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[r e c e n s i r e  v. tr. (ind. pr. recensisco-sci) [sec. XIX; dal latino recensire, esaminare con cura]. Sottoporre a recensione; valutare mediante esame critico] www.sapere.it

 

Fino all'altro ieri questo verbo veniva coniugato esclusivamente dai critici, ovvero da quei giornalisti più o meno famosi, esperti (o presunti tali) che attraverso i media si son sempre divertiti un mondo a sparare le loro sentenze di condanna o di assoluzione. Con l'avvento del web, il verbo recensire viene fortunatamente usato da chiunque abbia tempo e voglia di esprimere un proprio parere su un disco, uno spettacolo, un film o un libro, senza essere necessariamente un professionista accreditato. In un'epoca in cui un buon numero di giornalisti trasformisti son diventati, come qualcuno ha ribadito recentemente, dei pennivendoli da quattro soldi al servizio dei poteri forti, mi sembra che l'opportunità di esprimere pubblicamente e senza problemi la propria opinione, ora più che mai possa tradursi in un esercizio di libertà e democrazia non indifferente. Tutte le chiacchiere che ho trasferito, nero su bianco sulle pagine di Voci Divine, rientrano in questa ottica, ed è per questo che forte della consapevolezza di poter usufruire di un mezzo così potente ho scritto sempre ciò che pensavo in tutta sincerità. Questa è per me la cosa più importante. Riguardo la forma e il contenuto, ovviamente qualcuno avrà apprezzato, altri avranno storto il naso, come è giusto che sia quando in qualche modo ci si espone.

 

 

E' stata davvero una piacevole sensazione riscoprire nel nuovo album di Mina quella forza, quel calore e quella familiarità che da molti anni non ritrovavo nelle sue produzioni discografiche. Nei lavori che ho avuto modo di ascoltare negli ultimi due decenni riuscivo ad apprezzare al massimo uno o due brani, c'era sempre qualcosa che non mi convinceva: l'arrangiamento, i testi o il modo di interpretare. E non mi è mai bastato, come invece è sempre accaduto ai fans fedelissimi, concentrarmi solo sulla voce perché per quanto unica e straordinaria, troppo spesso (secondo me) è stata messa al servizio di canzoni non all'altezza.

 

E' il solito, vecchio discorso della Ferrari parcheggiata nel cortile di casa e usata al massimo per andare in centro a fare shopping. Una Ferrari è sempre una Ferrari, ma ha bisogno di incendiare il motore, di correre, di rischiare e di seminare gli avversari, in una parola: di vincere! Ma probabilmente, anzi sicuramente, Mina non è stata mai nemmeno sfiorata dalla preoccupazione o dal desiderio di "mettersi in gara" e ha fatto sempre e soltanto di testa sua, coinvolgendo addetti ai lavori, ottimi musicisti, nuovi autori, ma riservandosi sempre e comunque l'ultima parola sulla scelta dei brani e su come affrontarli. Questo è sacrosanto ma ovviamente comporta dei rischi e i risultati infatti non sempre hanno entusiasmato il pubblico e la critica che pur tributando alla voce di Mina il dovuto rispetto, hanno spesso evidenziato la mancanza di mordente di buona parte del repertorio, soprattutto dalla fine degli anni Ottanta in poi...

 

Ad ascoltare questo ultimo lavoro verrebbe da pensare che la Tigre stavolta non si sia fidata esclusivamente del suo proverbiale istinto e che ci sia dell'altro... Oppure è solo un caso. Fatto sta che nel disco appena uscito lei è la Ferrari di sempre, però stavolta si ha il piacere di vederla sfrecciare orgogliosa su un rettilineo senza ostacoli, veloce, grintosa e sorprendente.

 

L'album ha avuto una lunga gestazione, sembrava essere pronto già lo scorso anno, poi l'uscita è slittata al 2009. Può darsi che la possibilità di supervisionare, ovvero modificare, migliorare e anche cambiare se necessario, per poi decidere con tutta calma, abbia giocato a suo favore. Mina ha chiamato a raccolta Cristiano Malgioglio (Questa vita loca e Carne viva) e Andrea Mingardi (Ma tu mi ami ancora?, Non si butta via niente, Più del tartufo sulle uova, Eccitanti conflitti confusi), due autori che, a prescindere dai gusti personali, sono garanzia di uno stile preciso e inconfondibile che ben si adatta alla personalità musicale dell'artista. Ieri come oggi. Ma c'è anche Manuel Agnelli (Afterhours), con Adesso è facile, per me il brano più bello e significativo dell'album e Davide Dileo (Boosta dei Subsonica) con Non ti voglio più, dove ritroviamo una Mina ipnotica, stralunata e, se possibile, inedita. Ma anche nei restanti quattro brani si respira un'aria forse non nuova ma buona, grazie anche alla collaborazione di un promettente Axel Pani (il nipotino), presente tra gli autori di Con o senza te e Il frutto che vuoi. Poi, in Volpi nei pollai ci sono le piacevoli suggestioni della fisarmonica, un bel testo, grande interpretazione e atmosfere care a Celentano, mentre la classica song piacevolmente "minosa" stavolta è rappresentata da Ma c'è tempo. Insomma, un disco che si fa ascoltare molto volentieri dalla prima all'ultima canzone, che poi ultima non è perché c'è anche una ghost track (una bella versione, quasi interamente strumentale di Questa vita loca). Mina coglie tutte le sfumature possibili che la musica pop consente e le fa sue senza sottrarre ai brani semplicità e credibilità, che rappresentano la "leggerezza" di cui un certo tipo di musica ha bisogno. Ruba qua e là accenti blues, rock e jazz, come ha sempre fatto e come solo lei sa fare. Ma stavolta la costruzione della piramide musica-testi-arrangiamenti è solida, consistente e viene scalata al meglio dalla voce matura e qualche volta (finalmente!) scura e roca dell'artista.

 

Questo è un disco "compiuto", generoso di emozioni, ricco di suono e di parole mai banali. Emana buone vibrazioni, come si usava dire un tempo. Comunica. Lo accosto volentieri, se non proprio ai capolavori degli anni Settanta, sicuramente al meglio delle produzioni degli anni Ottanta, le ultime che mi avevano davvero entusiasmato e che ancora oggi ascolto e conservo gelosamente.

 

In copertina l'artista è rappresentata da un disegno essenziale dal tratto infantile, eseguito con un pastello a cera blu su fondo rosa. Al primo impatto sembra una brutta cover, però poi ci si rende conto che così diversa e colorata ha una sua originalità, e dalle vetrine dei negozi attira fatalmente lo sguardo per poi rimanere impressa nella memoria (soprattutto se vista nel formato LP della versione in vinile). Aprendo e maneggiando la confezione del CD, l'immagine di copertina insieme agli altri disegni acquisisce un preciso significato: quasi un desiderio di essenzialità che rimanda alla purezza dei bambini e a quel tipo di familiarità di cui parlavo all'inizio.

 

Voglio considerare l'album FACILE al tempo stesso un punto di arrivo e un punto di partenza, non per Mina che non ne ha bisogno, ma per me che desidero conservare la voglia di riscoprirla ancora, in futuro, diversamente uguale o ugualmente diversa, come in questo album....

 

Rosario Bono - 15.12.2009