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Mina canta Renato Zero

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1999 - RAI/Italica - In un panorama come quello della musica leggera italiana, dove i grandi personaggi si contano sulla punta delle dita e gli eventi sono ormai merce rara, l’apparizione di ogni nuovo disco di Mina catalizza l’attenzione di addetti ai lavori ed appassionati in maniera spasmodica: ancor più quando l’album è della fatta di questo N° 0 (Pdu/Emi), compilazione dedicata all’universo d’un artista atipico e difficilmente catalogabile qual è Renato Zero. Il cantautore romano (cui, sia detto per inciso, Nostra Signora della Canzone riserva un omaggio tributato in passato soltanto a Battisti, ai Beatles, a Jannacci ed a pochissimi altri) ha avuto infatti un destino singolare: benedetto da grande successo di pubblico ed incensato da schiere di fan adoranti, egli è sempre stato considerato dall’intellighenzia nostrana figlio d’un dio minore, una sorta di David Bowie di suburbio buono per ragazzine decerebrate e relativi accompagnatori. Il nuovo lavoro di Mina rende finalmente giustizia al Nostro, mettendone in luce le capacità compositive: se si esclude I migliori anni della nostra vita, della quale non figura fra gli autori, tutti gli altri brani portano invece la sua firma e sono inconfutabile testimonianza del suo valore, grazie pure agli arrangiamenti "minimalisti" messi in opera dal bravo Massimiliano Pani. Di Mina, cosa dire che non sia già stato detto? Alle prese con una materia che sulla carta poco le appartiene, la sua grandezza appare vieppiù sottolineata: sia che fornisca una personalissima rilettura de Il cielo, rasenti il recitato (in Mi vendo ed in Galeotto fu il canotto) o riproduca alla perfezione la timbrica zeriana (è il caso di Cercami), il livello della sua performance è altissimo, pressoché irraggiungibile. A riprova, si ascolti l’unica composizione originale del CD, Neri, la sola inoltre in cui i protagonisti si esibiscono in duetto: la classe della cantante cremonese vi risalta, e risulta immacolata, non corrotta dagli anni, dal mestiere, dall’usura. Quanto a Zero, egli non sfigura affatto nell’impegnativo confronto: ed è, davvero, il miglior complimento che gli si possa fare. Francesco Troiano

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9 NOVEMBRE 1999 - CORRIERE DELLA SERA - Dopo avere affrontato Lucio Battisti, Jannacci, i Beatles, i classici napoletani, Mina duetta con Renato Zero in un brano inedito (Neri) e reinterpreta nove brani di Renato: Il cielo, I migliori anni della nostra vita, Fermoposta, Galeotto fu il canotto, Mi vendo, Amico, Cercami, Profumi balocchi e maritozzi, Ha tanti cieli la luna. Titolo del cd: N.° 0. Solo due foto polaroid documentano l' incontro in studio fra questi due grandi (potrebbero saltar fuori in un video di imminente realizzazione), ma Zero sembra più orientato a immagini di fantasia. E ieri sera al Tg1 il cantautore romano ha confessato: "Ricordo con emozione la prima telefonata di Mina. Mi disse: 'Vogliamo tentare questo viaggio insieme?'. Poi ho misurato la pressione: era salita a 280. Ci siamo divertiti, a dispetto di chi la musica la fa coi manicotti: geometrica e limitativa. Invece va fatta col sorriso. Se io dovessi cantare una sua canzone? Non ho dubbi, "Sei grande grande...". Il mercato ha già dato ampia fiducia a questa operazione: 200 mila dischi in prenotazione. Tanti. Il che fa pensare a una santa alleanza fra i fans dei due artisti. "E' vero - conferma Massimiliano Pani che ha curato realizzazione e arrangiamento del disco -. E' un pubblico che ama i cantanti capaci di essere drammatici e autoironici. In Neri, Zero ha inserito un testo garbatamente autobiografico, che parte dalla comune passione di Zero e Mina per il nero. Lei ha sempre apprezzato il coraggio e la follia di Renato. Poi, entrambi sono accomunati dal gusto della trasgressione". E conclude: "Questo disco e' stato una passeggiata in confronto alla realizzazione di Mina/Celentano, resa molto più complicata anche dai continui interventi di Claudia Mori". Il brano inedito Neri ha delle somiglianze con una canzone dei Pooh? "Sì , forse per lo spirito popolare che lo anima", ammette Pani. Abbiamo fatto sentire a Red Canzian dei Pooh il ritornello: "Siamo orgogliosi di essere citati da artisti così famosi come Mina e Zero. In effetti ricorda molto Notte a sorpresa o Rotolando... Ma non e' un problema".

IL DISCO - Impasto gradevole e lieve in una formula piena di limiti. Neri, intesi come outsider, diversi sempre autentici ("veri da sembrare irreali") e "Mutabili nel cuore... complicati ed esigenti" con una intesa profonda, quella dei drop - out che si fiutano tra loro anche al buio. E' il senso della canzone inedita che Renato Zero esegue in duetto con Mina in questo N.° 0 nel quale la cantante, come d' abitudine, rilegge il repertorio d' un autorevole collega. La canzone non è un granché , e le due primedonne, Mina e Zero, rimangono saldamente ancorate al loro stile con scarsa integrazione. Ma funzionerà soprattutto per l' impasto vocale del ritornello che recita "Pazzi siamo pazzi di noi, perfetta intesa che poi non finisce di sorprenderci". Che ricorda molto da vicino, per scrittura, giro armonico, metrica, clima e melodia, certi classici dei Pooh tipo Notte a sorpresa o Rotolando respirando. Scelta o incidente di percorso dell' arrangiatore Massimiliano Pani? Quanto al resto c' e' un notevole sforzo di rilettura del repertorio in Il cielo, Amico, mentre Mi vendo si esprime in atmosfere minimaliste o rock - decadenti alla Brian Eno, con un risultato più curioso che gradevole. Per Galeotto fu il canotto e anche per Profumi, balocchi e maritozzi (in parte riscritta da Zero) Mina rispolvera lo stile birignao - balneare delle origini e crea un clima quasi cabarettistico. Disco gradevole e lieve nell' ambito di una formula discografica (la cover monografica) che mostra ormai la corda. Mario Luzzatto Fegiz

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9 NOVEMBRE 1999 - LA REPUBBLICA - Amanti del bel canto, sopravvissuti del gusto melodico, nostalgici delle belle voci classiche, è il vostro momento! L' autunno, puntuale, a parte certe deroghe celentanesche porta con sé in regalo l' appuntamento discografico con Mina. Questa volta dedicato a Renato Zero, fin dal titolo, N.° 0 (da venerdì nei negozi), e dall' apertura del disco, unico brano inedito, intitolato Neri e cantato in coppia con il suddetto protagonista. Mai copertina fu più sobria: una sagoma nera del viso di Mina con un lungo collo di colore verde, forse ispirata al gioco di risonanze del nome di Zero, che nel corso del tempo ha generato tante di quelle battute da non consentirne più alcuna, qualsiasi cosa accada. La canzone nuova fa uno strano effetto. Pare un proclama, ironico e giaculatorio, sulla scelta del nero: un costume, un gioco, una eleganza indisponente, una distinzione di nobiltà d' animo, chissà: "Neri, è una scelta una dottrina, sfuggiti alla vetrina a quella luce ibrida e ruffiana. Veri, da sembrare irreali, gli opposti e i contrari di un tormento che non vuole ali" dice la canzone. A cantare, insieme, cantano bene. Non è un gioco di opposti come con Pelù, non è un confronto di diverse grane vocali come con Cocciante. In fondo sono ambedue "divine", a modo loro, e da divine duettano, più sublime e astratta la Mina, più teatrale e sentimentale lo Zero, ma nella melodia entrambi esaudiscono i loro voti, e la loro eguale diversità dalle cose comuni, dalla normalità. Si avverte perfino un tocco di complicità, confermato da quello che racconta Massimiliano Pani, produttore dell' album, il quale confida anche che per gli arrangiamenti ha dovuto svolgere un lavoro non facile: "Quelle di Zero sono canzoni costruite su di lui, sul suo personaggio, con un impatto teatrale che lo aiuta a essere sul palco quello che lui è. Spesso per reinventarle abbiamo cercato di asciugarle, di struccarle un poco". Il resto, gli altri nove brani del disco, è tutto repertorio di Zero, per cui il disco va iscritto nella serie dei tributi che di tanto in tanto Mina produce (ce n' è uno in programma dedicato a Modugno), anche se la scelta della canzoni non è per nulla ovvia. Un paio di canzoni molto famose, Il cielo e Mi vendo, e altre più eccentriche. Niente "triangoli" e "carrozzoni" dunque, ma una scelta che comunque rispetta le due anime di Zero, quella più drammatica e quella più circense. Ma anche nei pezzi già noti c' è una stranezza di fondo, dovuta al fatto che la maggior parte delle canzoni di Zero sono legate a una viscerale e personalissima teatralità che è difficile scindere da chi le canta. Laddove ce n' è assolutamente bisogno, come in Profumi, balocchi e maritozzi o in Galeotto fu il canotto, Mina ci mette la sua di teatralità, che è diversa da quella di Zero, è piuttosto uno sberleffo bambinesco, una linguaccia sfrontata che è stata sempre un vezzo della cantante, ma che non necessariamente si addice a queste canzoni, che invece hanno bisogno proprio del popolaresco melò di cui Zero è incontrastato e unico protagonista italiano (in Brasile c' è un suo formidabile omologo di nome Ney Matogrosso che varrebbe la pena di vedere). Mina le interpreta a modo suo, ma se a Zero si toglie Zero il risultato non cambia (pardon, alla fine la battuta è riuscita fuori). Altrove, dove ovviamente Mina da il meglio di se stessa, il disco cerca di esaltare la pura qualità melodica di certe canzoni, anche talvolta "struccandole" per l' appunto. Siamo lontani da ogni tentativo di imitazione, ovviamente, che nel caso di Zero potrebbe diventare facilmente parodia. Mina fa sua ogni canzone che canta, e infatti Il cielo diventa tutt' altra cosa dall' originale. Se non è un sussurro, poco ci manca. Possiamo così scoprire, o meglio riscoprire, un pezzo come Ha tanti cieli la luna, tra le cose migliori dell' album, o anche I migliori anni della nostra vita, l' unico che non porta la firma di Zero, ma che è noto attraverso la sua voce. E' una bellissima canzone, e se a qualcuno era sfuggita, ecco un' occasione per colmare la lacuna. Dove Renatino sembra sempre voler sfidare il cielo con la sua maschera tragicomica, Mina ci mette il suo pathos elegante, le sue vertiginose discese da toni alti a gravi, e viceversa, e mantiene quello che da anni sembra essere il suo più costante e rigoroso impegno: fare esattamente quello che le pare, togliersi ogni possibile soddisfazione di interprete, mettendo nel suo già carico carniere tutti i possibili repertori del mondo. GINO CASTALDO