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La trilogia Phonogram
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Di vero in fondo * Per aver visto un uomo piangere e soffrire
Dio si trasformò in musica e poesia * Si... incoerenza
1971 - Iniziano
e proseguono sulle note di tre pregevoli lavori discografici (incisi
per la Phonogram
tra il 1971 e il 1972) alcune delle pagine artistiche più ricercate
e raffinate, proposte da Patty Pravo nel corso della sua
lunga carriera. Anticipato da segnali di profondo cambiamento, già
da alcune precedenti produzioni del 1970, questo momento
magico inizia a prendere forma e suono con l'uscita dell'album Di
vero in fondo, primo felice episodio di una trilogia musicale
che sembra fondersi e completarsi in un'unica ipotetica opera, completamente orchestrale.
Questo primo
microsolco (pubblicato all'inizio dell'estate) si apre con un
classico della grande canzone francese, Foglie morte ("Les
feuilles mortes") che, come Tutt'al più dell'anno precedente,
prevede nell'introduzione un intervento recitato, quasi a voler
mostrare, prima di ogni cosa, il taglio stilistico da interprete
teatrale più che da cantante di musica leggera. Giusto per sgombrare
il campo da dubbi e fraintendimenti per coloro che
fossero rimasti, fuori tempo massimo, a ballare sulla pedana del
Piper Club. Il secondo brano, ...e tornò la primavera,
viene scritto appositamente per l'artista e porta la firma di
Francesco Guccini e Deborah Kooperman. Nel terzo brano,
Samba-Preludio, la presenza di un illustre ospite (Vinicius
De Moraes) impreziosisce un raro e struggente duetto di nobile
radice brasiliana. L'atmosfera si tinge di nero, così come gli abiti
da sera indossati con classe e disinvoltura nelle pubbliche
apparizioni: la nostra baby dark lady affronta Brel per la
seconda volta con Canzone degli amanti ("La chanson des vieux
amants") ed è credibile anche nel parlare d'amore da donna vissuta,
proprio come Edith Piaf o Juliette Gréco, malgrado i
suoi ventitré anni. La prima parte (quando ancora gli album erano
inevitabilmente proposti su due facciate) si chiude con Di vero
in fondo, brano intriso di malinconia e rimpianto, scritto da
Gino Paoli.
Un'incursione nel repertorio di Neil Diamond
con Soolaimon apre la facciata B e sottolinea la
dimensione internazionale del disco. Seguono un omaggio a Lucio
Battisti con Emozioni e l'ormai classica Love story
(di Francis Lai), già pubblicata in primavera su 45
giri. Questo brano, molto popolare, estratto dalla colonna sonora
dell'omonimo film ed eseguito da decine di importanti artisti in
tutto il mondo, non entusiasma più di tanto l'artista che non ha mai
nascosto di averlo inciso e ricantato solo per dovere contrattuale.
Con Wild world di Cat Stevens (cantata in lingua
originale) e "Lonely days" già incisa dai Bee Gees (diventata
in italiano Il buio viene con te) si chiude questo primo
album, fratello maggiore di Per aver visto un uomo piangere e
soffrire... e di Si... Incoerenza, dai quali sembra
davvero impossibile poterlo separare...
1971 - Per aver visto un uomo piangere e soffrire Dio si trasformò
in musica e poesia
- Questo
secondo e intrigante album nasce idealmente alla fine del percorso
musicale del precedente, di cui è la spontanea continuazione ed
evoluzione. Naturalmente non mancano alcune eccezioni, la prima
delle quali sembra proprio essere il pezzo che apre la facciata A
del disco: l'intensa Morire... dormire... forse sognare, dove
Patty Pravo incontra il pop sinfonico dei New Trolls.
Estratto dal loro famoso Concerto grosso (dove viene
interpretato in inglese) questo brano, tradotto da Sergio
Bardotti, pieno di fascino ed atmosfera, incanta l'ascoltatore
fin dalle prime note.
La musica rassicurante e le parole intrise di
speranza di Lanterne antiche ("Antique Annie's magic lantern
show"), insieme al nuovo incontro con la musica brasiliana di
Vinicius De Moraes con Poema degli occhi ("Poema dos olhos
da amada"), riconducono invece alle tracce di Di vero in fondo,
l'album pubblicato soltanto cinque mesi prima (il primo della
trilogia Phonogram). Poi, la prima grande sorpresa, Storia di una
donna che ha amato due volte un uomo che non sapeva amare ("The
same old chair"), canzone monstre scritta da David Shel Shapiro e
tradotta da Vito Pallavicini. Più che una canzone un "cortometraggio" della durata di circa nove minuti,
sofisticato e complesso: una bella prova per l'interprete, qui nel
pieno della sua maturità vocale e perfettamente a suo agio tra i
virtuosismi della grande orchestra.
Preghiera
("Bright tomorrow") è brano che ha l'onore di aprire la seconda
facciata dell'album: Patty Pravo, col suo canto accorato, riesce a
dialogare con Dio in un'atmosfera tanto più vicina al soul, quanto
lontana dagli hits del recente passato. Tutto il disco è
assolutamente privo di canzoni di richiamo commerciale, e in questo
senso osa ancora di più del precedente, ricco com'è di composizioni
"rubate" tra le pieghe di un repertorio internazionale di alta
qualità ma poco conosciuto in Italia. In effetti nel disco non viene
inserita nemmeno la ormai famosa Non ti bastavo più, incisa
nello stesso periodo e pubblicata solo in formato 45 giri, a
settembre, due mesi prima dell'uscita del Long Playing, in occasione
della partecipazione di Patty Pravo alla Mostra Internazionale di
Musica leggera di Venezia.
Tra i "furti" nobili del repertorio
estero troviamo Un uomo una donna una bambina ("Do yourself")
e Un volto bianco sulla neve ("I do love you"), quest'ultima
pubblicata molti anni dopo anche nella versione in inglese, dalla
Raro! Records, insieme ad altre rarità incise in questo periodo.
Le interpretazioni di tutti questi brani, molto intense e a volte
disperate, ci fanno scoprire un'artista inedita, spesso
malinconica. Le profonde sfumature e l'accentuazione dei vibrati,
già presenti in alcuni pezzi dell'album "Patty Pravo" del 1970
("Una conchiglia", "All'inferno insieme a te" e "Motherless child"),
qui si caricano ancor di più di pathos attraverso interpretazioni
quasi melodrammatiche.
Ancora un brano di Shapiro, T. L. & R. (Thunder, lightning
and rain), inciso e pubblicato anche dall'autore nell'album
Affittasi (1972), insieme ad altri suoi brani scelti da Patty
Pravo nel periodo Phonogram. L'album si chiude al ritmo contagioso
della corale Follow the lamb, quasi un invito a seguire
ancora la scia luminosa di questa stagione musicale particolarmente
magica.
1972
- La coerenza di stile, nella scelta dell'immagine e del
repertorio, che ha caratterizzato la carriera di Patty Pravo
nei primi anni Settanta, contrasta non poco con il titolo di questo
album: Si... incoerenza chiude infatti questo interessante e
omogeneo percorso con un ulteriore sigillo di qualità e di raffinatezza.
Due
brevi versioni strumentali de La solitudine ("La solitude")
di Leo Ferré, aprono e chiudono un disco ancora una volta
completamente orchestrale, diretto magistralmente dal grande Bill
Conti. Patty Pravo, sempre in prima linea nelle sfide con se
stessa, affronta subito My Way, un grande classico, con
maturità e convinzione, ed è credibile anche grazie al testo
italiano, quasi autobiografico, di Andrea Lo Vecchio, che la
trasforma in A modo mio. Con Non so perché mi sto
innamorando ("The way of love") e Per me amico mio ("A
Cowboy's Work is never Done") proseguono le gradevoli incursioni nel
repertorio internazionale: la prima, incisa dall'artista anche nella
versione inglese originale, verrà pubblicata, per la prima volta,
dalla Raro! Records, nel 1995.
Nel disco è presente
anche Lover man, ma qui purtroppo il confronto con i mostri
sacri del jazz non trova Patty all'altezza di un genere musicale che
decisamente non le appartiene. Due nuovi brani originali, Io
e Un po' di più vengono inseriti con l'intenzione di
incrementare le vendite dell'album, ma anche nella versione 45 giri,
che precede l'uscita del microsolco, non ottengono il successo
commerciale sperato.
Si... incoerenza mantiene comunque le
sue qualità peculiari, grazie alla presenza di ben altri contenuti.
Ed ecco infatti tra i solchi del tanto rimpianto vinile, le vere
perle di questo nuovo lavoro: Valsinha (Vinicius De Moraes,
Chico Buarque), tradotta da Sergio Bardotti, Col
tempo ("Avec le temps") e Piccino ("Petite"), dal
repertorio del maestro Leo Ferré. Brani senza tempo, sui
quali sono già state spese milioni di parole e che ancora oggi
riescono a colpire dritto al cuore. Senza infamia e senza lode Solo un uomo, che però
gode dell'intensa e grintosa interpretazione di Patty Pravo,
definita in questo periodo, dai critici musicali, cantante
espressionista, in bilico tra un autentico esistenzialismo e
un'artificiosa teatralità. In realtà gli accenti drammatici, quasi
sempre presenti in questa trilogia, risultano a volte esasperati. Da
molti, inoltre, non viene accettato il repentino cambiamento
d'immagine, da regina del beat/pop a inaspettata interprete degli chansonniers francesi. In realtà, a distanza di molti anni, tutto
diventa più comprensibile e spiegabile. Patty Pravo, guidata da
un'innata curiosità e da una forte predisposizione al cambiamento,
iniziava proprio allora un percorso di ricerca personale e artistica
che l'avrebbe portata, oltre che a giocare con le mille
sfaccettature del suo personaggio, a toccare tutti i generi musicali
possibili ed immaginabili, rischiando ogni volta di avvicinare e
allo stesso tempo allontanare diverse generazioni e tipologie di
pubblico. Atteggiamento che è sempre stato la croce dei discografici
e dei produttori italiani, inevitabilmente coinvolti nel rischio di
perdere quelle fette di mercato che con le "bambole" e le "pazze
idee" sarebbero risultate sicure e redditizie.
Rosario Bono -
3.6.2009
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