Non "Per Elisa", con cui ha
vinto Sanremo nel 1981: ha "rotto" con il
tormentone? Litigato no. Ma non è stato facile gestire
quel successo. Per anni, incontrandomi, la gente me la cantava
in faccia. Finché mi sono stufata e, per 15 anni, l'ho
abbandonata. L'ho ripresa tempo fa in versione
progressive. Ero ad Amburgo e il pubblico dopo un po' è
scappato. Menomale che era l'ultimo bis.
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Che cosa non voleva essere da giovane?
Una cantante pop leggera. Ho sempre amato i cantautori, la
musica e le parole. Ma ero confusa, solo vivendo ho capito chi
ero e che cosa volevo essere.
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Si è mai scottata? Spesso. Nel '71 ho
vinto Castrocaro, l'anno dopo sono andata di diritto a
Sanremo. Per me era un luogo mitico, un punto di arrivo, ma lo
scontro con la realtà è stato duro: la musica non importava a
nessuno e il brano con cui partecipavo era tremendo. Sono
tornata solo 9 anni dopo, quando ho vinto.
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In un video del 1984 cantava "Zu nah
am Feuer" con il tedesco Stefan Waggershausen:
c'erano bambole, dondoli, ragnatele.
Ripensando alle stranezze di quegli anni, prova
imbarazzo? Mai. Quel pezzo, poi, ha venduto un milione di
copie. Certe cose facevano ridere, è vero, ma non ero io a
sceglierle. In Germania i registi mi facevano trovare
scenografie allucinanti e io "trattavo", con umiltà e
rispetto. Quel rispetto per glia altri che, in preda alla
follia del grande successo, è facile perdere assieme al senso
della realtà.
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Lei a un certo punto ha imboccato un percorso
artistico di nicchia: che cosa significa per lei
"rinunciare"? Qualcosa di positivo, sempre
frutto di una scelta.
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Le scelte più importanti che ha fatto?
Tutte. Anche se alcune avevano conseguenze che non ho saputo
prevedere.
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Di che cosa sta parlando? Di scelte
professionali che mi hanno portato a rinunciare a qualcosa che
prima caratterizzava la mia vita, come la popolarità. Ho fatto
un salto nel buio, ma non ho mai avuto paura.
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Il bilancio, quindi, è
negativo. E' positivo. Ho ricevuto tantissimo, grazie
anche a ciò che di buono, proprio rinunciando, ho
seminato.
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Rimpianti? Nessuno. Il mio obiettivo era
comunicare il mio modo di essere con la musica e la voce. Che
ho sempre coltivato e coccolato. E pensare che, da ragazzina,
l'avevo anche persa...
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Quando? A 12 anni, dopo essere andata
vicinissima a un incidente d'auto, per lo shock ho smesso di
parlare per due anni e mezzo. Ho "ricostruito" la voce grazie
a due brave maestre di canto. Prima era acuta, dopo molto più
bassa.
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Dove vive? Da qualche parte. Adesso sono
qui.
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Ha una casa vicino a Udine: com'è
arrivata lì? Avevo motivi importanti per starci.
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L'amore per un uomo? Sono fatti
miei. Però ci sono rimasta.
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Quando non lavora che cosa fa? Vivo.
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Si sforzi: legge, zappa
l'orto... Non sono portata per l'orto. Semmai curo le
piante.
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Viaggia? Mai, già lo faccio per
lavoro.
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Il rimprovero più frequente che riceve?
Gli amici mi dicono che sono un orso, incapace di tenere
rapporti.
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Crede in Dio? Il mio percorso personale
passa anche attraverso la fede, ma non voglio parlarne in
questa sede.
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Gli anni della politica in piazza,
quando era giovane, come li ha vissuti? Mai fatto
politica attiva. Ho sempre avuto le mie idee, niente di
più.
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La musica può cambiare il mondo? Viviamo
nell'era dell'immagine, la musica si consuma, non si ascolta.
C'è chi desidera farlo, non la massa: quella, disorientata dal
sistema, sceglie solo un linguaggio, eliminando il resto.
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Ha lavorato più volte con Morgan: che
cosa pensa di X Factor? Morgan è bravo. Ma quel
poco che ho visto, la selezione, è aberrante.
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Un bel ricordo che le viene in mente? Ne
ho tanti, per fortuna. Ma non ho nostalgia del passato o della
giovinezza.
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Allora come vive la maturità? Se uno
accetta le leggi naturali, quindi il decadimento del corpo, e
mette l'accento su ciò che abbiamo dentro, è fantastica. Non
patisco più di tanto per delusioni e sconfitte. Sono altro,
finalmente.
Andrea Scarpa - Vanity Fair - Marzo
2009