1971 - Lo scenario estivo per
noi ragazzi poco più che adolescenti, era la superba Versilia
degli anni d'oro che ancora non conosceva i "malesseri
speciali" del turismo di massa; era la Versilia del mare
pulito, dei bagni a mezzanotte, delle interminabili
chiacchierate, su e giù per la "passeggiata" di Viareggio. Il
luogo ideale per una vacanza all'insegna dell'amicizia e del
divertimento.
In un afoso pomeriggio di
luglio, durante una delle nostre solite scorrazzate in
autostop lungo il litorale toscano, ci imbattemmo
improvvisamente in una scritta rossa e nera a caratteri
cubitali su fondo bianco, stampata su un enorme cartellone
pubblicitario: NIGHT CLUB OLIVIERO
20 LUGLIO
PATTY PRAVO.
Praticamente la nostra cantante preferita, il nostro idolo
biondo!
Mancavano pochi giorni all'evento
e subito iniziammo a progettare, discutere e
farneticare sul da farsi, ridendo e scherzando, in preda ad un
vero e proprio bombardamento adrenalinico. Non potevamo
permetterci di mancare!
Tutto ciò che riguardava la musica, il
cinema e il mondo dello spettacolo in genere, era
da sempre il nostro pane quotidiano e teneva ben sveglia la
nostra innata e insaziabile curiosità. Sarebbe stato un vero
peccato lasciarci sfuggire la possibilità di un incontro
ravvicinato con quel personaggio così particolare,
così diverso, dotato di grande talento, rara bellezza e
di un temperamento a tratti sconcertante (un mix
esplosivo!). Il suo
repertorio era da tempo parte integrante della colonna sonora
dei nostri pomeriggi spensierati di bravi studenti, un po' svogliati, mentre le sue
vicende umane e artistiche erano (già allora!) oggetto di
piacevoli e animate conversazioni. Con quel suo originale e
stravagante modo di essere donna e artista, Nicoletta
sprigionava una sempre nuova e contagiosa energia e
noi vivevamo questo spazio sensoriale nella totale e
meravigliosa incoscienza della nostra giovane età, ma senza
mai eccedere o scadere in un fanatismo sfrenato e volgare.
Alcuni di noi (i più
grandicelli) avevano già assistito ad altri suoi spettacoli qualche anno prima, nella bolgia di un
Palasport, al Piper di Viareggio o nel
corso di qualche manifestazione itinerante, quando insieme a
tanti altri cantanti, Patty Pravo veniva presentata
come la regina incontrastata del
beat italiano. Ma nel frattempo la ragazza del Piper
aveva già scompigliato le carte, mandando a gambe all'aria il
suo primo manager, i capelloni e la minigonna, azzardando scelte di
immagine e di repertorio
davvero imprevedibili. Da meno di un mese era uscito Di vero
in fondo, il primo album di una ormai famosa trilogia
orchestrale, realizzata con autori e musicisti di prestigio
internazionale, e OLIVIERO, uno dei locali più esclusivi della
Versilia, era davvero il luogo ideale per presentare al
pubblico la nuova Patty Pravo.
Con il suo immenso parco-pineta
in riva al mare, le piscine, il ristorante e le vetrate
montate su strutture in legno smaltate di bianco e giallo,
OLIVIERO offriva un gran bel colpo d'occhio al visitatore
deciso ad oltrepassare l'imponente cancello d'ingresso. Un varco nella
notte che pareva dividere la realtà dal mondo dei sogni.
Arrivammo ai Ronchi da
Viareggio verso le 23, in autostop (come sempre) e dopo pochi
minuti di coda alla biglietteria, ci ritrovammo immersi in
un'atmosfera coinvolgente ed eccitante, accarezzati dalla
brezza marina che veicolava il profumo intenso dei pini e del
pitosforo. Centinaia di persone popolavano animatamente il
locale conversando, ballando, cenando a lume di candela o
semplicemente passeggiando abbracciate lungo i vialetti del
parco. Le ultime confidenze, prima di scivolare nella notte
con la complicità della luna e di un "buon bicchiere" stretto
tra le dita. Un ambiente signorile, lussuoso, ma senza inutili
ostentazioni di ricchezza, dove riuscivano a convivere
nell'armonia di un'unica grande festa, le diverse anime della
Versilia: le gran dame, gli industriali con l'amante di
turno, gli ex ragazzi del Piper, i "turisti per caso", i
giovanotti della "Roma bene" e di una Milano assai frizzante,
ma non ancora "da bere".
Anche la musica, lo svago e il divertimento,
agli inizi degli
anni Settanta, risentivano positivamente della magica alchimia
di quel decennio libero e sfrontato che li aveva
preceduti. Anni immersi in un tempo e in uno spazio dove il
senso della vita e delle cose era carico di mille sfaccettature,
di sani entusiasmi e di valori
a cui si dava ancora grande importanza. Difficile, se non
impossibile, il tentativo di rielaborare, spiegare e
trasmettere oggi queste percezioni a chi
non le ha vissute in prima persona.
Emozionati e
piacevolmente frastornati, passammo più di un'ora in allegria,
salutando altri compagni di viaggio e stringendo nuove e
intriganti amicizie.
Era da poco scoccata
mezzanotte, quando ci si ritrovò tutti quanti seduti sulla
pista in trepidante attesa, davanti alla pedana dove si
sarebbe esibita la novella Lady Pravo. I musicisti (The Sadu) in
doppiopetto bianco e camicia nera, nell'accordare gli
strumenti sorridevano davanti ai nostri sguardi impazienti e
incapaci di attendere anche solo un minuto di più. Il buio in
sala ci colse all'improvviso e iniziarono le prime note della
sigla dello spettacolo. Si trattava di Moby Dick dei Led
Zeppelin, un pezzo che ancora oggi riesce a creare in me la
stessa emozione, la stessa sensazione di attesa. Ancora
pochissimi ma interminabili minuti e poi... dal fondo del
palco una luce intensa come un raggio di sole dopo la pioggia
ci paralizzò di gioia: sotto i riflessi platino dei capelli,
raccolti in una lunga coda, ecco spuntare i grandi occhi
chiari e il suo mitico sorriso. Indescrivibile, minuta e
preziosa come una bianca statua di porcellana, era lì davanti
a noi, di turchese vestita, per specchiarsi nei nostri sguardi
stupiti e riscoprirsi, se possibile, ancora più bella... Aveva
già ipnotizzato la folla, persa ed eccitata nel produrre un
fragoroso e interminabile applauso. Nicoletta avrebbe potuto
inchinarsi, salutare e andarsene, il miracolo era già
compiuto. Fortunatamente, e come da copione, iniziò a cantare
e fin dalle prime note nella sala si creò un religioso
silenzio: nulla volevamo andasse perduto di
quell'indescrivibile pathos che rare volte unisce così
intensamente il pubblico e l'artista. La voce bruna e intensa
di Patty emanava tutta la sua potenza e il suo calore, sia
nell'affrontare Il mio fiore nero che Motherless Child,
dimostrando già da allora le sue capacità di escursione tra
generi musicali totalmente diversi.
I "cuori infreddoliti" si
potevano scaldare con le parole e la musica di Foglie morte o
della Canzone degli amanti. Chi si sentiva solo, imbrigliava
compiaciuto la sua malinconia in brani come Tutt'al
più, Wild
World, Un poco di pioggia... In questa atmosfera intensa e in
verità un po' struggente, ascoltammo anche Yesterday,
Di vero
in fondo, Love Story e tre cover in lingua
originale non ancora incise su disco, I
do love you (destinata a diventare Un volto bianco sulla neve),
T. L. & R.
(Thunder, Lightning and Rain) e Wasn't good enough (che
tradotta si trasformò nell'ormai famosissima Non ti bastavo
più). Arrangiamenti essenziali ma corposi, con il pedale dell'Hammond
a "tavoletta", ma soprattutto un'immensa e originale capacità
interpretativa, mai più eguagliata nel corso degli anni a
venire, e purtroppo, da dieci a questa parte, destinata a
scomparire del tutto...
Al termine di Non andare via
ci fu un'interminabile ovazione. Nicoletta non finiva
mai di ringraziare, emozionata e commossa fino alle lacrime.
La serata continuò splendidamente e noi, sempre in prima fila,
ci guardavamo ripetutamente negli occhi sorridendo increduli,
già pensando a tutto quello che avremmo dovuto confidarci a fine
concerto e raccontare agli altri il giorno dopo, nel tentativo
di prolungare l'effetto magico ed emozionante di questo
intrigante incontro. L'ultimo brano fu l'immancabile Se perdo te e sulle
note finali ci alzammo tutti in piedi per renderla partecipe
del nostro entusiasmo ormai alle stelle. Lei, ancora commossa,
sparì dietro le quinte avvolta dall'abbraccio protettivo del
nuovo manager (Ivo Callegari), mentre i musicisti riprendevano le note
di Moby Dick. Nessun bis. Più tardi, in camerino, sotto lo
sguardo amabilmente severo e protettivo della signora Linda
Wolf (amica e consigliera di Patty, da tutti
considerata l'artefice e la regista del
famoso "cambiamento"), riuscimmo anche ad abbracciarla. Fu gentilissima, sorridente e
disponibile.
Uscimmo dal locale a notte
fonda ma non fu difficile in quell'atmosfera di eccitazione e
di allegria, trovare un passaggio fino a Viareggio. Quando
rincasai tutti dormivano tranne la nonna. Altera e severa,
dapprima sbraitò per l'ora tarda (in dialetto napoletano), ma
poi con tono dolce e confidenziale, davanti ad un bicchiere di
latte tiepido, mi chiese: "Ma è davvero così bella come appare
sui giornali e in televisione?".
Il giorno dopo, nel pomeriggio,
tornammo sul "luogo del delitto". Patty era attesa dal reporter di
Oggi per un servizio fotografico, proprio nel giardino
di OLIVIERO. Potevamo mancare? Nicoletta era al centro
dell'attenzione, come sempre, ma riuscì ugualmente a dedicarci
un po' del suo tempo! E furono complimenti, fotografie,
autografi, sorrisi e strette di mano...
Successivamente riuscimmo ad
assistere anche alle altre tre tappe del tour estivo
programmate da OLIVIERO. Inutile dire che le serate seguenti
furono un concentrato di esperienze uniche e irripetibili, come
la prima volta. Eravamo diventati il suo portafortuna, la clac
ufficiale più giovane d'Italia... Non pagavamo più nemmeno il
biglietto d'ingresso, entravamo dalle porte di servizio
insieme a lei, alla signora Wolf e al suo gruppo. L'ultima
sera ci ritrovammo tutti insieme (alle tre di notte) a cenare
nel locale ormai vuoto, invitati da quel "maschiaccio" di nome
Nicoletta che, una volta riposti nell'armadio l'abito
da sera, l'erre moscia e Jacques Brel, si piazzò a capotavola
con l'immancabile Marlboro tra le labbra e ci spiazzò,
raccontando e ascoltando aneddoti e barzellette "irripetibili" e
lanciando a destra e a manca battute che (allora) avrebbero
fatto arrossire tutte le ragazze della sua età e non solo.
Questa volta rientrammo alle prime luci dell'alba, grazie alla
corriera delle 6 da Forte dei Marmi. Con una sfacciata
disinvoltura, di fronte ai rispettivi parenti inferociti sulla
porta, oltrepassammo miracolosamente indenni la soglia di una
grande casa che le nostre famiglie prendevano in
affitto per tutta l'estate. Guadagnammo in fretta l'entrata
della cucina per la prima colazione e poi,
finalmente tutti a nanna fino a mezzogiorno e oltre, stanchi ma felici e contenti, tra le braccia di
Morfeo a prolungare all'infinito il nostro piccolo,
grande sogno.
L'estate successiva
(1972) il
rituale fu replicato, con sommo gaudio di tutti quanti noi,
per altre tre serate (ne mancammo una soltanto): "stessa
spiaggia, stesso mare", stesso incredibile locale e,
ovviamente, nuove e indimenticabili interpretazioni a
completare il repertorio, come Col tempo, Io, Un po' di più...
Pura e irripetibile magia!
Rosario Bono - 7.7.2010
ULTIMO AGGIORNAMENTO
17.2.2017 |
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