Scavare nelle vicende biografiche di
Nico, tentando così di far luce sul suo carattere e sulla sua
musica, è impresa tutt'altro che agevole, in parte per
l'effettiva carenza di dati inoppugnabili - la stessa cantante
ha sempre gelosamente celato molti particolari della sua vita
privata, in perfetta sintonia con l'aura di ambiguità che
avvolge le sue composizioni e in parte per il disagio
interiore (non si tratta di vuota retorica) che le indagini
comportano, come nella profanazione di qualcosa che un essere
superiore, il tempo e il timore reverenziale degli uomini
hanno stabilito dovesse rimanere segreta e incontaminata.
Si sa per certo che il suo nome di
battesimo era Christa Paffgen - lo pseudonimo di Nico è
un anagramma della parola "icon", icona, con chiaro
riferimento alla sua immagine statuaria e velata di
spiritualità - mentre una fitta nebbia nasconde il luogo e la
data della sua nascita: la tesi più attendibile indica
Colonia, Germania, nel 1938, ma un'altra autorevole fonte (il
libro Up-Tight - The Velvet Underground Story di Victor
Bockris e Gerard Malanga) le assegna i natali a Budapest, in
Ungheria, nel marzo 1943. Tutti sono concordi, invece, a
proposito della sua educazione, che la portò a vagare tra
Francia e Italia e accentuò due profonde passioni
evidentemente già insite nella sua personalità: quella per i
continui spostamenti - una sorta di "nomadismo" dettato più
dalla sete di conoscenza e di esperienze che non dal semplice
istinto - e quella per le lingue (si vocifera che Nico
conoscesse in modo sufficientemente approfondito ben sette
diversi idiomi); e proprio nella nostra penisola una serie di
circostanze la condusse nel 1961 sul set de La dolce vita di
Federico Fellini, dove interpretò un ruolo secondario,
conquistando peraltro il regista con la sua bellezza e la sua
classe. L'avventura cinematografica non ebbe però un seguito
immediato, nonostante l'interesse di Fellini, a causa
dell'opposizione dei genitori della ragazza; la giovane
Christa rientrò dunque in patria ad esercitare la professione
di modella, non troncando comunque del tutto i legami col
mondo della celluloide come attestato dalla sua relazione
sentimentale con l'attore Alain Delon (dal quale nel
1963 avrà un figlio, Ari).
Trasferitasi a Londra con il piccolo
ancora in fasce, Nico debuttò come cantante sotto l'egida
della Immediate, l'etichetta di Andrew Loog Oldham
(manager di Yardbirds e Rolling Stones); l'unico
frutto di tale accordo discografico, oltre al breve amore con
Brian Jones, fu il singolo I'm Not Sayin / The Last
Mile, registrato nel 1964 con la collaborazione del
futuro Led Zeppelin, Jimmy Page e pubblicato con
scarso riscontro di vendite un anno più tardi. Due ballate
soffici e intriganti (specie il retro, meno "commerciale"),
validi esempi di un repertorio melodico e intimista grazie al
quale la cantante ottenne, sempre nel 1964, un ingaggio per il
club newyorkese Blue Angel. Nella metropoli
statunitense, scossa all'epoca da grandi fermenti artistici,
l'avvenente vocalist non passò certo inosservata, e il suo
prorompente temperamento le procurò molte amicizie altolocate:
Bob Dylan, innanzitutto, che scrisse per lei il brano
I'll Keep It With Mine e quindi Andy Warhol, che
le fu presentato ad una cena dallo stesso Dylan. L'incontro
con il poliedrico regista risultò determinante, tant'è che
senza indugio Nico entrò a far parte dei Velvet Underground
- divenendo quindi una delle attrazioni dell' Exploding
Plastic Inevitable Show, un antenato dei moderni
spettacoli multimediali - e recitò con successo in alcune
pellicole "sotterranee", fra le quali la leggendaria
Chelsea Girls. La presenza della front-woman, quasi
imposta da Warhol, creò qualche tensione all'interno della
band; Lou Reed, in particolare, non era favorevole ad
affidarle le sue composizioni, ed il conflitto di identità -
acuitosi quando, durante le session per il primo 33 giri, alla
cantante furono concessi solo tre pezzi - ebbe come logica
conseguenza l'interruzione del sodalizio nel 1967. In
seguito Reed rimpianse più volte il suo atteggiamento egoista,
e vanamente invitò la sua ex-compagna a partecipare
all'incisione dell'album Berlin che si dice esserle
dedicato.
Vista la notorietà acquisita con i
Velvet, Nico decise di riprendere la carriera solista
prematuramente abbandonata; così, mentre il suo rapporto con
le droghe (LSD in primis) andava facendosi sempre più stretto,
l'enigmatica cantante ricominciò ad esibirsi dal vivo con fans
d'eccezione (Leonard Cohen e il di lei convivente
Jackson Browne, allora sedicenne) e con un'incontenibile
bramosia di imporsi come individualità e non come "appendice"
del suo vecchio gruppo. Per la sua cronica inquietudine, ed
anche per l'assoluta incommerciabilità di gran parte delle sue
proposte, la "femme fatale" non riuscì mai a trovare intese
durature con le compagnie discografiche, rassegnandosi ad
errare fra un'etichetta e l'altra e concependo lavori di
complessa decodifica quali The Marble Index (1969)
e Desertshore (1971), frutto della ritrovata
collaborazione con John Cale, dopo l'acerbo ma
promettente debutto di Chelsea Girls (1968). Non
c'è da stupirsi, quindi, che all'inizio dei Seventies la
vocalist abbia optato per un volontario esilio parigino,
durato fino al successivo decennio e interrotto solo dalla
estemporanea "reunion" con John Cale e Lou Reed (tenutasi nel
1972 nella capitale francese), dalla pubblicazione
dell'apocalittico The End (1974) e da altre
sporadiche apparizioni "live" in Europa e America.
Con gli anni Ottanta, una volta
stabilitasi a Manchester, Nico riconquistò rapidamente il
tempo perduto, accendendo nuovi fuochi nell'animo dei vecchi
sostenitori e guadagnando anche un notevole seguito in ambito
new-wave; l'album Drama Of Exile, fosco come di
consueto ma decisamente più orientato verso il rock, presentò
nuovi brillanti episodi accanto alle "cover" di Waiting For
The Man (che Lou Reed le aveva impedito di cantare nei
giorni dei Velvet) e Heroes (a lei dedicata dal
David Bowie del periodo berlinese). A degno corollario al
disco, il singolo Saeta (1981), il 12'' EP
Procession (1982), il lavoro assieme a Martin
Hannet e i Blue Orchids ed una fitta serie di
concerti fra il 1982 e il 1983. Dopo una fase di
riflessione, il biennio 1985/1986 fu
caratterizzato da un'attività quasi frenetica, con l'uscita
dell'ermetico Camera Obscura - prodotto da John Cale
e attribuito a Nico + The Faction - e con una
lunghissima tournèe nei paesi dell'Est europeo (documentata
dal doppio Behind The Iron Curtain), in Australia e in
Giappone (della quale il Live in Tokyo del 1987
fornisce efficace testimonianza). Il 1988 avrebbe
probabilmente visto le registrazioni di un nuovo album in
studio, giacché Nico si era ritirata ad Ibiza - località da
lei frequentata fin dagli anni Sessanta - proprio per
concentrarsi su di esso; la sua scomparsa ha lasciato un vuoto
incolmabile, ed un patrimonio musicale "sentito" ed espressivo
come pochi altri a dispetto della sua apparente
impenetrabilità. Dove non sono riusciti stupefacenti, paranoie
ed estremismi di ogni genere, è invece giunta una emorragia
cerebrale dovuta a una caduta dalla bicicletta: non fosse per
la tristezza che mi prende a calci il cuore, ci sarebbe quasi
da filosofeggiare sull'ironia della sorte.
VELVET N. 1 - OTTOBRE 1988