E'
arrivato solo qualche giorno fa, ma è subito balzato al primo
posto nella mia classifica "personale" e da ieri, in Italia, anche in quella
ufficiale.
Sto parlando di un album speciale, il secondo di Stromae
(al secolo Paul Van Haver), artista
belga di grande talento che ho scoperto grazie alla recente partecipazione al
Festival di Sanremo.
Ho tradotto
tutti i (suoi) testi dal francese e attraverso ripetuti ascolti ho
cercato di assimilare presto e bene ogni singolo brano, così
come puntualmente accade ogni volta che un disco "mi chiama".
Si sono così fatte strada le prime preferenze: giusto un paio
di brani non mi hanno particolarmente colpito, altri invece mi hanno entusiasmato
e
non poco, mentre alcuni si sono rivelati dei piccoli, autentici
capolavori.
Mentre il CD srotolava vorticosamente tutti i
suoi bit nell'amplificatore, l'istinto, sgomitando ad ogni traccia,
ha preso il sopravvento sui nobili propositi di assecondare
(anche) la razionalità. E non a torto, visto che si
tratta di un album "in movimento" dagli accenti tribali,
acceso, passionale che rifiuta ogni tipo di
mediazione: o piace molto o non piace per niente.
La RADICE QUADRATA a cui
fa riferimento il titolo del disco è quasi certamente il
risultato di una complessa "formula matematica", o meglio di un
approfondito studio di ingegneria del suono, in grado di
accostare e miscelare i più svariati generi musicali
sottraendoli, ad operazione conclusa, ad ogni altra possibile
classificazione. Quasi come mettere in un "frullatore
intelligente" una manciata di musica elettronica, un pizzico
di melodia, rap a volontà, sonorità etniche quanto basta e una
bella spruzzata di cantautorato francese DOC... E poi alla
fine realizzare che il condimento invece di "impazzire" come
fa la maionese quanto si sbagliano i tempi e le dosi, ha preso
consistenza e ha un sapore nuovo, diverso, ma con un retrogusto
antico. E così si finisce per
scoprire che le culture musicali non sempre
appartengono a "mondi lontanissimi", qualche volta
possono far parte di un unico, grande
sogno.
Alla base di un risultato
così strepitoso, prima della fortuna, ci devono essere
altri elementi vincenti. Nel caso specifico:
un'idea originale, un valido progetto
(supportato da un buon investimento) e, per finire, la
capacità di trattare (anche) argomenti importanti e
profondi attraverso un linguaggio
intelligente ed ironico che trasuda passione
e disperata leggerezza.
Quando ho fatto
ascoltare alcuni pezzi dell'album ad un amico, mi son sentito dire: "Ma questo non è
il tuo genere!". Un'affermazione che mi ha fatto sorridere. Io amo tutta la musica, non mi importa un fico
secco dei generi, posso trovare all'occasione tutto ciò
che "mi serve" in una canzone dello Zecchino d'Oro,
o in un "rutto creativo" di Nina Hagen, passando
per la Canzone Napoletana, fino ad arrivare ad
ascoltare tutta la discografia di Nico per tre
giorni di seguito (e senza per questo meditare il
suicidio). Quindi, probabilmente, non è un caso se l'album
di Stromae l'ho buttato giù tutto d'un fiato come
un bicchierino di vodka ghiacciata.
"E per tutti quelli che amano SOLO il rock,
solo il metal, solo la classica, solo le "robe
impegnate" e sputano sentenze su tutto il resto, oh
yeh!".
Tornando a Racine carrée, mi è capitato di leggere,
tra le altre, una bella ed esaustiva recensione di
Rockol che segnalo volentieri a fondo pagina, giusto
per aggiungere ai punti di vista di un chiacchierone
delle sette note come me, le doverose
e professionali annotazioni di un bravo critico
musicale.
E' vero, ho preso una bella "sbandata" per questo
disco. Mi piace molto (è stato un amore al primo
ascolto), mi emoziona, mi agita i pensieri,
mi stimola, ma soprattutto mi fa pensare
positivo riguardo le sorti della creatività
(questa sconosciuta!) nella musica contemporanea.
Rosario Bono - 8.3.2014