VENEZIA - GIUGNO 1999
Bentornata in Italia,
Patti. Questa è la tua prima volta a Venezia? No,
ci sono già stata nel '78. Quella volta mi fece un'intervista
Isabella Rossellini su un canale. Non suonai, lessi
delle poesie e feci quell'intervista. Da allora mai più, ed è
bellissimo esserci tornata.
So che da qualche tempo sei tornata a
vivere a New York. L'hai
trovata cambiata rispetto a come l'avevi lasciata? Per
certi versi è molto simile a quella che ricordavo. E' una
città che mi piace e mi attrae, e con me è sempre stata
amichevole. Vivere a New York è come stare in una grande
comunità. La trovo anche abbastanza sicura, a dispetto della
sua strana reputazione, e c'è ancora molta energia. Ma non
tutto è come allora, e la differenza più evidente deriva dal
suo sviluppo economico degli ultimi anni. Questo è il lato che
non mi piace, la prosperità si è tradotta in una sfrenata
crescita dei costi per viverci. L'incubo attuale che grava
sulla città è che se ne faccia un centro tutto orientato allo
stato di polizia e al turismo. Queste cose ne hanno in parte
modificato il carattere, ma New York è una grande metropoli e
non si può distruggerla completamente. Credo che l'essenza
della città sia ancora intatta.
Sei tornata anche a suonare al CBGB's.
Un tuffo al cuore? In realtà il posto non è molto
cambiato, anzi è piuttosto simile a come era allora. Questa
cosa mi ha fatto sorridere, il palco è lo stesso di sempre, la
gente è ancora di fronte a te, e anche il suono sembra essere
lo stesso degli anni '70. C'è qualcosa di molto familiare nel
modo in cui il locale "suona" e la gente si muove, e
nell'energia che si respira. Ci siamo divertiti tanto, abbiamo
suonato lì per quattro sere intorno a Halloween e la gente era
completamente fuori di testa. Ma il motivo per cui mi è
piaciuto è che non c'era nostalgia in quello che stavamo
facendo. Eravamo nel presente, da parte nostra non c'era
alcuna intenzione di ricordare o celebrare il passato. Io non
riesco a trovare alcun interesse nel tornare ai miei anni
giovanili. Sentivo forte il lato "presente" della storia del
locale, della città, della band.
Sei ancora in giro con il gruppo con cui
hai realizzato "Peace And
Noise"? Sì, siamo ancora io, Oliver Ray e Lenny
Kaye alle chitarre, Jay Dee Daugherty alla batteria
e Tony Shanahan al basso. Ho cercato di riunire i miei
migliori amici e con loro sono stata a lungo in tour. Insieme
somigliamo molto a una vera band.
E con loro stai lavorando al tuo nuovo
album? Già finito. Spero di
vederlo uscire per settembre. Da Venezia andrò a Londra per
terminare il missaggio, e sono già eccitata all'idea. E'un
disco forte. Molto forte.
Avrà la stessa energia di
"Gone Again" e "Peace
And Noise"? Di più, molta di più. Di quelli potrà
rappresentare una continuazione, ma sarà ancora più energico.
Quello che abbiamo cercato di raggiungere con Peace And
Noise era l'essenza della rock'n'roll band, con pochissimi
overdub e un'ossatura molto live... solo una band che suonava.
In questo disco la band è la stessa, ma è passato del tempo e
siamo stati insieme a lungo e adesso siamo più forti. Il nuovo
disco ha una missione molto precisa. Io ho un sacco di cose in
mente, sono in buona salute, sono felice, mi sento bene, e
tutta questa energia positiva è finita dentro le canzoni.
Anche per parlare di cose per cui vale la pena di spendere
delle parole. Tutte le canzoni sono state scritte da me e
dalla band, insieme. Eccetto un brano che io e mio marito,
Fred Sonic Smith, avevamo scritto ma mai registrato.
Adesso l'abbiamo fatto, con la band e con mio figlio, che ha
17 anni e suona la chitarra come suo padre. Ha suonato il
"solo" di Scott Persuasion, una canzone fantastica.
Già,
tuo figlio... ricordo di averlo visto suonare "Smoke
On The Water" durante la tua ultima volta a Roma...
Oh, sì, fu divertente, ma adesso Jackson è migliorato. E' un
grande chitarrista. Su Dream Of Life c'è una canzone
per lui, se ben ricordi.
Ricordo,
eccome... Dunque in questi giorni sei a Venezia per un
reading (l'esibizione in Piazza San Marco,
nel cartellone di "Fondamenta", ha avuto luogo
lo scorso 6 giugno, ndr). La tua ispirazione
sembra ancora dividersi tra poesia e canzone. O forse
per te sono esattamente la stessa cosa? Quando scrivo
poesie penso sostanzialmente a comunicare attraverso un
linguaggio speciale e sono costantemente alla ricerca di un
ritmo interno alle parole. Non ragiono in termini di musica o
di musicalità delle parole. I miei testi, in cui ancora
applico il mio linguaggio vocale, sono scritti per essere
cantati. Buona parte della mia poesia è certamente più oscura
delle mie canzoni. Forse non è diretta a tutti. Attraverso una
canzone cerco di comunicare con una massa di persone,
concentrando il senso di ciò che sto cercando di dire. Delle
volte le due forme s'intersecano, soprattutto nelle fasi di
maggior improvvisazione. Canzoni come Bird-land o
Memento Mori sono molto più vicine alla forma espressiva
della poesia. Because The Night, ovviamente, è una
canzone. Trovo più facile scrivere poesie, perché quando
scrivo canzoni sento una forte responsabilità verso le persone
a cui cerco di comunicare ciò che dico. La canzone è per la
gente, la poesia è per te stessa... e anche per quelle poche
persone che ne sono veramente interessate. Quando scrivo
poesie non mi preoccupo di chi le leggerà, cerco solo di
raggiungere la parte più alta della mia mente. Qui a Venezia
sono con Oliver e con lui faremo soprattutto canzoni
con la chitarra acustica. Ma è solo perché non parlo italiano
e non sarebbe gentile leggere una quantità di poesie in
inglese per un audience che farebbe fatica a comprenderle.
Sarà qualcosa alla maniera di Spell, il brano di
Peace And Noise che è una sorta di poema recitato su un
fondo musicale. Faremo qualcosa del genere, così come il poema
di Ezra Pound a Venezia, cercando di trasmettere alcune
idee alla gente con una chitarra acustica.
Tu suoni la chitarra acustica?
Oliver la suona! Io solo un poco, quanto basta. Quelle
poche canzoni che scrivo da sola le scrivo con l'acustica. La
maggior parte, però, le scrivo con i miei musicisti. In realtà
non scrivo molta musica, solo qualche volta. Giusto qualche
accordo. Per il nuovo album tutta la band ha scritto canzoni:
Lenny e Oliver un paio per uno, il resto tutta
la band.
Voi stessi ne avete curato la produzione,
come per "Peace And Noise"? No, questa volta
abbiamo lavorato con un vero produttore: Gil Norton.
Penso sia una gran persona, oltre che un ottimo produttore. E'
molto interessato al linguaggio e alla poesia, oltre che al
suono e... sono così felice. E orgogliosa.
Quanto alle esibizioni pubbliche,
cosa ricevi da un reading di poesie che un rock-show non ti
può dare? Quel che cerco davvero in ogni
performance è un senso di comunicazione con la gente, uno
scambio di energie. Naturalmente nel rock-show c'è più energia
apparente per via del volume e della forza della musica. Le
performance che amo di più sono quelle in cui si stabilisce un
contatto con la gente, che può tradursi in lotta o in gioia.
Quanto ai reading di poesia, in realtà non ne faccio molti
perché penso che siano abbastanza noiosi. Leggere troppo può
risultare pesante a chi ascolta, e allora cerco di miscelare
le due componenti. Però, quando leggo davanti a un pubblico un
poema in cui credo, che mi viene dal profondo del cuore e in
cui riesco a mettere tutta me stessa, delle volte avverto il
silenzio totale di chi mi sta ascoltando ed è concentrato
sulle mie parole, sul loro suono e sul significato profondo, e
delle volte riesco a vedere delle persone piangere, e capisco
che tutti abbiamo avvertito le stesse sensazioni nello stesso
preciso istante. Questo è un momento del tutto speciale, una
magia. Ma l'importante per me resta andare su un palco e
cercare una via di comunicazione con delle persone. Non si
tratta solo di salire lassù, cantare delle canzoni o leggere
una poesia e tornarsene a casa come se avessi semplicemente
fatto il tuo lavoro. Quel che cerco è la sensazione che tutti
abbiano condiviso qualcosa nello stesso momento, perché non
sono una entertainer né una star che fa il proprio lavoro per
dare alla gente qualche momento di svago. Cioè, non tendo a
mettere di buon umore delle persone per la durata del mio
show, non voglio che vadano a casa pensando sì, va bene, lei
ha fatto le sue cose... Voglio che abbandonino la notte
pensando che ci sia qualcuno che si preoccupi del fatto che
loro esistono, che si preoccupi delle stesse cose di cui loro
stessi si preoccupano. Tutti noi viviamo sentendo qualcosa.
Spesso hai scelto di declamare il testo
di "People Have The Power",
piuttosto che cantarlo. E' vero, ed è perché
delle volte ho la necessità di assicurarmi che la gente
ascolti veramente le parole, perché le parole sono importanti.
Io e mio marito abbiamo scritto quella canzone per la gente,
per ricordar loro una cosa semplice ma importante, e cioè che
ogni essere umano è prezioso e ha una voce. E collettivamente
si può operare un cambiamento. Così, delle volte dico le
parole perché voglio che la gente pensi alle parole, altre
volte scelgo di cantare le parole perché la gente possa
sentire l'energia della canzone. E mi piace quando il pubblico
canta quella canzone insieme a me... è eccitante.
E'
come se la musica non fosse abbastanza per soddisfare il tuo
bisogno di esprimerti. Forse perché non sono veramente una
musicista. Adoro la musica, ma mi vedo più come una scrittrice
e una performer. La musica è divertente ed eccitante ma il
centro assoluto dei miei interessi è fare in modo che la gente
si soffermi a pensare a delle cose. La gente va nei posti per
divertirsi ed ascoltare musica, ma quando viene a veder
suonare la mia band io voglio che pensi a delle cose,
all'acqua pulita, all'aria salubre... quando protestiamo
contro la guerra per dare sicurezza ai nostri figli... voglio
che la gente si diverta, ma che lo faccia pensando alle cose
importanti della vita. E' come hai detto tu: la musica non è
abbastanza, ci sono tante altre cose importanti da dire e a
cui pensare.
Tu sei stata in qualche modo legata ad
Allen Ginsberg e William Burroughs, hai inserito parti di
"Howl" in "Peace
And Noise" e hai dedicato l'intero album alla memoria
di Burroughs. Credi ancora nell'attualità del loro
pensiero? Assolutamente sì. Credo che l'essenza del
pensiero di Allen sia lo stesso di People Have The Power.
Certo, lui era più spirituale, ma il senso è lo stesso. Noi,
Tutti, Siamo, Importanti. Lui dice "santo" tutto, santa
l'anima, santo il naso, santo il buco del culo. Io credo che
volesse dire che tutti noi valiamo qualcosa e ogni parte di
noi vale qualcosa. E questo sarà sempre attuale. E' attuale
ricordare alla gente che ciò che conta è rispettare se stessi
e di conseguenza rispettare gli altri. Quanto a William, gli
ho voluto dedicare il disco perché se n'è andato proprio il
giorno in cui l'abbiamo finito. Era una persona meravigliosa e
un grande amico. Sento spesso la sua mancanza.
Hai incontrato tante persone di talento
nella tua vita,
soprattutto negli anni '70. Hai conosciuto
qualcuno di veramente speciale anche negli ultimi anni? Ho
incontrato Oliver quattro anni fa e per me è stata una
grande scoperta. E' un grande poeta, è giovane e sta ancora
lavorando alle sue cose, ma ha un talento enorme, nella
fotografia, nella musica, nella poesia. Mi ritengo fortunata
di poter seguire da vicino la sua evoluzione. Ho conosciuto
Michael Stipe, una persona sensibile, un caro amico. E mi
piace quello che fa. E poi ho incontrato il Dalai Lama,
anche lui una brava persona, no? (ride) Sì, sono stata
fortunata ad incontrare nuove persone, alcune delle quali sono
diventate mie buone amiche. Tristemente, lungo la strada ho
anche perso molte persone a me vicine, Robert Mapplethorpe,
Allen Ginsberg, William Burroughs, mio marito...
Hai incontrato Kurt Cobain,
cui hai dedicato "About A Boy". Non l'ho mai
conosciuto, ma rimasi molto triste e delusa per quella cosa
che ha fatto. Quando ho scritto quella canzone non avevo
intenzione di farne una figura romantica, né di sublimare il
suo atto. Volevo esprimere la mia... odio pensare che fossi
arrabbiata... ero solo sgomenta di fronte al fatto che
qualcuno così dotato, e anche capace di spingere delle persone
a credere in lui, avesse deciso di gettare via la sua vita.
Ovviamente ho pensato che stava soffrendo pene insostenibili
per prendere quella decisone, ma penso che se stai trascinando
delle persone, soprattutto giovani, a seguirti e ad ammirare
il tuo lavoro e a stimarti come essere umano, tu devi sentire
la responsabilità verso quelle persone. E non credo che quello
sia stato un buon esempio da dare a dei ragazzi. La canzone
parla di questo. In inglese l'espressione "about a boy" dice
di una persona che non pensa ad altri che a se stesso,
fregandosene degli altri. Ma c'è una doppia via d'entrata,
perché può anche significare che qualcuno è in paradiso,
qualcuno veramente in gamba. E' una sorta di canzone
positiva-negativa.
Lou Reed ha cantato che c'è magia in
ogni perdita. Condividi?
Credo di sì. Ogni scomparsa è tragica e penosa, ma sono stata
attenta se qualcuno mi mandava un avviso. Pasolini diceva "non
è che i morti non parlano, siamo noi che non possiamo
sentirli", e io penso spesso a questa cosa. Quel che cerco di
fare quando perdo qualcuno, quando poi mi riprendo dal dolore,
è cercare di ascoltare il suo spirito, e ogni volta riesco a
sentirlo. Ogni volta che qualcuno accanto a me è morto io ho
potuto sentire il suo aiuto. Mi hanno aiutato perché ho
sentito la loro presenza, perché ho ricevuto conforto da loro
e perché ho smesso di pensare che se n'erano andati
concentrandomi invece su quanto ero stata fortunata ad averli
avuti nella mia vita. Per esempio, mio fratello Todd... noi
eravamo molto vicini, moltissimo. Quando è morto mio marito io
ero molto scura, avevo la morte dentro. Mio fratello morì poco
dopo. Mio fratello era sempre contento e rideva e mi faceva
ridere, sempre. Dopo lo shock per la sua morte mi ritrovai a
camminare per strada, e all'improvviso mi sentii... felice! Mi
guardai intorno e pensai "da dove viene? Io non dovrei essere
felice". Eppure il mio cuore era pieno, e pensai "è mio
fratello, ecco chi è". Potevo sentire la sua presenza
esattamente come la sua assenza. Ed era come se mi dicesse "oh
oh, devi essere forte e felice". E una cosa del genere mi
successe quando morì Robert Mapplethorpe. La nostra amicizia
era fondata sul lavoro comune e dopo la sua scomparsa i presi
a a lavorare tutto il tempo, scrivevo e dipingevo ed era come
se sentissi che quello speciale tipo di energia artistica che
eravamo soliti scambiarci fosse tornata. Era lì, a portata di
mano. Dunque c'è sempre qualcosa, e ogni volta è diversa.
Oltre il lavoro, cos'altro ti ha aiutato
a superare i momenti più oscuri? Amicizia. Figli. Essere viva.
Io amo veramente la vita. Pensa a oggi: mi sveglio, sono a
Venezia, vado a vedere la tomba di Ezra Pound, giro per
la città. Tutto, è questa la vita, comprese le guerre nel
mondo, i bambini che muoiono di fame. So che è difficile, di
una difficoltà senza fine, ma la vita stessa è una grande cosa
e noi dobbiamo respirarla, proteggerla, batterci per essa e
affrontare le difficoltà. E prendere la gioia delle cose
buone.
Sei solita guardarti indietro?
Intendo, la tua vita è andata più o meno come da
ragazza sognavi che andasse? Bene, voglio dirti questo:
quando ero una bambina e poi un'adolescente ero così debole e
malata che non avrei mai pensato di vivere tanto a lungo. Sono
stata benedetta, più di quanto avrei potuto immaginare. Ciò
che speravo era di poter scrivere un libro... adoravo i
libri... fare qualcosa che potesse piacere a qualcuno, che
significasse qualcosa per qualcuno. Questa era la mia
ossessione di bambina: scrivere un libro che qualcuno potesse
amare. Qualcosa come Pinocchio. E questo è ciò che
cerco ancora adesso. La mia vita è buona, oltre i dolori e le
difficoltà che ho dovuto superare. E' stata una gran vita... e
sono ancora qui! Mi sento forte, in buona salute, e so
prendermi cura di me stessa.
Col tempo ti sei costruita una campana
di vetro per proteggerti dall'esterno?
Direi di no. Ho la mia famiglia, i miei amici, non tutta la
mia vita è pubblica o guidata dal business, ma questo non
significa che me ne stia rintanata tutto il tempo. Faccio una
vita normale, niente di speciale. Viviamo in una vecchia casa,
con il gatto, il recinto e tutto il resto. Io sbrigo le
faccende, preparo la cena per i ragazzi, faccio i lavori che
si suppone debbano essere fatti. Se il bagno è sporco, devo
lavare il bagno, e poi mi piace leggere, guardare i
mystery-show, ascoltare John Coltrane e l' opera, Puccini,
Beethoven... Una vita piena di varie attività, alcune delle
quali richiedono forte concentrazione, tipo scrivere o
studiare o ascoltare Coltrane, e altre cose del tipo "mami la
mia maglietta è sporca, ti prego lavamela" (fa il verso di una
vocina lamentosa e supplichevole, poi ride contenta, NdR). E'
così, una vita semplice e serena, ecco perché dico che non
avrei mai pensato di arrivarci. E' una gran vita, e non è
molto diversa da quella di chiunque altro... E' come Venezia:
vedi queste bellissime chiese e gli angeli e questa
meravigliosa architettura sullo sfondo di un cielo da sogno e
poi... una lavanderia! Ma è necessaria! Sono le due parti
della vita: l'arte, il divino, l'aspetto mistico e spirituale,
e poi le mansioni umane, cucinare e fare la lavatrice.
Torniamo alla tua carriera discografica.
Guardandola nel suo aspetto complessivo mostra un carattere
singolare: quattro dischi nella seconda metà degli anni
'70 e tre, quasi, nella seconda metà dei
'90. Giusto in mezzo Dream Of Life, anno 1988.
Cosa rappresenta quell'album, visto da oggi? E'
un disco assolutamente speciale, e lo è diventato soprattutto
dopo la scomparsa di Fred. Rappresenta la verità su come
Fred vedeva me. Lui scrisse tutta la musica per me. Alcune delle
idee principali dell'album sono le sue. Io scrissi il testo di
People Have The Power, ma l'idea del titolo è sua. Anzi, fu
lui a spingermi a scriverla, dicendomi "devi scrivere una
canzone che s'intitoli People Have The Power. Quel disco
esprime perfettamente il modo in cui ci sedevamo uno di fianco
all'altro a parlare a nostro figlio Jackson delle
responsabilità che le persone hanno di rispettare se stesse.
Tutto quello che pensavamo in quel periodo sta dentro le
liriche di quelle canzoni, ma tutta la musica è venuta da un
uomo solo. Nessun altro dei miei dischi è stato creato da una
sola persona. Tutte le canzoni e tutte le chitarre e tutti gli
arrangiamenti e i titoli delle canzoni e il titolo dell'album,
tutto venne da Fred. Era il suo personale regalo a me. Lui
cercò di mettere insieme un intero corpo di musiche che io
potessi cantare e poi mostrare, per dividere con il pubblico
cosa c'era nelle nostre menti e cosa eravamo ancora in grado
di fare. Ma non fu accolto benevolmente in America. La gente
aveva risentito della mia assenza, del fatto che avevamo
deciso di stare vicini ai nostri figli e crescerli e
proteggerli e tenerci lontani da qualsiasi cosa riguardasse la
musica. La gente non sembrò rendersi conto che noi non avevamo
smesso di lavorare del tutto, semplicemente stavamo lavorando
duro come sempre intorno a cose diverse. In quegli anni Fred
fece studi di aviazione e diventò pilota. Io ho studiato
pittura, ho messo al mondo due bambini, e insieme abbiamo
lavorato duro. Ma la gente non comprese quale fosse la vera
forza di quell'album, e subito lo bollò come un disco
familiare o qualcosa del genere, perché c'era una ninna nanna,
eccetera... e io non ho mai capito fino in fondo questo
atteggiamento. Loro non capivano il vero potere spirituale di
quel disco, volevano soltanto un altro disco punk-rock, non
gliene fregava niente del fatto che contenesse un forte
messaggi politico. Noi lavorammo sodo per fare un disco che
potesse ispirare delle persone, ma... Comunque, sono convinta
che prima o poi la gente andrà a riscoprirlo, e sono felice di
averlo fatto perché riascoltandolo ci si può fare un'idea di
che tipo d'uomo e di compositore fosse Fred.
Così,
sei entrata e sei uscita dal business come e quando hai voluto.
Ma sei mai stata veramente interessata a farne parte? Non
credo di aver mai fatto quel tipo di cose che si ritengono
necessarie per stare dentro al music-business. Ho sempre fatto
le mie scelte personali, tutti i miei dischi sono esattamente
come io ho voluto che fossero, la mia casa discografica non ha
mai messo bocca nelle mie decisioni e io non ho mai permesso
loro di cambiare una virgola del mio lavoro. Non ho mai agito
per compiacere alcuno se non me stessa e il pubblico, e
probabilmente qualche volta ne ho anche pagato il prezzo. Ma
non mi preoccupo di questo. Faccio delle cose perché voglio
farle. Sto facendo questa intervista perché lo voglio, il
music-business non c'entra. Sto parlando con te perché voglio
comunicare con te e attraverso te con altra gente. E sto
parlando perché ho delle cose da dire. Voglio continuare a
comunicare, ben oltre i miei dischi e le interviste
promozionali.
Molti pensano ancora a te come a una
cantante. Ti basta?
Quando ero una teenager non pensavo certo di diventare una
cantante rock. Anzi, allora non esisteva proprio la figura
della donna-cantante in una rock'n'roll band, e non era
proprio nei miei pensieri stare alla guida di una rock'n'roll
band. Sognavo di diventare una cantante d'opera, ma ero troppo
magra... mi guardavano e mi dicevano "devi metter su qualche
chilo", e io volevo essere come Maria Callas... Ma ciò
che resta è la necessità di comunicare, in qualsiasi modo
possibile. E' quello che ho cercato di fare nella mia
esistenza, anche cantando in una rock'n'roll band. Adesso
siamo seduti qui e se tu non parlassi inglese io prenderei la
chitarra e ti canterei una canzone, o potremmo recitare una
preghiera insieme, o prendere un caffè. Troveremmo comunque il
modo di comunicare.
Prima di lasciarci,
vorresti rivelare il titolo del tuo nuovo album? Non
sono ancora sicura, ma credo che sarà Gung-ho. E'
un'espressione gergale, e significa che sei pronto a lottare
ancora con tanto entusiasmo. E' una frase della Seconda Guerra
Mondiale che indica che puoi combattere la giusta battaglia,
ed è come io mi sento adesso. Mi sento pronta a chiudere
questo secolo ed entrare nel nuovo decisa a combattere. Questo
è lo spirito dell'album.
INTERVISTA di GIANLUCA TESTANI - MUCCHIO
SELVAGGIO - LUGLIO 1999
Pagina inserita il 5.5.2009