PATTI SMITH Perle di saggezza

 

 

nell'aria c'era una dolcezza

incredibile e luminosa

come un sari luccicante

nel vento indiano

i pesci erano nella rete

sulle nostre dita correva il sale

e le lacrime venivano asciugate

dalla mano ossuta dell'amante

compagni fidati

che difendevano le loro preghiere

disegni e sforzi linguistici

che rilucevano come braccia magiche

nessuno avrebbe mai immaginato quale prezzo

mai un'anima avrebbe accettato un tale azzardo

mentre il piede della noncuranza

schiacciava il trifoglio

e i remi riposavano

sulle rive solenni

sorrisi nati dal sangue

incisi sul vetro di una finestra

trafitti dal sogno di dio

tutto ciò che abbiamo sempre desiderato

tutto ciò che abbiamo sempre saputo

era l'incredibile dolcezza

che abbiamo tirato su

dal fondo del pozzo

 

"Quando scrivo poesie cerco di comunicare attraverso un linguaggio speciale, e sono alla costante ricerca di un ritmo interno alle parole. Non ragiono in termini di musica o di musicalità delle parole. Ai testi delle mie canzoni, invece, applico il mio linguaggio vocale, e sono scritti per essere cantati. Buona parte della mia poesia è certamente più oscura delle mie canzoni, forse non è diretta a tutti, mentre attraverso la canzone cerco di comunicare con una massa di persone. A volte le due forme s' intersecano, soprattutto nei momenti di maggior improvvisazione. Canzoni come Birdland o Memento Mori sono molto più vicine alla forma espressiva della poesia. Trovo più facile scrivere poesie, perché quando scrivo canzoni sento una forte responsabilità verso le persone a cui cerco di comunicare ciò che dico. La canzone è per la gente, la poesia è per me stessa... e anche per quelle poche persone che ne sono veramente interessate. Quando scrivo poesie non mi preoccupo di chi le leggerà, cerco solo di raggiungere la parte più alta della mia mente".

Fonte: PATTI SMITH SHOW

 

Patti Smith ha sempre pensato di intraprendere una carriera nella recitazione, prima di dedicarsi completamente alla musica. Ieri ha potuto parlare di questa opportunità mancata al Tribeca Film Festival di New York dove è stata protagonista di una lunga intervista con Ethan Hawke sulla sua carriera: «Adoravo stare sul palcoscenico, ma non sopportavo il fatto di dover ripetere sempre le stesse battute ogni volta. Non avevo la giusta dose di disciplina. Recitare è faticosissimo. Dio benedica gli attori. Nessuno sa precisamente quanto sia impegnativo, davvero. Tutti pensano: "Stelle del cinema, guadagnano una marea di soldi". È il peggior lavoro del mondo. Quattordici, anche quindici ore alla volta, e poi un sacco di sedute di trucco che durano anche fino a sette ore, poi ci sono i problemi tecnici e devi ricominciare tutto daccapo. Devi girare la stessa scena da quaranta angolazioni diverse. Cavolo, recitare è sicuramente molto più faticoso del rock & roll». La Smith ha poi ricordato i preziosi consigli ricevuti da Sam Shepard mentre erano alle prese con la stesura dello spettacolo Cowboy Mouth nel 1971: «Mi disse: "Patti, è improvvisazione. Non puoi sbagliare. Se manchi un colpo, puoi inventartene un altro". Aveva pienamente senso per me e quella piccola precisazione fu un consiglio che seguii per il resto della mia vita, una delle più grandi lezioni che abbia mai imparato».

Fonte: SENTIRE/ASCOLTARE

 

"Ci sono dischi che non ascolterà mai nessuno e libri che verranno letti da cinquanta persone. Non ha importanza: un artista lo fa perché lo deve fare, lo fa per vocazione". Costruirsi un buon nome e tenerlo pulito, secondo Patti Smith, è il massimo obiettivo a cui puntare. Non scendere a compromessi, non preoccuparsi di fare soldi e avere successo, ma svolgere un buon lavoro, proteggerlo e prendere decisioni giuste. "Un buon nome è la valuta di un artista. Essere un artista, un essere umano, di questi tempi è difficile: bisogna provare a mantenersi sani, a tenersi su di morale e seguire i propri obiettivi, una volta individuati. Non importa cosa sia, l’importante è conoscere i propri desideri ed essere consapevoli che sarà dura, perché la vita è davvero pesante: si perdono le persone amate, il cuore si spezza, qualche volta ci si ammala, qualche altra ci si arrabbia. Ma si possono avere anche le più straordinarie esperienze: nel giorno buono può bastare il cielo, oppure un lavoro che si trova particolarmente appagante o la scoperta dell’amore. Nel pacchetto della vita c’è anche la sofferenza: siamo nati col destino di morire e lo sappiamo, ha senso ammettere che ci saranno giorni felici e poi tutto comunque finirà. Bisogna imparare a convivere con questa consapevolezza. Alti e bassi fanno parte del gioco. Ma ne vale la pena".

Fonte: ARTRIBUNE

 

Ci sono due tipi di capolavori. Ci sono i classici mostruosi e divini come Moby Dick o Cime tempestose o Frankenstein ovvero il Prometeo moderno. E poi ci sono quelli in cui lo scrittore sembra infondere alle parole energia vitale mentre il lettore viene centrifugato, strizzato e steso ad asciugare. Libri devastanti. Come 2666 o Il Maestro e Margherita.

L'uccello che girava le viti del mondo è uno di questi. L'ho finito e ho dovuto rileggerlo immediatamente. Primo perché non volevo uscire da quelle atmosfere. E poi perché il fantasma di una frase stava diventando un rovello. Era come se avesse sciolto un nodo stretto lasciando che nel sonno le estremità sfilacciate mi si strofinassero contro la guancia. Aveva a che fare con il destino di una certa tenuta descritta da Murakami...

Fonte: M TRAIN

 

25 SETTEMBRE 2016

 

 

 

 

VOCI DIVINE * Musica & Fotografia