BLACK STARS - In Italia la sua
storia è stata raccontata magistralmente nella
biografia NICO, O DELL'INFELICITÀ di Valeria Arnaldi, mentre
le considerazioni sulla sua produzione musicale, con l'analisi
e le traduzioni dei testi, si trovano esclusivamente
nell'interessante e dettagliato libro di Gabriele Lunati,
NICO/Bussando alle porte del buio. Di entrambe le
pubblicazioni ho voluto riportare alcuni suggestivi passaggi
in queste pagine dedicate all'artista. Due volumi imperdibili
per chi vuole provare a decifrare l'indecifrabile, ovvero la
vita e l'arte di Nico. Friedrich Nietzsche scriveva che
"bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella
danzante". Sicuramente Nico conosceva i tormenti dell'anima e
di stelle danzanti ne ha partorite tante, sia come donna che
come artista. Tutte BLACK STARS, ovviamente... Sempre
troppo lontane, sempre imprevedibili o criptiche, figlie di
scelte illogiche, incomprensibili, a volte misere, altre
geniali, tra evoluzioni e involuzioni condizionate dall'uso di
sostanze stupefacenti che sono state, insieme alla musica, gli
unici
punti di riferimento a cui l'artista finiva sempre per
ancorarsi disperatamente. Cominciò presto a destrutturare il
suo essere, rinnegando la sua splendida immagine riflessa
nello specchio. Qualsiasi donna avrebbe fatto carte false
per possedere la sua bellezza. Lei, con le stesse carte ha
sfidato a Poker il diavolo: qualche volta ha vinto ma, forse,
il più delle volte ha perso. Di partite ne ha giocate
tante, cambiando la posta in gioco, arrivando a mettere in
palio persino la sua maternità. Sicuramente era la sofferenza
delle sconfitte a darle l'ennesimo imput per andare avanti,
visto che quando la sua vita sembrava andare per il verso
giusto riusciva puntualmente a rovinare tutto. Questi alti e
bassi, sempre spinti all'estremo, sicuramente stimolavano la
sua creatività musicale. Nico non ha lasciato una grande
eredità artistica, ma ciò che è riuscita ad esprimere
rappresenta esattamente ciò che è stata e ciò che ha vissuto,
nel bene e nel male.
Lo ha dimostrato soprattutto sul palco (unico luogo in cui
diceva di sentirsi al sicuro), esibendosi in ogni angolo del
mondo, e ovviamente con la sua discografia, un concentrato di
musica misteriosa, coinvolgente e sconvolgente, unica e
irripetibile. Rosario Bono
UNA FEMME FATALE DAL CUORE SPEZZATO * E' sul palco, fuma una sigaretta dopo l’altra,
eppure Nico è già morta. Canta, ma la voce arriva da un luogo
remoto e oscuro, che i suoi occhi grigi non bastano a
illuminare. Celebra un rito in cui la musica non è nemmeno la
parte più importante: le canzoni sono distrutte, sfigurate
dalla pochezza della band che l’accompagna; è un disastro pure
Femme Fatale , scritta da Lou
Reed apposta per lei. Così il ritornello lo lascia al
pubblico, un centinaio di ragazzotti ubriachi in qualche
locale della Polonia. «Eccola che arriva, sta’ attento, ti
spezzerà il cuore».
Ma è lei ad avere il cuore spezzato, devastato dalla
solitudine, indurito dall’eroina che le scorre nelle vene. È
morta e si è trasformata nell'anagramma di se stessa. Da Nico
è diventata “icon”, un’icona, già prima di quel pomeriggio del
17 luglio 1988, quando a Ibiza cade dalla bicicletta e batte
la testa.
Aveva cominciato presto a girare il mondo: nata a Colonia nel
1938, trascorre l’infanzia a Berlino sotto le bombe; a quattro
anni perde il padre (racconterà che fu ucciso da Hitler perché
scoperto a lavorare come spia per gli inglesi). A sedici
lascia la Germania per Parigi, dove diventa mannequin per
Chanel e Lanvin: è allora che prende il nome di Nico. Poi
prova col cinema, in Italia: ha una piccola parte ne
La Tempesta di Alberto Lattuada,
recita ne La Dolce Vita. Fellini,
che l’aveva voluta inizialmente come comparsa, ne è
affascinato e le ritaglia un ruolo più ampio, in cui impersona
se stessa. Emergono già i tratti dell’icona che sarà: la voce
profonda, mascolina, con quelle vocali esageratamente lunghe,
la bellezza glaciale e astratta, un’affinità istintiva con il
buio e la notte. Così, agli inizi della carriera di Nico c’è
un lugubre party con Marcello Mastroianni, alla fine un
concerto al Planetarium di Berlino, dove canta al riflesso di
una luna proiettata sul soffitto.
Dopo un brano scritto da Serge Gainsbourg per la colonna
sonora del film Strip Tease,
Nico
esordisce nel 1964 con I’m not
sayin’,
un anonimo 45 giri con Jimmy Page alla chitarra. Vive a
Londra, frequenta Brian Jones, Anita Pallenberg,
Marianne
Faithfull (che quarant’anni dopo le dedicherà
Song For Nico). Poi torna a
Parigi e lì incontra Bob Dylan, che qualche tempo dopo la
introduce nella Factory, dove Andy Warhol è al lavoro sul
primo album dei Velvet Underground. Esce nel 1967: uno dei tre
brani di Nico, All Tomorrow’s
Parties
, sarà tra i più cantati nella storia del rock, da Siouxsie ai
Japan, da Nick Cave ai Roxy Music, ma il disco vende
pochissimo e le recensioni non sono positive. Nico lascia la
band e comincia a esibirsi in proprio. Con il primo album
solista, Chelsea girl (1967),
elabora uno stile personale, a metà tra l’art rock americano e
lo spleen mitteleuropeo. Dal vivo suona con musicisti sempre
diversi, tra cui un giovanissimo Jackson Browne e un
cantante-chitarrista destinato come lei a diventare un eroe
della storia segreta del rock. Si chiama Tim Buckley, morirà
nel 1975 di overdose.
A quel tempo, Nico ha già pubblicato i suoi capolavori,
The Marble Index e
Desertshore: meno di mezz’ora l’uno, ma così cupi e
densi che è impossibile immaginarli più lunghi. Nel secondo
c’è Le Petit Chevalier, cantato
da Ari, il figlio avuto nel 1962 da Alain Delon: è l’unico
brano dove non compare l’harmonium, l’organo indiano che ormai
usa in tutti i concerti. Lo suona anche il primo giugno del
1974, al Rainbow Theater di Londra, in una serata con
Brian
Eno, John Cale, Kevin Ayers, Robert Wyatt
e Mike Oldfield.
Lei, da sola, esegue due brani: l’inno nazionale tedesco,
completo delle strofe soppresse dopo la tragedia nazista, e
una versione di The End che è
puro psicodramma. È il suo omaggio postumo a Jim Morrison, il
fratello spirituale, l’uomo che le ha insegnato a trasformare
i suoi incubi in musica.
Intanto, Nico prosegue la carriera di attrice (racconta di
aver studiato alla scuola di recitazione di Lee Strasberg,
insieme a Marilyn Monroe): di quegli anni restano una decina
di brevi film sperimentali, per la regia di Philippe Garrel,
che fu anche suo compagno.
Poi il silenzio, fino al 1981. Ne esce con
Drama of Exile , da segnalare per
una versione di Heroes di
David
Bowie («L’ha scritta pensando a me»). Vive tra Londra e
Manchester, dove nel 1985 incide Camera
Obscura , il suo ultimo album in studio. Delle
interminabili tournée di quegli anni, che toccano anche
l’Italia, sono testimonianza Behind the
iron curtain e il bel libro di James Young,
The End. Nel 1988 il duetto con
Marc Almond è un segno del rinnovato interesse per Nico,
sempre amata dai musicisti più che dal pubblico. I R.E.M.
registrano una rispettosa versione di
Femme Fatale, i Bauhaus la vogliono ospite in alcuni
concerti, i Dead Can Dance ricreano le atmosfere ossessive dei
suoi primi album, poi verranno i tributi di Björk, Martin Gore
(Depeche Mode), Antony. Quando sta abbandonando l’eroina e preparando un nuovo disco,
l’incidente a Ibiza. Un tassista la soccorre, ma tre ospedali
rifiutano di curarla; così Nico muore per un’emorragia
cerebrale il 18 luglio di ventitré anni fa, sola come ha
vissuto. Non ha documenti addosso e tutti all’inizio pensano
sia uno dei tanti vagabondi che popolano l’isola. Il volto è
tumefatto, il corpo sformato: ha lottato per tutta la vita
contro la sua bellezza e alla fine è riuscita a cancellarne
ogni traccia.
Riposa a Berlino, nel cimitero di Grünewald. Sulla lapide,
accanto a quello della madre, è scritto il suo vero nome:
Christa Päffgen .
Bruno
Ruffilli - LA STAMPA - 2011
ULTIMO GIORNO A IBIZA * Il sole è alto. La
mattina è avanzata. La giornata è calda. Troppo forse.
Tutto appare più faticoso nell'afa opprimente del
giorno. Anche abbandonarsi, semplicemente, alla lentezza
delle ore che passano. Ha bisogno di fare qualcosa che
le permetta poi di non fare, non pensare, non soffrire.
Ha bisogno di svuotare la testa. Ammorbidire i pensieri,
sfumare i contorni di una vita che non le è mai parsa
realmente sua. Ha bisogno, magari, di stare un po' da
sola, respirare l'aria di quel posto "straniero" che le
è più familiare di tanti altri - la prima volta lo ha
visitato quando aveva 15 anni - ma che, nonostante i
viaggi frequenti, l'accoglienza, le suggestioni, non
chiama casa. Indossa un abbigliamento semplice, non
curato. Sono anni che non ci bada più. E' proprio in
quel ricercato disinteresse per l'immagine,
paradossalmente, il suo unico vezzo. Stringe una sciarpa
nera sul capo per tenere fermi i capelli durante la
pedalata e per non farsi riconoscere. Non ha tempo da
perdere a parlare dell'icona che fu o dei concerti che
ancora fa. Non ha voglia di sentir parlare del suo
passato. Tutto le appare distante, tanto remoto da
appartenere a una persona che non è più o che, anzi,
ormai le pare di non essere mai stata. Quel teatrino non
la interessa, la annoia. La musica, le esibizioni,
quelle sono altro, qualcosa con cui sente di potersi
liberare, farsi altro da sé, pur confessandosi, senza
per questo mettersi mai a nudo. I momenti sul palco le
piacciono. Quelli sono l'"essenza" che cerca, tutto il
resto è l'apparenza che contesta e rinnega. Ed è proprio
per negarla che, prima di uscire, si sofferma un po' più
a lungo del solito davanti allo specchio. Si assicura
che il nodo sia ben stretto, che il tessuto non si
muova. E che non ci sia alcuno sguardo che possa andare
oltre la maschera che nel tempo ha costruito per sé,
fatta di rughe, sofferenza, abusi. Saluta Ari. Esce per
raggiungere il centro della città e comprare un po' di
marijuana. Al ritorno, probabilmente, la fumeranno
insieme e la vita sembrerà a entrambi più dolce.
"Tornerò presto", gli dice. Poi sale in sella e inizia a
pedalare. L'aria che sbatte sul viso le regala un po' di
frescura. Può respirare i profumi e gli odori della via.
Immaginare il sapore del mare. Ripercorrere con la
memoria le tante volte che ha percorso quel tragitto
così familiare. Attraversare con i ricordi le sue mille
vite. Penserà poi, fumando, a dimenticarle tutte. E' il
17 luglio 1988. Ibiza è splendida sotto quel sole. Le
piace. Sempre. "E' il mio posto prediletto - ha
dichiarato tempo prima in un'intervista - penso che ci
morirò". Pedalando, si allontana dalla villa.
NICO, O DELL'INFELICITÀ - Valeria Arnaldi - 2018 -
Bizzarro/Red Star Press
18.3.1987 *
LA STAMPA * UNA
VOCE DAL TEMPO DEI VELVET
* Concerto a Cuneo
Piaceva ad Andy Warhol, che la impose ai Velvet
Underground, per la sua bellezza decadente, la voce da
brivido, qualcosa di ambiguo e misterioso nel suo modo
di muoversi e di cantare. Sono passati oltre vent'anni
da allora, ma Christa Paffgen, in arte Nico, nonostante
il fisico appesantito e il volto sempre bello ma un po'
sciupato, emana un fascino particolare. L'altro ieri
sera, alla Sala Garibaldi, il pubblico sembra aver colto
questo aspetto del concerto che la celebre cantante dei
Velvet ha tenuto per iniziativa dello Psyco Club. Il suo
nome, come s'aspettavano anche gli organizzatori, ha
richiamato in gran parte un pubblico di trentenni e
quarantenni.
Andy Warhol, cui Nico l'altro ieri sera ha reso un
accorato omaggio musicale con una canzone bella e
struggente, scoprì i Velvet Underground, Lou Reed
(chitarra e voce), John Cale (basso e viola), Sterling
Morrlson (chitarra) e Angus MacLise (batteria), in un bar
di New York, il Cage Bizarre. L'artista stava cercando
dei musicisti cui affidare alcune parti di certi suoi
progetti multimediali. A quell'epoca i Velvet (il nome è
suggerito da un libro sulle perversioni sessuali scritto
da Michael Leigh) avevano già provato, senza fortuna, a
proporre alcune registrazioni di vecchi brani scritti da
Lou Reed ad alcune case discografiche. Conosciuto
Warhol, il gruppo ottenne un ruolo nel film
underground del regista Piero Heliczer, Venus in furs,
poi entrò a far parte della Factory di Warhol nello
spettacolo d'avanguardia Exploding Plastic Inevitable
Show. Nel frattempo si modificò la loro composizione:
MacLise abbandonò e al suo posto entrò una ragazza del
New Jersey, Maureen Ann Tucker, e fece la sua comparsa
l'attrice e mannequin Christa Paffgen, in arte Nico.
Con lei i Velvet interpretarono il film A Symphony of
sound. Un anno dopo usci il capolavoro del gruppo,
The Velvet Underground and Nico nel quale i Velvet
raccontano di droga (Heroln), di sadomasochismo (Venus
in furs), di spacciatori (Waitlng for a man). Il
disco naturalmente scandalizzò l'America anche per la
bizzarra copertina disegnata da Warhol. con la celebre
"banana cover". Ma con il successo clamoroso cominciò
anche la crisi. Nico se n'andò per intraprendere la
carriera di solista che continua tuttora in Europa e in
America.
Vestita interamente di nero, pantaloni,
maglione e pesante cappotto, l'altro ieri sera Nico ha
cantato per quasi due ore vecchi motivi dei Velvet
e di
Lou Reed (applauso caloroso per I'll be your mirror) e
brani recenti, colmi di influenze orientali,
accompagnata dal. gruppo Eric Random and the Bedlamites.
Daniela Grondona
COSA SCRIVE IL GRANDE STORICO DELLA MUSICA PIERO
SCARUFFI...
Nico inventò uno stile
di canzone che aveva poco a che fare con la musica rock.
Era uno stile apolide e atemporale, che poteva
appoggiarsi indifferentemente alla passacaglia medievale
o al raga indiano. Era uno stile, infatti,
preminentemente di "dizione", pertanto teatrale. In esso
confluirono elementi della tragedia greca, del monologo
shakespeariano, del "Faust", di "Lulu", del teatro
brechtiano. Nico aumentò la tensione della recitazione
elaborando un recitar cantando poliglotta, che partiva
dal lied romantico di Schubert, dalla salmodia
responsoriale, dai "Carmina Burana", dal song
elisabettiano, per arrivare alla chanson noire e alle
litanie dei muezzin. Le sue tenebrose cantilene di
sepolta viva (che per puro caso inventarono il rock
gotico) non hanno eguali nella storia della musica per
suggestione e assoluto.
Sono una nichilista, perciò amo
la distruzione. Non riesco ad immaginare niente più in
là di domattina.
NICO PRIMA DI NICO * Fotografia di Herbert
Tobias
Era un piacere vedere i giorni morire di nuovo
nell'orrore delle notti
(It Was A Pleasure Then)
BIBLIOGRAFIA
B ussando alle porte del
buio (selezione)
Memorie dal sottosuolo di velluto
DISCOGRAFIA
1967/1987 Discografia commentata (Velvet)
ARTICOLI
Inni con anima (Rosario Bono) -
La
voce roca che stregò Warhol e Delon (Chi) -
Il
cielo sopra Berlino (Velvet) -
New
York: Live at CBGB's (Popster)
RECENSIONI
Drama
Of Exile (Mucchio Selvaggio)
GALLERIA
FOTOGRAFICA DEDICATA
NICO Immagini e parole
NICO in ALTRE
GALLERIE FOTOGRAFICHE
Tele Visioni|Cento fotogrammi
in disordine sparso
Incontri ravvicinati e affetti
speciali
Anni SESSANTA e dintorni
Smoke gets in your eyes
Voci Divine Live
Silenzio in sala
Monocromie
Mirrors
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