Diversamente
dagli altri ragazzi della band, quando cominciammo non
avevo nessuna particolare conoscenza della storia del pop,
così più che altro ho imparato strada facendo. Virtualmente
non avevo alcun background culturale. Praticamente ho ignorato
la musica fino all'età di quindici anni e alla scuola che
frequentavo - che era in Illinois, nel cuore della
middle-America - andava il metal. I miei genitori ascoltavano
Gershwin, Mancini, Wanda Jackson e la colonna sonora de
Il
Dottor Zivago. Questo è tutto ciò che avevo sentito.
Per caso mi
feci un abbonamento al "Village Voice" quando avevo
quindici anni. Proprio a quel tempo - verso la fine del 1975 -
parlavano di quello che stava succedendo a New York con i
Television, Patti Smith, I Ramones e del
CBGB's. Mi ricordo
distintamente il numero del novembre 1975 della rivista Cream.
Qualcuno ne aveva lasciata una copia nella hall dello studio,
sotto una sedia. C'era una foto di Patti Smith, e aveva un
look terrificante. Sembrava Morticia Addams. E penso che fosse
in un pezzo in cui Lester Bangs o Lisa Robinson parlava del
punk rock a New York: faceva notare come tutta l'altra musica
fosse come guardare dei film a colori, mentre quella era come
una Tv in bianco e nero. E mi sembrava avesse senso. Ho letto
di queste bands prima di averle ascoltate, e mi suonava così
stupefacente.
"Horses",
il primo album di Patti Smith, uscì subito dopo e
praticamente mi fece a pezzi, rimettendomi insieme in una
maniera completamente diversa. Quando lo ascoltai avevo
quindici anni, ed è roba piuttosto dura per un ragazzo bianco
americano della classe media, che siede nel soggiorno dei suoi
genitori con le cuffie per non farsi sentire. Era come la
prima volta che uno si tuffa nell'oceano, e viene travolto da
un'onda. Uccideva. Mi sentivo completamente liberato. Avevo in
testa le cuffie gracchianti dei miei genitori e stetti in
piedi tutta la notte con una grossa coppa di ciliegie
ascoltando Patti Smith; mangiavo le ciliegie e dicevo: Oh mio
Dio...! Merda...! Cazzo...!. Quello fu il momento.
Quel primo album
era in assoluto la cosa più importante al mondo. Era come:
mio Dio, mi sta mandando qualche magico messaggio segreto. Ci
trovavo qualcosa di sporco ed eccitante e sexy e "fico". Mi
resi conto di essere un outsider e mi sentii separato dalla
maggior parte delle persone. Questa musica rendeva la
separazione più evidente ma era il mio asso nella manica,
perché io avevo qualcosa che loro non avevano. Avevo la
consapevolezza di questa cosa incredibile. Che ero nel
Mid-west e desideravo essere a New York.
Uscì "Marquee
Moon" dei Television. Proprio la cosa più
angolare, fragile e brutale che avessi mai sentito. Quindi
andai a pescare tra quelli che li avevano influenzati. I
Velvet, gli Stooges, i Dolls e così via... Ma Horses rimaneva
l'unico. Per me era rivoluzionario. Aveva realmente cambiato
la mia vita, penso in modo positivo. Voglio dire, sono
diventato una pop star. Probabilmente è cominciato tutto con
quel disco.
Non penso di
essere necessariamente un canale per qualche misteriosa
energia che scende giù dal cielo, perché mi porterebbe
sullo stesso livello di un saggio, e a me non piace essere
messo su un piedistallo. Non mi piace essere considerato la
voce di una generazione, anche se parliamo di nove o dieci
anni fa. Credo veramente nell'etica originale punk, nel fatto
che non devi essere una persona "speciale" per essere un
musicista: come dicevano Patti Smith e Tom Verlaine, chiunque
può farlo. Io lo presi alla lettera. Pensavo semplicemente:
cazzo, se possono farlo loro perché non posso io? Questo è il
motivo per il quale mi sono unito ai R.E.M. Pensavo: se
Patti
Smith può cantare, anch'io posso cantare. Nessuno ha mai
realizzato quanto io abbia preso da lei come performer. Lei
era decisamente gutturale. Somigliava a tutti i rumori che si
fanno col corpo. Billy Bragg dice che quando gli uomini si
svegliano, la mattina, devono fare ogni possibile rumore con
il corpo, per assicurarsi di essere ancora vivi. La voce di
Patti Smith era così. Non era un crescendo perfetto di note.
Era come una bestia impazzita che ululava: ogni rumore
possibile. Ho ciecamente rubato da lei per gli ultimi quindici
anni. Patti Smith era una donna ma era anche in quella zona
grigia alla quale penso di appartenere come personaggio
pubblico, la zona "né in un modo né nell'altro". Ho sempre
reagito a questa cosa in modo grandioso. Lei non era una donna
come venivano generalmente definite le donne nel 1975 negli
Stati Uniti, era qualcosa di completamente diverso, e non solo
perché era androgina. E io diventai in qualche modo la mia
versione di lei. Quando suono la chitarra in Don't Sleep I
Dream, è come se lo avessi strappato da Radio Ethiopia di
Patti. Fare un bel giro di chitarra è una cosa così semplice.
Suona veramente bene. Non sono capace di fare una schifezza.
Mettiamo che io suoni una nota - un la, per esempio - ma la
suono veramente bene. Radio Ethiopia era una canzone di dieci
minuti, e penso che rappresenti il suo desiderio di suonare un
accordo in mi.
Radio Ethiopia è ancora uno dei
grandi dischi sophomore semplicemente per quel motivo.
Dice: è quello che voglio fare ed è quello che farò. La ammiro
per questo.
Ogni volta che i
R.E.M. suonavano a Detroit le dedicavo sempre una canzone,
sperando che lei ci fosse. Non c'era. Doveva essere la seconda
voce in Everybody Hurts. Non lo fu, così la cantai da solo. Ma
mi scrisse due righe che ebbi in aeroporto a Los Angeles
appena prima che partissimo per il tour mondiale del 1995.
Diceva soltanto: spero che tu faccia un buon tour e grazie per
tutte le belle cose che hai detto di me. Ho camminato a mezzo
metro da terra per otto ore! La chiamai da una sorta di
libreria anarchica, a San Sebastian, in Spagna, e fu davvero
grande per me anche semplicemente parlare, perché in passato
l'avevo innalzata a un irragionevole, quasi eroico livello. Ma
se me lo chiedi oggi, ancora sta molto, molto in alto. Voglio
dire, penso che sia una delle artiste fondamentali della mia
vita intera.
Adesso ho visto
Patti Smith esibirsi parecchie volte. Lo show che abbiamo
visto, del quale siamo stati testimoni, al Wiltern Theatre di
Los Angeles è stata una delle dieci migliori esperienze della
mia vita. Penso di poter dire - non solo delle dieci
esperienze musicali. C'era qualcosa di speciale quella notte.
Una gran parte era la sua esibizione. E' una performer
navigata. E' incredibilmente grande in quello che fa. La prima
volta in cui aprì la bocca su un palco, Patti Smith diventò il
catalizzatore e il conduttore di qualsiasi cosa sia
rock'n'roll. La sua influenza è inevitabile e benedetta.