Di seguito la traduzione di alcuni passi
tratti dall'articolo firmato da Patti Smith e apparso su THE NEW YORKER all'indomani della notizia della scomparsa di uno dei suoi
storici compagni di viaggio.
CLICCA QUI
per accedere all'articolo originale integrale.
Mi chiamava a tarda notte, da qualche parte del mondo: da
una città fantasma nel Texas, durante una sosta vicino
Pittsburgh, o da Santa Fe, parcheggiato nel deserto ad ascoltare
i coyotes ululare. Ma più spesso mi chiamava dalla sua città nel
Kentucky, magari in una notte fredda e serena in cui si potevano
sentire le stelle respirare. Solo una chiamata telefonica a
notte fonda. Notte di un blu sorprendente come una tela di Yves
Klein; un blu per perdersi, un blu che potrebbe portare ovunque.
Mi svegliavo felicemente e sorseggiando Nescafé con lui parlavo di tutto: degli
smeraldi di Hernando Cortes, o delle croci bianche nei campi
delle Fiandre, dei nostri figli o del Kentucky Derby. Ma per lo
più abbiamo parlato di scrittori e dei loro libri. Scrittori
latini. Rudy Wurlitzer. Nabokov. Bruno Schulz...
Nell'inverno del 2012 ci siamo incontrati a Dublino, dove
ha ricevuto un Dottorato Onorario in Lettere dal Trinity College. Era spesso
imbarazzato dai riconoscimenti, ma lo accettò, perché
arrivava dalla stessa istituzione dove Samuel Beckett si era
formato e aveva studiato. Amava molto Beckett e conservava brani delle
sue pièce incorniciati in cucina, insieme alle foto dei suoi
figli...
Gli
piaceva
fare i bagagli e partire all’improvviso, era un pioniere.
Avrebbe gettato una canna da pesca o una vecchia chitarra
acustica nel sedile posteriore del suo camion, forse portato con
sé un cane, ma sicuramente un notebook, una penna e un
mucchio di libri. Gli
piacevano quei ruoli che lo portavano dove non voleva andare,
così da capirne le stranezze. Esperienze che costituivano
foraggio per i suoi futuri lavori...
Sam
mi aveva promesso che un giorno avrei visto insieme a lui i
paesaggi del Sud Ovest, perché anche se ho viaggiato tanto, io non
conosco bene la mia stessa terra. Ma Sam ebbe tutt’altro destino,
fu colpito da una malattia debilitante.
A un certo punto ha smesso di viaggiare, da quel
momento in poi ho cominciato ad andarlo a trovare sempre più
spesso. Lavorava al suo ultimo manoscritto, non so come abbia
fatto a trovare tutta quella energia, affrontava qualsiasi sfida
anche se sapeva che il suo tempo stava finendo. La sua mano –
con quel bel tatuaggio della luna tra pollice e indice – si è
accasciata sul tavolo prima di lui. Era un souvenir della nostra
gioventù, io ho un fulmine sul ginocchio sinistro...
Ci conoscevamo da tanto tempo, i nostri modi non potrebbero
essere spiegati o licenziati con poche parole circoscritte nella
definizione di una gioventù
spensierata. Eravamo amici, buoni o cattivi, eravamo noi stessi.
Col tempo la nostra amicizia si è rinforzata. Siamo andati avanti,
nonostante le sfide, e lui è riuscito a terminare il suo
manoscritto. Era seduto al suo tavolo. Niente è stato lasciato non
detto. Quando sono partita, Sam stava leggendo Proust...
Ho
detto
addio al mio amico gridando il suo nome nel cuore della notte,
mentre mi stavo dirigendo dalla Svizzera verso il confine francese.
Una luna
crescente sorgeva nel cielo nero...
Patti Smith -
1.8.2017
|