, sfoggiava una voce potentissima,
chiara e cristallina, capace di raggiungere note impossibili.
Per contro, aveva un approccio timido e riservato con il
pubblico e difficilmente si muoveva dall'asta del microfono su
cui appoggiava sicura le mani ricche di vistosi anelli. Una
vera Gipsy Queen che appariva dal buio delle quinte coi
suoi vestiti d'antan e i capelli neri lunghissimi distesi
su scialli di seta a fiori. Accompagnata dal luccichio di
infiniti bracciali e collane a cui difficilmente rinunciava,
subito convinceva e conquistava tutti con la sua voce
inconfondibile, intonando Agapimu al ritmo di uno
scintillante tamburello. Il canto si liberava potente e
sicuro, rimbalzando sulle pareti della discoteca illuminata da
mille fasci di luce colorata. Quelle indimenticabili canzoni,
sgranate una dopo l'altra come dalla corona di un prezioso
rosario, tra un timido sorriso e un "grazie", intrigavano i
cuori sognanti di un pubblico assorto ed intimamente
entusiasta. Seduti ai piedi della pedana eravamo quasi tutti
ragazzi non ancora maggiorenni, capaci di fare decine di
chilometri in autostop pur di raggiungere le località
più famose della riviera Tirrenica e/o Adriatica
che in quegli anni vivevano il loro momento di massimo
splendore. Ecco, Mimì l'ho "vissuta" soprattutto
nelle sane atmosfere di quelle irripetibili stagioni, che
seppur cariche di contraddizioni e di lati oscuri, rimangono
lontane anni luce da certe "miserie" della nostra storia più
recente. Negli anni a seguire il suo percorso umano
e artistico non è stato sempre facile; tutti ormai conoscono
(anche se in maniera spesso distorta) la sua storia. Ma il
clamoroso ritorno al Festival di Sanremo del
1989 e il successo ritrovato, sembravano avere in parte
riscattato le sofferenze di quel periodo buio. Poi è successo
quello che tutti sappiamo. Al di là di qualsiasi congettura
sono convinto che non esista alcun motivo al mondo in grado di
spiegare o giustificare una morte prematura e inaspettata.
Anche se la sua carriera non è stata breve (avendo iniziato
giovanissima), da quel maledetto 12 maggio 1995 ad oggi
abbiamo perso con lei anche la sua musica. Chissà quante belle
canzoni, quante emozioni avrebbe potuto ancora riservarci...
Chissà cosa sarebbe andata a scovare pur di rinnovare la sua
grande passione, lei che i generi musicali li aveva amati e
frequentati tutti. Voglio ricordarla così, con il rispetto che
merita e con l'immutato affetto sbocciato proprio in quegli
anni. Anni intensi, disegnati a tinte forti, splendidi e
autentici, anche se a volte molto difficili, proprio come la
storia della sua vita.
Rosario Bono
VIAREGGIO 1971: Nella pineta di Lago
Mare, tra il 27 maggio e il 2 giugno, calano tutte
le migliori band emergenti d'Italia. Nell'orda di maschi
lungocriniti spiccano due sole donne. Tsabò, una
cantautrice francese di origini ungheresi, e Mimì
scortata da regolare complesso a cui Alberigo
Crocetta ha già cambiato nome. Non più i Posteri,
ma La Macchina (che nell'assetto definitivo
risorgerà sulle ceneri dei Cyan Three di
Patty Pravo), perché le emme, a questo punto, devono
diventare tre. A Viareggio arrivano anche i Trip,
campioni rampanti del rock progressivo. Il loro leader,
un portento di tastierista di nome Joe Vescovi, è
il primo amore pubblico di Mia Martini.
Parlandone a chiunque in termini sognanti, Mimì
gli riconosce il merito di averla riscattata dal rock
psichedelico e di averle mostrato la via per i lidi
metafisici di Bach e Mozart. Ha
lunghissimi capelli biondi e lisci, Vescovi, e
una buona somiglianza con certe icone cristologiche.
Lei, alla faccia della calura di quei giorni, è
inguainata in gonne zingaresche, scialli viola e
bombetta, con l'aggiunta di un make-up ispirato al
Malcolm McDowell del capolavoro kubrickiano
Arancia meccanica. Un look della cui invenzione,
anni dopo, Loredana vanterà l'esclusiva: "Quando
Mimì se ne andava in giro con quegli abiti lunghi, ero
io a disegnarglieli. Al suo passare, c'era sempre
qualcuno che le diceva: "Arriva la matta"".Un giornale di Livorno presenta Mimì e
Joe
mano nella mano, mentre sfilano lungo i viali della
tendopoli pop. La didascalia li spaccia come "il simbolo
delle coppie hippy". Intanto nei dintorni si aggirano
anche i Delirium di Ivano Fossati. Mimì e Ivano si
sfiorano così per la prima volta, senza nemmeno
accorgersene. La seconda volta capiterà due mesi dopo,
al Festival Pop di Palermo, di cui Canto di Osanna dei
Delirium diventerà subito l'inno. La pineta, invasa da una marea di giovani,
è uno spettacolo. "Sette giorni di musica e mangiare
gratis", titolano i manifesti, ma a dire il vero non si
vede neanche l'ombra di un panino. La sera della finale,
il pubblico tramortito da ore e ore di suite e
involuzioni prog, insorge poco prima della premiazione,
quando un giornalista rivela a Vescovi che i
Trip sono fuori dalla triade dei vincitori, nella
quale, invece, c'è Mimì. Sul palco è Eddy
Ponti a fare da presentatore: "Nel bel mezzo della
serata, quando chiamai i Trip sul palco, Joe
prese il microfono e, al grido di "Ci hanno presi tutti
per il culo!", si rivolse al pubblico con voce tonante,
velata di amarezza". E' il caos e sul palco piove di
tutto, sabbia, terra, lattine vuote. La baraonda si
placa come per miracolo solo quando i Trip,
riagguantati i loro strumenti, attaccano Ode a Jimi
Hendrix, un rimpiattino di ritmi violenti e di molli
abbandoni, dedicato al celebre chitarrista statunitense
scomparso da neppure un anno. Per Mimì la
sfuriata di Vescovi arriva come una doccia
fredda, ma, anni dopo, la ricorderà con fragorose
risate: "Rivedo la scena, piuttosto comica, del critico
Giovetti che, colpito dalla sassaiola, riesce a
scappare con la sedia ancora attaccata al sedere. Quando
l'ambaradan cessò, Joe mi venne incontro come se
nulla fosse accaduto e mi disse: "Amore, sai, non era
per te. Era una questione di principio"". Mimì
abbozza e risale in scena da regina assieme agli
Osanna e alla Premiata Forneria Marconi,
epici trionfatori di quel primo agone di avanguardia e
anarchia musicale. La storia con Vescovi si
esaurisce pochi mesi dopo.
L'ULTIMA OCCASIONE PER VIVERE -
Menico Caroli / Guido Harari - TEA (2009)
Mia
Martini è stata una delle cantanti che ho stimato
di più, aveva carattere, ma nello stesso tempo era
fragile, era una professionista serissima, non ha mai
avuto bisogno di grandi insegnamenti, la sua era una
voce eccezionale. Ma ha avuto una vita contrastata, per
lunghi anni la sfortuna si è accanita contro di lei e
non per sua colpa. Non sta a me qui dire il perché. Ha
avuto la sua grande rivincita con Almeno tu
nell'universo a Sanremo 1989 e invitarla fu
un merito di Adriano Aragozzini. Anni dopo,
quando ero consigliere di amministrazione alla
Fonit-Cetra, andai a trovarla a casa. Era il '92, e
lei in quel periodo abitava, come soluzione temporanea,
in un appartamento modesto che, a sua detta, le aveva
prestato il suo parrucchiere. La cosa mi stupì molto e
ancor di più mi colpì che avesse delle difficoltà
economiche. Anche se me lo disse come un po' scherzando.
Chiacchierammo a lungo, quella volta. Era sempre la
donna sensibile e intelligente che avevo conosciuto,
un'artista con la quale era molto piacevole, e anche
divertente, parlare, ma la trovai molto più stanca. Mi
sembrò disillusa, pur serbando quella forza che avevo
sempre riconosciuto in lei, ma ho comunque un ricordo
doloroso di questo nostro ultimo incontro alla luce del
suo gesto finale.
PENSO CHE UN "MONDO" COSI' NON RITORNI
MAI PIU' - Mimma Gaspari
BALDINI CASTOLDI DALAI
EDITORE (2009)
La morte di Mimì è stata straziante. Era andata a vivere in
un appartamentino per stare vicino al padre. Purtroppo
Mimì, che era un'artista straordinaria, non si è
mai curata. Prendeva una quantità smodata di medicine
che le facevano male. Non andava mai dal dottore. La
sera che è morta era in cuffia, ascoltava musica, e il
suo braccio era allungato verso il telefono, ma non ha
fatto in tempo a chiedere aiuto. Dicono sia morta di un
collasso cardiocircolatorio. Essendo stata io una grande
depressa, riconosco al volo i depressi. Un giorno ero
dal parrucchiere e sento Mimì che mi chiama. Alzo
gli occhi e mi si stringe il cuore. Aveva un viso
sconvolto, pieno di foruncoli, si vedeva che stava male.
Ho avvertito la sua migliore amica che mi ha detto che
Mimì non era mai stata così bene. Le ho risposto:
"Allora è molto brava a fingere". Io non vado mai ai
funerali, ma a quello di Mimì sono andata per
sostenere Alba che non stava in piedi dal dolore.
E' stata una cosa orribile: intorno alla salma di
Mimì le urla di Loredana contro la
madre e il padre. Una scena terribile alla quale
assistere. Io trovavo
Mimì straordinaria. La sua vita è stata rovinata
quando è iniziata a serpeggiare la voce che lei portasse
sfiga. Ho sempre litigato con tutti quelli che la
diffondevano. Persino Bardotti era uno di questi.
E io: "Guarda che se pensi così, noi non possiamo più
lavorare insieme". La calunnia non è un venticello, può
distruggere una vita. E a lei l'hanno distrutta. Si
racconta che una volta Mimì entrò nel camerino di
Patty Pravo e lei ha urlato: "Oddio! Iella Kid!".
Mimì non ha cantato per anni, ha cambiato voce ed
è rinata con la sua straordinaria interpretazione di
Almeno tu nell'universo.
UNA
BELLISSIMA RAGAZZA - Ornella Vanoni - MONDADORI (2011)
Mimì... non ho
dubbi: era la più brava di tutte. All'inizio della
nostra collaborazione, l'ho trovata molto guardinga,
perché era stata una persona molto ferita in un modo
profondo. Aveva difficoltà a fidarsi, ma l'aspetto più
sconvolgente è che aveva difficoltà a trovare persone
che volessero lavorare con lei, per quella nomea che
c'era. Già dieci o quindici anni prima lo dicevano. Ed è
anche per questo assurdo motivo che le vendite dei suoi
dischi erano calate così tanto. Certe voci possono
creare un indotto negativo di portata incalcolabile,
apocalittica, ma mai e poi mai avrei immaginato che
potessero diventare così diffuse e dilanianti. La gente
fu di una perfidia atomica con lei. Alcuni avevano
persino cominciato a dire che portavo sfiga anch'io,
visto che lavoravo con lei. Sembra impossibile, ma
Luca Barbarossa un giorno mi aveva riferito questa
idiozia per mettermi in guardia. Inutile dire che Luca
non ci credeva, visto che il primo disco che avevamo
fatto insieme (Roma spogliata) era andato sparato
al numero uno in classifica. Comunque, in relazione a
quella calunnia, all'epoca dovetti addirittura
minacciare di querelare per diffamazione un artista
allora piuttosto conosciuto (oggi un po' meno). Mi è
toccato discutere più di una volta con diversi giornali,
per cercare di smantellare quella maldicenza così
infamante, così distruttiva e nello stesso tempo così
stupida e così radicata. Con il solo risultato che le
mie facoltà di comprendere l'intelligenza altrui -
davanti a una simile prova d'idiozia - vacillavano
sempre di più. Mi ricordo che un giorno Mimì mi
disse: "Shel, non puoi avere assolutamente idea di cosa
provi io quando entro in una stanza e con la coda
dell'occhio vedo che la gente si tocca". Però quello era
e quello rimaneva. Io e lei abbiamo affrontato
l'argomento due o tre volte. Le dicevo che secondo me
non doveva avere paura di parlarne, che doveva tirare
fuori la cosa pubblicamente, mettere la gente davanti
alle proprie responsabilità. Ma lei non se la sentiva.
Allora ho cercato di farlo io al posto suo, ogni tanto.
Per Mimì ho combattuto, ma ho combattuto davvero,
assieme a Roberto Galanti, lui sicuramente ancor
più di me: non potevamo credere che avessero messo in
giro una voce così stupida e così tremenda; per di più
lei era già in difficoltà per conto suo perché la sua
storia d'amore stava andando a puttane. Era insomma in
un momento drammatico e stava colando a picco. Sembrava
una donna forte, Mimì, ma era d'una fragilità
inaudita.
IO SONO IMMORTALE - Shel Shapiro -
MONDADORI (2010)
Mia Martini parla dell'album
Mimì: "I miei testi non sono niente di
intellettuale, sono molto semplici, con parole
abbastanza musicali. L’importante è non dire cose
stupide, avere il limite del buon gusto. Finora tutti
hanno considerato la mia voce e basta, ero un’interprete
delle cose che altri scrivevano, c’era partecipazione
vocale, ma non di testa, di cuore, di sangue. Ho capito
che essere cantanti di se stessi è un’altra cosa, molto
più interessante e completa: dar vita e forma giorno
dopo giorno a una propria idea è una sensazione sublime,
angosciante e dolce al tempo stesso. Il rapporto con la
musica e le parole di ogni brano è stato vissuto e sofferto
con una grande intensità, ho cantato, ciò che in certi
momenti ho vissuto oppure ho creduto di vivere. Questa
volta non ho solo dato lo "strumento voce" ma tutta me
stessa, cioè non ho solo arredato una cosa ma l’ho
costruita partendo da niente. Un’esperienza che mi ha
fatto finalmente trovare la mia giusta dimensione
d’artista".
LA VOCE DENTRO - Pippo Augliera - EDITRICE ZONA (2011)
Mia Martini aveva una forza nel canto che non ho
trovato in nessun altro interprete. Lei con la voce
riusciva a guidarti. E sembra assurdo, perché il
direttore ero io. L'orchestra non doveva far altro che
accordarsi a lei.
Beppe Vessicchio - I lunatici - RAI |
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