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I VIAGGIATORI DELLA SERA
 

 

 

FILM - Italia 1979 - Regia di Ugo Tognazzi
 
 

Nel romanzo I viaggiatori della sera di Umberto Simonetta, pubblicato da Mondadori nel 1976, siamo in un futuro imprecisato: seguendo la sorte che la legge impone a chi sta per compiere 50 anni, una coppia di negozianti milanesi si avvia mestamente verso un villaggio di vacanze ad Arenzano. È subito chiaro che il significato di questo «andare al mare», attraverso i vincenti di una tombola indetta a scadenze fisse, equivale alla «soluzione finale» di hitleriana memoria. In un mondo dove i tredicenni hanno il voto, per gli anziani è finita. Se nel libro c’è un mesto grigiore da commedia crepuscolare, nel film che ne ha ricavato Tognazzi c’è una vernice futuristica...

 

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Il protagonista non è più un commerciante, ma un maturo disc jockey permissivo e parolacciaro come usava ai tempi della sua adolescenza sessantottina: mentre i giovani, naturalmente, sono tutti freddi, incravattati e irreprensibili Altra differenza: sullo schermo gli anziani non si limitano a sfogare le loro angosce in frenetiche attività sessuali, c’è anche un tentativo di resistenza per salvarsi e magari per cambiare la vita. L’idea di un’ecatombe degli anziani nei mondi nuovi che ci riserva il futuro è un’ossessione ricorrente nella fantascienza. Per fermarci al film di Tognazzi, che quando fa il regista predilige i temi apocalittici (ricordiamo Il fischio al naso tratto da Buzzati), il nerbo della narrazione si esaurisce nella trovata iniziale. Poi I viaggiatori della sera tira avanti in maniera prevedibile, puntando forse troppo su un’ambientazione (un villaggio alle Canarie) suggestiva anziché terrificante. Tognazzi sembra più fiducioso di sé come attore che come regista, ma non è al suo meglio. La moglie è impersonata da Ornella Vanoni, attraente e simpatica anche se fuori ruolo: 49 anni non li mostra proprio.

 

 

Note di Tullio Kezich - IL NUOVISSIMO MILLE FILM. Cinque anni al cinema 1977-1982 - Oscar Mondadori

 

 

     

 

 

 

«Non ho voluto parlare di una lotta tra generazioni. Io e la Vanoni nel film siamo due giovani di oggi trasportati in uno di possibili domani. Difatti vestiamo Fiorucci e ci esprimiamo nel gergo dei ragazzi che si vedono in giro adesso. Ma ci capita di compiere cinquant’anni in una società diversa da quella attuale, in cui lo sviluppo ha dimostrato tutti i suoi limiti. Quindi il potere ha deciso che bisogna spremere al massimo gli uomini nel momento in cui hanno più energie da spendere ed eliminarli quando potrebbero cominciare a riposarsi sugli allori. In questa società tutto è razionalizzato e disumanizzato al massimo, ma il potere, accortamente, si è messo una maschera rassicurante, quella dei giovani. Io ho cercato di fare, e non so se ci sono riuscito, un film contro l’assurdità del potere, i suoi abusi commessi nel nome di un’idea e sempre ai danni di una minoranza. Io sono cresciuto nel fascismo, quando gli ebrei venivano trattati molto peggio dei cinquantenni del mio film. Oggi dopo il caos, come mi pare che avvenga di solito, potrebbe arrivare un potere nuovo dal volto giovane e razionale, micidiale nella sua perfezione. Probabilmente nessuno lo chiamerebbe fascismo» Ugo Tognazzi - L’EUROPEO - 8.11.1979

 

 

 

     

 

 

 

 

 

 

Il valore del film, peraltro, risiede soprattutto nella eccezionale bravura e nell’intelligenza di Ugo Tognazzi, uno dei cosiddetti mostri sacri della comicità nostrana, definito da Pasolini "uno degli uomini più buoni e intelligenti" che avesse mai conosciuto. Come regista e sceneggiatore Tognazzi dimostra la sua intelligenza nel modo in cui utilizza il romanzo di Simonetta che fornisce il soggetto: egli non ne riprende solo le situazioni grottesche, la battute salaci, i risvolti boccacceschi, ma ne dà un’interpretazione molto intima, più sul piano della malinconia – come già detto - che su quello della comicità; riesce così a tradurre in immagine non solo ciò che Simonetta ha scritto, ma soprattutto «quel che di inespresso sta oltre la parola scritta. G. Grossini - CINEMA NUOVO - 1980

 

 

 

 

 

 

  

 

Ornella Vanoni - Premio Maschera d'argento 1979

 

 

Per quanto riguarda gli elementi fantascientifici che appartengono al film, essi vengono esaltati da un’ottima fotografia e da un’appropriata scenografia, «ruotante intorno alla asetticità dell’ambiente e quindi tanto più fantascientifica delle astronavi di colossal tipo Alien. Il percorso verso il villaggio n. 27, sulle rive del mare, compiuto da questi curiosi "viaggiatori della sera", per i quali rimandare di qualche ora la “lunga vacanza” è sintomo di vitalità, dà la netta impressione di un domani non troppo lontano che mostra i segni di una civilizzazione disumana. Vasti appezzamenti interrotti da cumuli brunastri di terriccio, simili alla Valle della Morte di Zabriskie Point, locali automatizzati ove un barman-programmatore al computer fornisce bevande e spuntini, sono stati ripresi con tale dose di freddezza compositiva dalla cinepresa, da far dimenticare sia la fabula di supporto, sia il contrasto generazionale» IBIDEM