15.1.2005 - L' incontro con Roberto Vecchioni
è fissato per venerdì 14 gennaio, ore 17, al Teatro Sociale
della mia città.
Non si tratta di un concerto ma di un dibattito dal titolo
Cantautori si nasce. Sul palco anche il giornalista di Radio
Rai 3 Michele Mannucci. La sala, perfettamente restaurata, è
piccola ma accogliente ed è gremita da un pubblico abbastanza
eterogeneo, molti i ragazzi e le ragazze poco più che adolescenti.
Roberto Vecchioni, accolto dagli applausi della platea, per
sciogliere il ghiaccio apre con una simpatica battuta: "Quanta
gente! Ma non avevate niente di meglio da fare oggi pomeriggio?".
Risata generale... La "lezione" si sviluppa in forma di intervista
ma inizia con una breve ma efficace escursione nella storia della
musica, dalle origini ai nostri giorni. Poi, incalzato dal
bravissimo Mannucci, Vecchioni precisa, divaga, spiega con la
semplicità e la chiarezza che da sempre lo contraddistinguono e
insegna senza essere mai tedioso o compiaciuto della propria cultura. Cita i Beatles e i Rolling Stones, i
grandi autori della canzone francese degli anni Cinquanta, idoli e
maestri della sua gioventù, e "senza vergogna" anche I Nuovi
Angeli, per i quali agli inizi della carriera, ha scritto quei famosi
e allegri successi da Hit Parade... Cerca di svelare il
segreto dei meccanismi che concorrono alla costruzione di una
canzone, sottolinea il lavoro di ricerca musicale che non può
eludere la contaminazione di stili diversi, dal rock al jazz, alla
melodia napoletana... Racconta di quanto e come il vissuto, il
quotidiano, grazie ai primi cantautori è riuscito a fare breccia tra
le righe di un testo, dell'esigenza di un'originalità del
linguaggio, strumento essenziale per esprimere i contenuti di
vecchie e nuove problematiche. Prende consistenza anche il concetto
di quanto sia importante, soprattutto per un autore, leggere,
imparare e inventare nuove forme di espressione letteraria,
indispensabili per poter esternare il proprio "sentire" e il proprio
pensiero fino al punto di riuscire a far combaciare perfettamente le
emozioni con le parole scritte e poi cantate. Il discorso si fa
sempre più interessante e coinvolgente, a tratti filosofico, si
spazia da Brel a Pessoa, da Guccini a
Fabrizio De Andrè. Ed è su quest'ultimo che il professore si
sofferma a lungo, definendolo il più grande cantautore
italiano di tutti i tempi. Di Fabrizio ricorda la cultura, la
precisione maniacale nella ricerca della musica e del testo. E poi
la voce... una voce unica e inimitabile. Ogni considerazione viene
argomentata, sviscerata, collocata in un ambito più ampio, sociale,
affettivo, umano... Un breve viaggio culturale organizzato con
semplicità, in un coinvolgimento totale, tra le parole dell'artista
e lo sguardo incantato e a tratti divertito del pubblico. Perché
Vecchioni sa essere anche ironico, dissacrante e non lesina battute
all'occorrenza. Parla volentieri anche delle collaborazioni con le
grandi interpreti italiane, per le quali ha scritto molte canzoni:
Ornella Vanoni, Gianna Nannini, Patty Pravo e
Mina. Ricorda l'incontro con Anna Oxa, a metà degli
anni Ottanta: riuscire a scrivere per lei comportò la necessità di
un lungo periodo di frequentazione, per studiarne la personalità,
cercando di carpire desideri e aspettative di una giovane e bella
ragazza intenzionata ad esprimersi con le sue canzoni (cita su tutte
A lei, presentata dalla Oxa al Festival di Sanremo del
1985).
Avevo già pronta una domandina, nel caso fosse stata
data la parola anche al pubblico, ed era questa: "Come mai non
scrive più spesso per le grandi interpreti che ha citato?", ma la
risposta è arrivata da sola nel corso del dibattito, casualmente,
prima della domanda... Vecchioni sostiene che scrivere canzoni è il
mestiere più bello e più difficile del mondo, farlo poi
immedesimandosi nell'universo femminile è un impegno enorme, tentare
di pensare con la stessa mentalità di una donna non è cosa semplice.
Confessa di averlo fatto in passato, con un coinvolgimento totale,
frequentando per un periodo solo femmine ("C'è il rischio di andare
fuori di testa completamente", dice con ironia), per concepire un
album tutto raccontato al femminile, quello che secondo lui è stato
il disco migliore di tutta la sua carriera: Il cielo
capovolto. Ma è stato comunque un lavoro molto difficile. E mi rendo conto
che ha perfettamente ragione. Alla fine, quando è stata offerta a
tutti la possibilità di intervenire, io che ero restato ormai orfano
della mia unica domanda, cerco di pensare a qualcos'altro, mentre
qualcuno si fa avanti con le prime richieste. Il tempo stringe,
Vecchioni chiede: "C'è qualche altra cosa che volete chiedermi?". Ho
un flash improvviso e istintivamente alzo la mano... Vecchioni,
sceso in platea, mi porge il microfono... Vinco un minimo di
timidezza e azzardo: "Solo una piccola curiosità: come è nata
Treno di panna, scritta per Patty Pravo nel ' 98?".
Vecchioni mi spiega subito che lo spunto del titolo è arrivato dal
romanzo omonimo di Andrea De Carlo. Ricorda che in quel
periodo aveva preparato due o tre pezzi per Nicoletta. A lui piaceva
molto un altro brano che avrebbe voluto farle incidere, dal titolo
Migrazioni, con un testo particolare che accennava ad un
viaggio, al desiderio di evasione dalla realtà, all'alternarsi di
presenze e assenze... Immagini che avrebbero potuto rappresentarla
molto bene... Nell'album Notti, guai e libertà
lei invece scelse di inserire Treno di panna. Ma anche
questa canzone, ammette Vecchioni, vuole essere alla fine un piccolo
ritratto di Patty e del suo modo d'essere, tipico di molti artisti,
che spesso vediamo o immaginiamo forti come l'acciaio, come un treno
appunto, e un attimo dopo ci accorgiamo che sono dolci e fragili
come panna, e viceversa (li sorprendiamo deboli e poi invece,
all'improvviso, sanno
sfoderare una forza inaspettata). E fa valere lo
stesso discorso per Loredana Bertè (che con Vecchioni ha
firmato il pezzo): "lei è una che grida, sbraita, manda a quel paese
mezzo mondo ma poi, se le parli, ti accorgi della sua grande
fragilità, di quanto sia lacerata dentro...". Riferendosi nuovamente
al brano oggetto della mia domanda, aggiunge che gli è piaciuta
l'idea di tratteggiare con le parole del testo l'immagine di una
donna disincantata che si ferma ad osservare gli aspetti
contrastanti della propria personalità...
Essendo da anni un estimatore di Vecchioni,
soprattutto come autore, oltre ad essere rimasto molto soddisfatto
della risposta, ho sentito improvvisamente nascere in me la piccola
speranza di poter ascoltare un giorno Migrazioni, in un
futuro album di Patty Pravo, magari altrettanto importante come
Notti, guai e libertà. Si chiude così il dibattito,
"tra un ricordo e un desiderio" e con un lungo applauso tributato
all'instancabile e generoso professore.
Rosario Bono
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