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Eccola di nuovo - Inconfondibile la voce di Mina

 

di Gino Castaldo

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13 novembre 1984 - Catene (Pdu) Ancora una volta la "voce" parla attraverso il vinile, senza altri segni della sua presenza terrena. Sempre più immateriale, evanescente, l' immagine di Mina esce dal suo impenetrabile esilio, ma solo per riempire quattro facciate di un disco. Cosa fa? Com' è? Esiste davvero? A tutti non resta che porsi strani interrogativi, mentre qualsiasi organizzatore sogna di averla in concerto, qualsiasi programma televisivo di averla come ospite, e ovviamente qualsiasi giornalista di intervistarla. Per capire questa piccola leggenda della musica leggera italiana, non abbiamo altro che dei dischi, ma anche questi talvolta enigmatici. L' ultimo, appena pubblicato, si intitola "Catene", quasi a voler stuzzicare la fantasia del pubblico. Allude a vincoli, costrizioni, legami che Mina non riesce a spezzare? Chissà... I titoli contenuti nell' album non aiutano a svelare l' arcano, a meno che non ci si riferisca a particolari legami sentimentali con alcuni classici della musica internazionale, oppure alle emozioni, tra il rinunciatario e il liberatorio, dei brani nuovi. Il doppio album ripercorre una formula che Mina ha già sperimentato più volte nei suoi ultimi lavori. Come a presentare due facce della sua personalità, ci sono due facciate interamente riempite da vecchie canzoni, e le altre due con quelle nuove. Nella parte classica, ci sono alcune canzoni che tutti, prima o poi, avrebbero voluto ascoltare dalla voce di Mina, e questo sembra il criterio che ha guidato la scelta, una specie di carrellata tra luoghi comuni e superclassici, ognuno appartenente ad un diverso mondo musicale. E' una specie di olimpo della canzone, brani ultrasentiti, dove la grande interprete si diverte o a confrontarsi con precedenti edizioni considerate irraggiungibili, oppure a gettare su di esse nuovi squarci di luce. Si comincia con allegria, sui ritmi brasiliani di Brigitte Bardot, per poi dare subito il primo colpo ai monumenti della canzone, riproponendo addirittura Strangers in the night, con una leggera eleganza che non fa certo rimpiangere l' altra voce per eccellenza, ovvero Frank Sinatra. Poi ancora una pausa con un vecchio successo italiano, La verità, firmato Bardotti-Trovajoli-Pes, e subito un altro confronto con l' olimpo, con le inconfondibili note di Hey Jude, brano corale dell' era Beatles. E, alla fine della prima facciata, un doveroso, sofisticato omaggio a Bruno Martino, con la bellissima Estate, un brano che sta vivendo negli ultimi anni una grande fortuna, una volta entrato dopo la versione di Joao Gilberto, nel mondo degli standard americani. Qui Mina è al massimo della sua sensibilità. Più che cantato, il brano è costruito su tocchi leggeri e sfumati, quasi fosse qualcosa di fragile, da toccare con delicatezza. Un omaggio che continua nell' altra facciata con E la chiamano estate, anche questa firmata da Bruno Martino insieme al "califfo" Franco Califano. E poi Banana boat, Gimme a little sign (vecchio successo anni ' 60 di Brenton Wood), Buona sera, e infine Acqua azzurra, acqua chiara, naturalmente di Mogol-Battisti. Dopo questa antologia sui massimi sistemi della canzone, si può voltare pagina, e arrivare a Mina che canta canzoni nuove. Come al solito sono brani da ascoltare molte volte. Cominciano a prendere forma man mano che scorrono sul giradischi, e su tutti aleggia un' intenzione emotiva, una partecipazione che sembra una risposta a quanti ultimamente parlavano della sua freddezza, del suo tecnicismo vocale. Intensi, forti, addirittura tormentati sono i primi due brani, Comincia tu, sigla di una trasmissione televisiva e sicuramente il pezzo che andrà di più come singolo, e Più di così. Segue una divertente citazione di Scola, Ballando ballando, e poi Rose su rose, una canzone da riscoprire, dopo essere stata la sigla del festival di Sanremo di quest' anno. E poi ancora un Sogno direttamente preso dal Brasile, La nave che dovrebbe portarci lontano, fuori di qui (o dalle catene a cui allude il titolo?), Per di più, allegro e scanzonato brano che ricorda la Mina di qualche anno fa. Chiude La casa del nord ("... come è scura questa stanza da ammazzare... calpestando vecchi dischi da buttare...") che probabilmente sarà il luogo dell' esilio in cui si è rifugiata la più prestigiosa cantante italiana, sempre più brava e sempre più desiderata da un pubblico che non ha mai smesso, che non vuole smettere, di seguirla.

 

La Repubblica