Mi ha catturato fin dal primo
capitolo questa intrigante autobiografia (pubblicata in Italia
nel 2004), per
l'autenticità dei contenuti, la trasparenza del racconto e lo
stile nella stesura.
Le storie vere di Gordon Matthew Sumner
(Sting), "fotografato" bambino e poi adolescente, marito, padre e
artista di belle speranze in cerca di un posto d'onore nel "dorato"
mondo della musica. E alla fine sarà un traguardo meritato e
importante quello conquistato con fatica e sacrificio nella
gara a ostacoli di un percorso spesso in salita e quasi mai in
discesa.
Questo libro è proprio il racconto di quel viaggio
speciale che da fanciullo introverso, ma soprattutto volitivo e
tenace, lo porterà a diventare, tra mille difficoltà e con un
pizzico di fortuna, un uomo di successo, una persona ricca di
fascino, forte e come sempre molto consapevole delle
proprie capacità. Un adulto razionalmente distante
dalle gabbie emotive generate dai conflitti famigliari nel periodo
dell'adolescenza e finalmente lontano dalla noiosa routine della
vita di provincia con le sue deboli e spesso inutili speranze
rassegnate.
Pagina dopo pagina si respirano attimi di vita
vissuta, mai romanzata, mai teatralizzata neanche nei momenti più
drammatici, raccontata con una sincerità disarmante, non priva di
momenti divertenti. Sarà proprio il veloce alternarsi delle
vittorie e delle sconfitte che alimenterà sempre di più il sogno,
l'intima certezza di poter puntare ancora più in alto, e diventare
finalmente il prestigioso artista, operoso e versatile, che tutto
il mondo ha poi conosciuto.
Il libro riporta storie particolari,
appartenenti alla vita di Sting prima del grande successo:
nel volume di 323 pagine il nome dei Police appare per la prima volta
a pagina 233... E la vera forza dell'autore di questa autobiografia è
stata proprio
questa, l'aver saputo scandagliare fatti, situazioni e avvenimenti
circoscritti in un arco temporale ben definito, per poter meglio
mettere a fuoco, per potersene servire
quasi come un'indispensabile e liberatoria autoanalisi.
Il racconto è fluido, leggero e non si nutre mai
di sensazionalismi. Niente storie inventate e/o "gonfiate" ad
effetto, nemmeno rivelazioni morbose o aneddoti scandalistici, tipici
dello stereotipo "sesso, droga e
rock'n'roll", in cui la massa è abituata ad identificare e
imprigionare un certo tipo
di artisti.
Da persona intelligente e di buon gusto, Sting ha pensato
bene di portare nella sua prima autobiografia qualcosa che avesse
più che fare col suo mondo interiore e ovviamente anche con la sua
vera, unica grande passione: la musica.
Quello che è successo dai Police in poi è un'altra storia, in
parte cronaca degli ultimi decenni, e per raccontarla occorrerebbero come minimo altre
trecento pagine e un altro titolo. Sì perché Broken Music che
significa più o meno "cattiva musica" o "brandelli di musica" (gli
unici suoni che da ragazzo riusciva a far uscire da un vecchio
pianoforte aggredendone letteralmente i tasti) non sarebbe certo il
titolo adatto per descrivere il mondo "musicale" di Sting con
la sua la fertile produzione discografica, gli incontri e la
magia delle sue performance, dai Police in poi.... Più che di
brandelli qui si tratterebbe di affrontare il racconto di una
seconda vita e della costruzione, mattone dopo mattone, o meglio
nota dopo nota, di un prestigioso patrimonio musicale.
Potrebbe essere materiale altrettanto interessante per un nuovo libro!
Speriamo che
Sting ci stia pensando... anche perché,
detto tra noi, il "ragazzo"
si sa esprimere niente male!
Selezione - Pagina 292:
"Pochissime sensazioni sono paragonabili all'euforia della prima
volta che senti il tuo disco alla radio, una canzone su cui
hai lavorato e sudato improvvisamente trasmessa dalle onde radio. E' come vedere tuo figlio che va in bici per la prima
volta. Il tuo bambino, tuttora una parte di te ma non
più fisicamente collegato, apre le ali e decolla".