In tutto il mondo è stata recentemente annunciata la pubblicazione di
M Train, il nuovo libro di Patti Smith di cui
attendo fiducioso l'uscita nella traduzione italiana. E proprio in
questi giorni, per una strana coincidenza, ho finito di leggere
Just Kids, il suo precedente e, devo doverosamente
aggiungere, imperdibile lavoro.
Non ho parole per descrivere la bellezza di questa "doppia"
biografia che è riuscita a commuovermi e ad emozionarmi fin
dalle prime righe. Talento, cultura, passione e umiltà hanno
creato, alternandosi e compensandosi, un mix esplosivo in grado
di penetrare in profondità la forza e il potere di
una grande amicizia.
Sullo sfondo gli eventi e i cambiamenti che hanno affiancato gli ondivaghi percorsi artistici sul tramontare degli
anni Sessanta fino alla fine degli Ottanta, in
America e nel resto del mondo, ma soprattutto, in
primissimo piano, l'incredibile vita di due grandi avanguardisti, Patti e Robert
(Mapplethorpe), pionieri di un'intera generazione di
"compari" che ha fatto della creatività (nella musica, nel
cinema, nella letteratura e, nel caso di Robert, anche
nella fotografia) un dogma, una delle principali ragioni di
vita. Una storia vera, fatta di avvenimenti concreti, di parole
concrete, mai romanzata e affrontata con maestria sia nel
focalizzare il percorso "professionale" (dalle timide origini alla gloria) che
nello scandagliare quello umano, aspetto (se
possibile) ancora più significativo.
La Smith con un linguaggio fresco
e immediato ha saputo raccontare con stile ogni cosa, quel tutto
che si materializzava in una
successione di piccoli e grandi avvenimenti, alcuni fortemente voluti, altri
decisamente casuali,
in un tempo in cui, all'incrocio delle strade di New York, in un
parco, o in un hotel (leggi Chelsea) si poteva incontrare il
mondo intero e accadevano cose...
SELEZIONE *
Avevo sempre fame. Metabolizzavo il cibo in fretta. Robert
poteva digiunare per molto più tempo. Quando non avevamo soldi
non potevamo fare altro che saltare il pasto. Robert era in
grado di lavorare anche se si sentiva debole, ma io credevo di
svenire. Un pomeriggio piovigginoso avevo una gran voglia di uno
di quei sandwich formaggio e lattuga. Setacciai i nostri averi e
trovai cinquantadue centesimi esatti; mi infilai il trench
grigio e il cappello da Majakovskij e mi diressi alla tavola
calda. Presi il vassoio e introdussi le monetine ma lo sportello
non si aprì. Ci riprovai ma senza fortuna, e allora mi resi
contro che il prezzo era salito a sessantacinque centesimi.
Restai delusa, se così si può dire, ma poi sentii una voce
chiedere: "Posso aiutarti?". Mi voltai ed ecco Allen Ginsberg.
Non ci eravamo mai incontrati, ma quello era senza dubbio il
viso di uno dei nostri poeti e attivisti più grandi. Fissai quei
fondi occhi neri, che risaltavano assieme alla barba nera e
riccioluta, e annuii. Allen aggiunse i centesimi che mancavano e
mi mise davanti anche una tazza di caffè. Lo seguii in silenzio
fino al suo tavolo, e mi avventai sul sandwich. Allen si
presentò. Parlò di Walt Whitman, io gli accennai di essere
cresciuta a Camden, dove Whitman era stato sepolto, allora si
chinò verso di me e mi scrutò per bene. "Sei una ragazza?" mi
chiese. "Già", dissi. "E' un problema?". Rise. "Mi spiace. Ti
avevo scambiato per un ragazzo carino". Il quadro mi fu subito
chiaro. "Be', devo ridarti il sandwich?". "No, goditelo.
L'errore è stato mio". Mi disse che stava scrivendo una lunga
elegia per Jack Kerouac, morto da poco. "Tre giorni dopo il
compleanno di Rimbaud", dissi. Mi strinse la mano e ci
separammo.
Qualche tempo dopo Allen diventò mio buon amico e maestro.
Tornammo spesso al nostro primo incontro, e una volta mi chiese
come avrei descritto il modo in cui ci eravamo conosciuti.
"Direi che mi hai sfamato quando ero affamata", gli dissi. E
l'aveva fatto. * PATTI SMITH - JUST KIDS - 2010