Grandissima signora swing

 

di Gino Castaldo

16 ottobre 1991 - Caterpillar (Pdu) - Fin dalla copertina si intuisce un passo di ironia in più rispetto al passato. Mentre Mina dal suo eremo svizzero produce anno dopo anno altri pezzi del suo grande, interminabile affresco sulla canzone, la curiosità morbosa di certa stampa si sofferma sul cruciale interrogativo che riguarda lo stato della sua presunta grassezza. Ed ecco puntuale la risposta. Ispirandosi ai quadri di Botero, il disegnatore Gianni Ronco ci propone una caricatura di Mina grassa come un pallone, quasi sul punto di scoppiare, affiancata ad un titolo anch' esso esplicativo "Caterpillar". Mina come un bulldozer? Di sicuro è un album che, ironia a parte, mostra tutto il suo spessore, il suo peso specifico. Con ben altra serietà, il disco, tanto per zittire una volta ancora quelli che volessero minimizzare il suo lavoro, si apre con una versione mozzafiato di Stardust, con tanto amore per il jazz e un' assoluta noncuranza dei confronti che si potrebbero fare. Stardust l' hanno cantata più o meno tutti, da Armstrong a Ella Fitzgerald, ma la versione di Mina, come era da aspettarsi, non sfigura affatto, anzi. E questo rinnovato amore per il jazz è un altro tratto dominante del nuovo canonico doppio album, torna in altri remake, e guida molti giochi vocali. Perfino Love me tender diventa una ballad e in ben tre brani, Canto, Doodlin e Legata ad uno scoglio compare addirittura la classica massiccia e travolgente orchestrazione della big band jazzistica, arrangiata per l' occasione da Mario Robbiani, maestro di Massimiliano Pani, che si è assunto con la consueta perizia l' onere di tutti gli altri arrangiamenti. Su queste basi swing la voce di Mina svetta con spaventosa maestria, gioca, improvvisa, inventa. Ma c' è di mezzo anche l' ironia, l' altra chiave dominante di "Caterpillar". Tra i répechages ci sono ben due canzoni di Luttazzi, giusto tributo ad uno dei più spiritosi e originali maestri della canzone italiana. Una in particolare, ovvero Canto, anche se sono stonato è un po' il colmo dell' ironia per quella che da noi è giustamente considerata "la voce", la sublime quasi ultraterrena cantante che da anni lavora con assoluta discrezione, senza proclami e uscite clamorose, al suo ormai gigantesco work in progress che anno dopo anno si arricchisce sempre di più. In questo c' è anche una punta di giustificato snobismo. Mina sembra divertirsi a questo gioco senza fine che assomiglia alle elencazioni letterarie di Perec o alle tendenze enciclopedistiche. Ma soprattutto dimostra di poter cantare veramente di tutto, in questo clima senza spazio e senza tempo che i suoi dischi definiscono in sommo dileggio delle mode e delle miserie della nuova canzone. E conferma questa disponibilità, questa apertura totale anche nella parte dedicata alle canzoni nuove. Su nove brani, ben quattro sono firmati da autori esordienti, di quelli che ogni anno, come si sa, le spediscono pezzi. O meglio a spedirglieli sono tanti, dilettanti o professionisti di vaglia, ma questa volta il gioco è riuscito fino in fondo. Ben quattro sconosciuti, ed è un vero record, hanno avuto quest' anno l' onore insperato di esordire grazie alla voce di Mina, a conferma che la disponibilità ad ascoltare tutto è assolutamente reale. Spicca all' inizio Il corvo, amara e tragica canzone firmata da Marco Luberti (autore di "Bella senz' anima"), seguita da Acquolina, altra stravaganza di questo disco, una canzone giocosa cantata tutta in una specie di infantile falsetto, tecnicamente impensabile ma risolto con la solita abilità. Buona anche Traditore, serissima canzone d' amore firmata dal comico Giorgio Faletti. E poi emergono un paio delle canzoni "nuove", tra cui Lunarità e Il genio del bene, ambedue di ottimo livello. E fioccano anche gli aneddoti. Uno di questi esordienti, contattato telefonicamente perché la sua canzone era stata prescelta, ha ovviamente creduto ad uno scherzo, mandando più volte a quel paese la celebre cantante, prima di accettare l' incredibile verità. Cose che capitano, dalle parti di Lugano dove Mina e il suo staff assolvono ad un compito che la discografia italiana svolge solo con molta fatica. E, per farsi ascoltare da Mina, non serve alcuna raccomandazione.

La Repubblica