21.8.2008 -
Cinquant’anni fa, il 23 settembre, il debutto. Il primo
concerto dell’allora Mina Georgi (poi, per poco tempo,
diventata Baby Gate), in quel di Rivarolo del Re, a una
manciata di chilometri dalla sua Cremona. Trent’anni fa,
invece, l’ultima apparizione, alla Bussoladomani di
Lido di Camaiore, tendone gemello della famosa Bussola
di Forte dei Marmi di Sergio Bernardini. Dovevano
essere quindici concerti. Un annunciato addio alle scene che
si fermò però il 23 agosto, all’ undicesima serata: una
broncopolmonite virale colpì Mina anticipando quell’addio, di
cui rimane un disco live. Al fianco della Tigre di Cremona,
allora come oggi, c’è il vegliardo compositore e direttore
d’orchestra Gianni Ferrio, atteso a giorni a Lugano per
dare il tocco finale al nuovo disco di Mina.
Maestro Ferrio, sciolga per
una volta il proverbiale riserbo: cosa ci sarà nel nuovo album
di Mina? «Non posso anticipare nulla, devo mantenere il
segreto. Dico soltanto che uscirà in autunno e sarà un lavoro
particolare, un po’ come Plurale, del ’76: ci saranno
tante voci, come solo Mina può fare. Dal 1° settembre sarò a
Lugano per finire il mixage dell’album, inciso con l’Orchestra
Sinfonica della Svizzera Italiana. Come sempre, Mina molti
brani li ha cantati dal vivo con l’orchestra».
Buona la prima, insomma...
«Mina è unica:
eccezionali doti vocali e qualità di timbro. È il massimo che
un compositore possa desiderare. Un pezzo cantato da lei è
sempre una scoperta, ancora adesso che la conosco da
cinquant’anni ».
Cosa ha rappresentato
l’avvento di Mina per la musica italiana? «Un modo nuovo
di cantare e di interpretare. Ha un intuito formidabile nella
scelta dei pezzi, ma soprattutto ha un modo di pronunciare che
dà alle parole un significato speciale. Pensiamo solo al suo
"e sottolineo se" di E se domani ».
Pavarotti affermò che Mina e
i Beatles sono stati il Mozart del 900. E Bocelli dice che gli
resta solo il sogno di duettare con lei...
«Certo. Mina è il massimo per
quanto riguarda la cosiddetta musica leggera, ma non solo: la
colonna sonora dei nostri tempi».
Quando vi siete incontrati la
prima volta? «Ho
conosciuto Mina nel ’59, con Gaber era ospite al
Musichiere: i due urlatori, come si diceva allora,
figuriamoci. Io mi alternavo a Gorni Kramer alla
direzione orchestrale. Poi la chiamai per alcuni film di cui
ho composto le musiche. La ricordo in Appuntamento in
riviera, del ’62, dove cantava la mia Improvvisamente.
È abbiamo lavorato in tivù in tanti varietà».
Con le storiche regie di
Antonello Falqui? «Certo, grande televisione. Ma il primo
show con Mina fu Musica da sera. Ogni puntata aveva un
diverso direttore d’orchestra: Morricone, Luttazzi,
ecc. Nella mia, Mina aveva duettato con il flauto d’oro
Severino Gazzelloni nella Fuga in do minore di
Bach: una cosa straordinaria. Poi abbiamo fatto Teatro
10 con Alberto Lupo e il famoso duetto in
Parole, parole (Ferrio ne è coautore, ndr). In una puntata
ricordo che feci venire dall’Argentina, patria di mia moglie,
l’allora sconosciuto Astor Piazzolla che duettò con
Mina in Moriré en Buenos Aires. L’ultimo varietà
insieme fu Milleluci, con la Carrà, nel ’74».
Ma Mina le ha mai confidato
le ragioni profonde della scelta di dire addio, lasciandoci
solo la sua voce?
«No, mai. Allora, prima del fatidico ’78, veniva spesso a
dormire qui a casa nostra, fuori Roma. Erano i tempi dello
show radiofonico Gran Varietà, dov’era ospite. Partiva
per tornare a Milano o a Lugano sempre di notte. Una volta,
l’ultima, mi telefonò alla 4 di mattina e mi disse: "Sono
arrivata, grazie di tutto". Da allora non l’ho più sentita per
22 anni».
Poi come andò, visto che la
vostra collaborazione è ripresa? «Una mattina di nove anni
fa mi telefonò: "Ciao, sono Mina. Come stai?". E dopo qualche
giorno mi fece chiedere da Massimiliano (il figlio di
Mina e Corrado Pani, ndr) se volevo realizzare con lei
il disco Dalla terra. Di questo lungo silenzio non
abbiamo mai parlato, ma ho capito che lei voleva tagliare con
quel periodo televisivo. E con la voracità dei media e del
pubblico».
Perché, secondo lei?
«Mina è una donna fortissima, ma molto sensibile e in quanto
tale vulnerabile e aggredibile. La capisco profondamente:
anch’io preferisco che di me si ascolti solo la musica. Tutti
e due avevamo un rapporto molto strano con il pubblico. Nel
’72, per dei concerti alla Bussola, avevamo provato per
15 giorni. "Vedi Gianni, io adesso proverei per un altro mese"
mi disse Mina. L’idea di affrontare il pubblico la inquietava.
Come quella di volare: anche per questo disse di no a Frank
Sinatra». L’altra Voice del Novecento.
L'Avvenire -
Massimo Iondini