Nina Simone, grande pianista prima di tutto, è
stata anche un'istintiva innovatrice che ha saputo fondere gli studi
classici con le intuizioni della musica jazz, con le profondità
del soul e del gospel, fino a sconfinare nella tribalità della
musica etnica e nell'immediatezza della musica folk e pop. Non è
mai stata schiava di un genere musicale, lei "usava" tutti i
generi come strumenti per costruire uno stile tutto suo. Ogni nota, ogni
parola, veniva filtrata e
modificata attraverso l'originalità del suo essere: una donna di
colore, molto intelligente, interprete e
musicista atipica ma anche di successo, in un mondo dominato dai bianchi, in un
momento storico in cui il razzismo era all'apice della sua
immoralità.
Ma nella sorprendente e spiazzante catarsi che la
musica le offriva è riuscita a combattere e ad andare oltre...
Si serviva di colori, tempi, pause e improvvisazioni che,
soprattutto nei live act, raggiungevano la loro massima
espressione artistica, passando a volte da pesanti scatti d'ira e malcelata
insofferenza quando qualcosa la turbava o se il pubblico non le
prestava la giusta attenzione. Ma il miracolo si avverava sempre
e comunque: da grande musicista quale era, si è avvaleva di un
talento immenso, di anni di studi e di una padronanza del
pianoforte mai vista prima; come cantante e interprete, invece,
si serviva di una voce scura, perfetta e imperfetta allo
stesso tempo, profonda come la notte, intensa come un grande dolore.
Un dolore che le ha solcato profondamente l'anima al punto di minare
irrimediabilmente la qualità delle sue esibizioni negli ultimi
anni di vita.
Oggi Nina Simone è considerata una delle più grandi
personalità artistiche della Musica del Novecento.
Questo album LIVE registrato nell'aprile del 1961 al
VILLAGE GATE di New York e pubblicato dalla Colpix nel 1962, è
una delle prime testimonianze della grandezza e dell'originalità
della sua arte.
[Il VILLAGE GATE, storico locale di New York, inaugurato nel
1958 e sopravvissuto per circa quattro decenni, ha visto
esibirsi, oltre a Nina Simone, nomi che hanno fatto
storia, dal debutto a New York di Aretha Franklin
passando per i Velvet Underground, Miles Davis, Patti Smith,
Jimi Hendrix, Duke Ellington, Bill Evans,
Jacques Brel e tanti altri]
La prima facciata dell'album, dopo la presentazione di
rito, si apre con uno standard americano del 1956,
JUST IN TIME
ripreso in seguito anche da
altri artisti. Jazz puro nelle mani di Nina che volano sul
pianoforte e fanno sognare con una bella canzone d'amore: poi il
brusco risveglio, con un tocco energico e personalissimo, fino a
"sporcare la melodia" sul finale in
crescendo. La seconda
song,
HE WAS TOO GOOD TO ME
è un distillato di dolcezza e delicatezza. Gli ultimi 45 secondi sono quanto di più perfetto io abbia mai avuto
occasione di sentire in un album registrato dal vivo. Poi, in punta di voce,
è ancora lei che ci accompagna
nella "casa del sole nascente" (HOUSE OF THE RISING SUN)
tra le note e le parole di un famosissimo pezzo che non ha più
bisogno di presentazioni. Questa versione, molto singolare,
nonostante il testo stravolto non perde un grammo del suo
intrigante fascino.
Segue
BYE BYE BLACKBIRD, un brano strumentale complesso e
articolato in cui la Simone mostra tutta la sua ottima formazione classica
tra virtuosismi e arpeggi in perfetta armonia con i musicisti che l'accompagnano.
E' uno dei miei pezzi
preferiti.
La facciata B è altrettanto intensa. Troviamo
BROWN BABY, un canto malinconico che con frasi cariche di
speranza (e un'interpretazione da Oscar) si prefigge di augurare
buona vita ad un bambino nero. C'è anche un folk africano,
ZUNGO, eseguito nell'idioma originale, e per finire, dopo
IF HE CHANGED MY NAME con i suoi accenti blues, ecco la scoppiettante
CHILDREN GO WHERE I SEND YOU in cui viene dato un
significato biblico a una serie di numeri citati nel testo; ma qui il
gioco delle parole
sembra solo un pretesto per sfoggiare una folgorante performance
che vede Nina infiammarsi in una folle sincronia di suoni al
servizio di un tradizionale spiritual afroamericano.