NINA SIMONE HERE COMES THE SUN

 

Dai Beatles a Bob Dylan passando per Paul Anka

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La stampa specializzata, forse esagerando un po', stroncò sul nascere questa raccolta di cover che la RCA decise di fare incidere a Nina Simone nel lontano 1971: venne drasticamente definita "il canto del cigno di un'artista in declino". In effetti Nina, che forse non stava attraversando uno dei suoi periodi migliori, aveva avuto modo di farsi apprezzare nel passato con ben altre produzioni, osannate dalla critica e destinate ad un pubblico più attento ed esigente. Purtroppo anche in termini di vendite questo disco non ebbe un grande riscontro.

 

Pur rispettando le autorevoli opinioni dei critici musicali, le scelte del pubblico e i giudizi trancianti della stessa Simone sul risultato finale dell'operazione, non riesco a considerare questo album completamente non riuscito.

 

Intanto parliamo di un lavoro di qualità superiore alla media, non fosse altro per l'originalità e la particolarità della voce, sempre in primo piano, inconfondibile e carismatica anche se al servizio di un'interprete probabilmente stanca e demotivata. Inoltre, a mio modesto avviso, nel disco ci sono brani che pur apparendo inadeguati alla potenziale forza interpretativa e all'indiscussa preparazione musicale di Nina Simone, risultano alla fine più convincenti degli originali, come ad esempio MR. BOJANGLES, la storia dell'uomo dai capelli d'argento e le suole consumate che balla nelle strade e nei bar di New Orleans: un brano del cantautore statunitense Jerry Jeff Walker ripreso da molti altri cantanti, spesso con risultati assai trascurabili.

 

Il pop può essere riletto in chiave jazz, soul, blues, funky e chi più ne ha più ne metta, ma in ogni caso le cover, per non risultare dei "falsi d'autore", dovrebbero sempre aggiungere valore all'originale, o addirittura diventare altro.... Nina Simone, nel bene e nel male, ha sempre seguito questo percorso, fino ad arrivare ad appropriarsi così intensamente dei brani di altri autori da farli sembrare scritti da lei o solo per lei. E qui basta ascoltare HERE COMES THE SUN, famosissima ballad di George Harrison, per ritrovare amplificate quelle peculiarità che da sempre hanno reso il pezzo unico per semplicità e solarità. E cosa dire di ANGEL OF THE MORNING letta in una prospettiva asimmetrica, nuova e spiazzante? Si fa molta fatica a riconoscere in questa versione il famosissimo brano di Chip Taylor che in Italia diventò GLI OCCHI VERDI DELL'AMORE, portata al successo da I Profeti nel 1968.

 

Un po' meno efficace è la rivisitazione di JUST LIKE A WOMAN che "filtrata" attraverso il timbro vocale di Nina Simone ha comunque una sua ragione di esistere, ma purtroppo non possiede la forza della versione di Bob Dylan, sia nell'arrangiamento che nell'interpretazione. E, a proposito di arrangiamento, quello di MY WAY (doveroso e doloroso ammetterlo) è veramente imbarazzante.

 

Dei restanti tre pezzi posso solo dire che ho apprezzato molto HOW LONG MUST I WANDER (scritta dal compianto Weldon Irvine, musicista e collaboratore di Nina). Parla della solitudine di chi vive il "mestiere" dell'artista, sempre in corsa da un posto all'altro con la valigia in mano, e quindi della difficoltà di coltivare un amore vero e duraturo. Per quanto riguarda invece le rielaborazioni di O-O-H CHILD e NEW WORD COMING, non mi è sembrato di poter cogliere particolari guizzi di originalità.

 

In questo disco l'anello debole risulta essere l'intero impianto musicale. In proposito, cito David Brun-Lambert, autore della biografia NINA SIMONE - UNA VITA: "Registrato in una settimana nello studio B della Rca a New York, questo long playing risulta poco interessante rispetto agli altri. Sdolcinato, arrangiato con cori eccessivi, arpa, strumenti a corda e infelici effetti di riverbero". Tutto vero! In ogni caso, a me piace considerare tutti gli album di Nina Simone come dei robusti scrigni di ebano che custodiscono al loro interno piccoli e/o grandi gioielli. A volte contengono solo diamanti puri, altre volte giusto qualche perla preziosa. Ma non c'è disco che non racchiuda tra i suoi solchi almeno due o tre brani degni di nota, e nella valutazione complessiva di un'intera discografia questo rappresenta un punto di forza per qualsiasi grande artista destinato a durare nel tempo o, come in questo caso, ad entrare nella leggenda.

 

Rosario Bono

 

 

 

Pagina creata il 19 SETTEMBRE 2016

ULTIMA MODIFICA 27.9.2016