Da molti anni a questa parte, Nada ha elaborato
formule molto particolari e personali nel dosare e manipolare
quelle misteriose sostanze alchemiche fatte di musica,
parole
e interpretazione,
che tutti per convenzione chiamiamo canzoni.
L'artista ha sviluppato nel tempo sonorità e testi molto lontani da buona parte della musica
frequentata negli anni Settanta e Ottanta
(ma questo già si sapeva).
Il coraggio di cambiare, di sparigliare le carte e
ribaltare sempre tutto fa onore a pochi ormai, però
poi bisogna vedere come e dove si va a parare.
Oggi, con "la musica che gira intorno", per un
potenziale acquirente di dischi, riuscire ad essere entusiasta
di quattro o cinque pezzi, in un album che contiene
una dozzina di inediti è già grasso che cola. Il brano L'ultima
festa, ad esempio, che ha fatto da apripista a questa
nuova avventura discografica di Nada, mi ha colpito e mi ha fatto ben
sperare. Invece, adesso, devo purtroppo ammettere che
il resto dell'album (ascoltato e riascoltato in streaming) mi
ha deluso. Non sono proprio riuscito a farmelo piacere, ma non
perché sia registrato male o arrangiato peggio, dal punto di
vista tecnico tutto ha funzionato alla perfezione, ma
evidentemente non basta che un disco "suoni" bene. E pensare che non ero prevenuto, non avevo pregiudizi
di alcun
genere, nonostante il precedente lavoro (Vamp) non mi
fosse piaciuto.
Ogni volta che "affronto" un album di canzoni nuove cerco di
mettere a fuoco a prescindere da tutto quel che si dice
in giro e si legge, prima e dopo la pubblicazione, comprese le
recensioni griffate degli esperti di turno. Metto da parte
anche l'eventuale parere di amici e
conoscenti e cerco sempre di farmi un' idea personale, in base
alla mia sensibilità e a quella piccola cultura musicale
conquistata sul campo dopo tanti anni di "gavetta", con la
divisa di appassionato fruitore di musica sempre ben
lavata e stirata per l'occasione.
Gira parecchio disincanto (e non solo in campo
musicale) ma io sono sempre pronto ad essere stupito. Guai a negarsi
questa possibilità! Con Occupo poco spazio non è
successo e mi dispiace...
I testi delle canzoni non sono
banali, anzi, Nada ci sa fare con le parole. Nel
raccontare storie ha un suo stile, molto ficcante e originale.
L'impianto musicale che accompagna l'artista in questo
suo nuovo viaggio canoro risulta altrettanto originale e particolare, e così
pure la scelta e la comunione degli strumenti. E' la
parte cantata, nel modo e nella forma, che secondo me poco si
accorda con la musica. A parte il brano già citato, tutto il
resto mi è sembrato un po' forzato, ripetitivo, a volte fastidiosamente declamato. Non
voglio dire che non ci sia qualità, Nada ha talento, ma
a questi pezzi, secondo me, manca
magia.
Forse se le canzoni fossero state contestualizzate in un
Live Act a tema, o intergrate in un progetto audiovisivo
più ampio,
avrebbero avuto la loro giusta collocazione. Mi spiego: posso
sedermi in un teatro ad ascoltare il nuovo lavoro di questa nostra
cantastorie, coraggiosa e diversa da tutte le
altre, posso apprezzare le tematiche sempre molto attuali, il
colpo d'occhio sempre attento al sociale... E va bene!
Tutto questo mi può arricchire e aiutare a riflettere. Colgo
l'essenza dello spettacolo, ringrazio, ma poi mi alzo e torno a casa.
Ma un disco non è un recital, non è uno
spettacolo teatrale, non è un libro e non è nemmeno un
film... E' un'altra cosa. E' un microcosmo compiuto, deve
brillare di luce propria, piccola o grande che sia. Lo si acquista per
ascoltarlo e riascoltarlo nel tempo, non una volta sola o due.
Deve sorprendere anche dopo dieci anni. Ma se risulta ostico
e tedioso,
non solo al primo, ma anche al terzo e al quarto ascolto, beh,
meglio lasciar perdere. Se le canzoni non girano alla giusta velocità
nella testa di chi ascolta, sono destinate a "morire
ammazzate"! :-) E di solito, quando si tratta di musica,
passa anche la voglia di tornare un giorno sul luogo del "delitto".
25 MARZO 2014
Rosario Bono