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Riflettori puntati sul Piper

 

Il mitico locale romano compie 50 anni a febbraio

 

 

 

Sembra assurdo, ma se dopo 10 lustri ancora se ne parla, forse significa che l'epopea del Piper nella storia italiana della musica, del costume e dello spettacolo ha lasciato davvero un'impronta indelebile.

Rimando agli esperti eventuali approfondimenti storici, nonché l'analisi sociale e psicologica del fenomeno, non è questa la sede. Però un paio di riflessioni (a conferma) ci possono stare...

 

Oggi, ad esempio, basta entrare in una qualsiasi discoteca per rendersi conto che non è cambiato molto da allora, stesse orde di giovani, stesso frastuono, stesse luci e stessa voglia di evadere dalla monotonia della quotidianità. Da una parte i "ragazzi tristi" (ma mica poi tanto) e un po' ingenui di allora con un mondo, nel bene e nel male, ancora tutto (o quasi) da inventare e dall'altra quelli di oggi, assai più scafati e iper-tecnologici ma anche molto più tristi (se non depressi) con un mondo tutto (o quasi) da rifare...

 

Oppure basta osservare l'ex Ragazza del Piper, Patty Pravo, da sempre considerata simbolo vivente degli antichi splendori del locale. Ancora oggi, diciamo per esigenze di copione, si pettina come allora, si veste come allora e, per avere successo assicurato, canta le stesse canzoni di allora. Eppure parliamo di un'artista che nel secolo scorso ha fatto del "cambiamento" un suo punto di forza e inciso interi album che possono tranquillamente essere annoverati tra i più "coraggiosi" e intriganti della storia della musica pop italiana, come CERCHI, BIAFRA, OLTRE L'EDEN e IDEOGRAMMI. Persino il suo ennesimo "ritorno" in grande stile, nel lontano 1997, era ripartito (guarda caso) dal Piper dove furono registrati alcuni brani live della raccolta antologica BYE BYE PATTY e un intero concerto pubblicato prima in VHS e poi in DVD: un ritorno alle origini organizzato fin nei minimi particolari che permise all'artista di ritrovare il suo pubblico.  E DIMMI CHE NON VUOI MORIRE fu l'unico inedito pubblicato per l'occasione: un bel pezzo, niente da dire, ma se non fosse stato preceduto da quel bailamme, in odore di revival, forse non avrebbe ottenuto lo stesso successo.

 

Insomma, per concludere, bisogna ammettere che l'eco della parola Piper ha avuto e evidentemente ha ancora una forte rilevanza, e non solo per l'originalità di un ritrovo diventato famoso in tutto il mondo, ma soprattutto perché racchiude in quelle cinque lettere un intero alfabeto, complesso e intrigante, che è andato a comporre milioni di parole che a loro volta si sono trasformate in veri e propri eventi, in uno spazio temporale che dalla seconda metà degli anni '60 ha propagato effetti a macchia d'olio fino alla fine dei '70, anche se il locale aveva cambiato gestione e indirizzo artistico molto tempo prima. Quindici anni incancellabili di concerti storici e dischi accattivanti (popolari e d'avanguardia), rivoluzioni culturali e storie di personaggi importanti, con le loro infinite, grandi e piccole sfaccettature.

 

Piper è quindi un simbolo, un riferimento, una "password", una delle tante, per decodificare e cercare di capire un periodo storico talmente ricco da riuscire a colmare idealmente (nel ricordo, nelle celebrazioni e negli anniversari) l'attuale voragine di povertà creativa e morale che negli ultimi anni ha intaccato come un virus tutte le discipline artistiche, e non solo...

 

Esiste un'interessante PIPER STORY firmata da Eddie Ponti (ripresa anche da questo sito nella sezione EXTRA), originariamente pubblicata sulla rivista NUOVO SOUND (1975) e successivamente sul sito dell'Editrice Sopi.

 

27.1.2015 - Rosario Bono