28.10.2008 -
Sì, ci stiamo per dirigere
A casa di Ida Rubinstein, un'opera pubblicata nel
1988, ricca di
contaminazioni, tra la romanza e il jazz, ovvero l'antro dove
Giuni elabora il canto, dove tiene nascosta la sua voce
banshee, unica al mondo. La sua educazione musicale è
stata senz'altro la lirica, il melodramma, e gia nel lontano
1975, quando pubblicò per la Basf Love is a woman
rimasi esterrefatto: ma chi era quella sirena immortale,
quella Lorelei che catturava noi poveri ascoltatori coi
prodigi della sua ugola? Il fatto che un paese come l'Italia non
sia riuscito a valorizzare una delle sue più grandi artiste, è
stato un vero crimine. La sua voce aveva delle straordinarie
possibilità, eclatanti direi, e anche il grande pubblico se ne accorse nel lontano 1982 con
l'uscita del singolo Un'estate al mare dove
diveniva difficile distinguere il verso dei gabbiani dalla
voce di Giuni, un connubio perfetto.
Un album interessante fu Energie
(1982)
prodotto ed arrangiato da Franco Battiato. Da lì
cominciò la strada della sperimentazione, sfociata appunto nel bellissimo album
di cui stiamo parlando, pubblicato dall'Ottava, casa
discografica dalla breve vita fondata dallo stesso Battiato. Dopo questo
incredibile
disco, Giuni invece di vedersi aprire tutte le porte, ebbe
addirittura difficoltà a trovare un contratto discografico.
Forse perché decise di interpretare romanze,
musica da camera di Verdi, Donizetti e Bellini, a volte
rileggendole in chiave jazz, altre volte in modo 4AD, talora
anche naturali, fedeli agli originali. Le arie anche se composte oltre
un secolo fa appaiono attualissime, i testi un po' demodè, ma
non stonano con le loro storie romantiche. Questo disco sembra
recuperare un sogno perduto, un viaggio a ritroso nel
tempo, eppure risulta ultramoderno. Giuni e' andata alla
scoperta delle basi della musica leggera italiana e le ha
trovate negli autori che ha scelto.
Inutile citare tutte le
canzoni, tutte suggestive, ognuna con un fascino diverso ed un
linguaggio musicale ricercato. Arte intesa come gioco, divertimento,
impegno, ironia, semplicità che sfocia in complessità; un
discorso globale, sicuramente una vittoria musicale nel triste panorama
nostrano. Gli arrangiamenti sono veramente unici e
geniali soprattutto in A mezzanotte ed in Malinconia, da
brividi... Il computer ben si affianca alle orchestrazioni
elaborate da Alessandro Nidi e Martino Traversa,
dove arcano e futuribile convivono in perfetto equilibrio e
sintonia.
Resta il fatto comunque che A casa di Ida Rubinstein,
rimane ad oggi un felice "parto musicale", impensabile per qualsiasi
altra artista nostrana, realizzato con un coraggio insuperabile.
Un progetto
rischioso, degno di un'artista nata culturalmente nei
coraggiosi anni '70 ma che ha saputo affrontare a testa alta
anche i decenni successivi.
Da un attento ascolto
dell'opera si capisce che le influenze musicali di Giuni sono
fra le più disparate, vocalmente invece è un gabbiano che vola
in libertà. L'unico paragone possibile mi sembra quello con Yma Sumac; ecco
sì, solo l'artista peruviana (soprannominata "l'usignolo delle
Ande") aveva
osato tanto, e infatti divenne una cantante di culto, proprio come
è oggi Giuni Russo.
Sebbene "A casa di Ida Rubinstein" appartenga ad un
unico filone, si presenta eclettico, proprio per l'intrusione
di sonorità differenti e l'ascoltatore ne rimane affascinato
al primo ascolto. Un disco mitico che non rilegge gli autori
classici come si faceva al tempo del progressive-italiano, ma
piuttosto adatta quelle armonie alla sua voce, e così sembra
che i pezzi siano stati scritti appositamente per lei. Ed è
come una cartolina proveniente da lidi lontani, terre vergini
incontaminate, dove la tecnologia diventa uno strumento
originale, usata in modo soft, con suoni rarefatti. Un album
intimista, interpretato con il cuore e con una sensibilità
schizofrenica che ci introduce in epoche dove la semplicità e le piccole cose di
tutti i giorni erano davvero gli argomenti più importanti. Un disco
che sarebbe stato caro a Guido Gozzano e ai crepuscolari.
E Giuni Russo è un'artista crepuscolare, proprio così!. Ogni volta che
il disco termina viene voglia di riascoltarlo da capo.
La zingara, in particolare è un pezzo avvolgente, carismatico,
capace di provocare vertigini... Ero sicuro che la Russo prima
o poi avrebbe realizzato un lavoro così particolare e di
grande spessore artistico,
un presagio che fortunatamente si è avverato. Giuni, qualche anno più tardi, nell'album "Se fossi
più simpatica,
sarei meno antipatica" ripescherà ad esempio Petrolini,
proseguendo un originale discorso di rilettura, non certo
appoggiato e agevolato dall'ottusità dell'industria discografica.
Giuni era una cantante capace di reinterpretare
in modo originale qualsiasi brano, eppure in Italia ha dovuto
faticare non poco per
sopravvivere artisticamente. Chissà quanto ce l'avrebbero
invidiata all'estero, soprattutto i cugini
d'oltre Manica. Non era un'artista catalogabile, definibile, ma
sicuramente una grande fuoriclasse della musica leggera italiana, e anche quando
era alle prese con qualche canzonetta, come quella con la Rettore
(Adrenalina), aveva puntato sul ritmo, il divertimento
e l'ironia.