Morte di una Diva
6 MAGGIO 1992
7 MAGGIO 1992 -
CORRIERE DELLA SERA
- A PARIGI, ESILIO E TRAMONTO
Il Festival di
Cannes aveva scelto la sua effigie nei manifesti. Un modo
come un altro di celebrare il mito di Marlene Dietrich
che si è spenta, ieri, all' età di novant' anni, circa. Era
nata, secondo il "Who's who" britannico, nel 1904 e, secondo
quello francese, nel 1902. Il "Filmlexicon" da' per sicura un'
altra data di nascita: il 27 dicembre 1901. I miti debbono
conservare un alone di mistero. La notizia del decesso e'
giunta a metà pomeriggio. L' "Angelo azzurro" dal volto
sublime si e' spento serenamente. Nel sonno. Forse alle
quindici, forse prima o forse dopo. Forse la causa e' un
arresto cardiaco. Che cosa importa? A Marlene, che se n' e'
andata, si addicono i "forse". Se n' è andata in silenzio,
senza quel clamore giornalistico che detestava e che circonda
altre morti eccellenti. Nel recente passato abbiamo tentato
più volte di parlarle al telefono. Avevamo il suo numero.
Sapevamo che la voce che ci rispondeva, un po' roca e un po'
stanca, era la sua. Parlava in francese, ma, non appena ci
qualificavamo, prendeva a parlare in tedesco alla Lili
Marlene. Come se chiudesse la porta, delicatamente ma con
fermezza. In tedesco come parlava con Joseph von Sternberg,
il regista dell' Angelo azzurro. Non sappiamo chi ci
fosse, ieri pomeriggio alle quindici, accanto a lei. Non è
escluso che fosse sola. Nessuno l' aveva più vista dal
novembre del 1981 quando fu portata in ospedale per una
frattura dell' anca. Si era volontariamente "murata viva" in
quel suo minuscolo appartamento dell' avenue Montaigne. L'
avenue dei grandi sarti, delle sfilate di moda, delle
mannequins che fanno sorridere se pensiamo allo charme di
Marlene. Si era sottratta agli sguardi come se volesse vivere
una sua eternità. Avevano il diritto di penetrare in quelle
due camere e cucina solo la figlia Maria, il nipote Pierre, la
segretaria Norma e la cameriera spagnola Valentina. Viveva di
ricordi con quegli occhi ancora luminosi che ormai non
vedevano quasi più . Viveva su un letto e poggiava, negli
ultimi tempi, le gambe su due cuscini. Le gambe che furono di
Lola, la protagonista dell' Angelo azzurro, film con il
quale Marlene si fece conoscere nel 1930. Le splendide gambe
che fecero impazzire il vecchio professor Unrat interpretato
da Emil Jannings. Un appartamento di settanta metri quadrati
che si affacciava su un cortile interno. Anni fa, madame
Dietrich era stata costretta a lasciare un appartamento
più
spazioso in seguito a una lite condominiale. Non poteva più
vedere il ponte dell' Alma, le grandi nuvole che corrono sopra
la Tour Eiffel. Forse, in quei settanta metri quadrati, il
mito era più rispettato. Non c' erano più i fotografi
tedeschi che affittavano scale da pompiere per cogliere una
sua immagine, magari attraverso i vetri delle finestre. "E' un
po' come se il cinema morisse con lei", ha detto Jean Marais
apprendendo il decesso dell' attrice. "Era splendida ed aveva
il segreto di piacere", ha detto un altro mito, Arletty, sua
coetanea. "Un' immagine indimenticabile", ha detto
Marcel Carné. Adesso, in quel suo ristretto ma, idealmente, immenso
spazio da mito, Marlene è immobile. Una rosa sul petto, ci
dicono. Un giorno, lei descrisse le sue giornate: "Mi sveglio
alle sei e mi preparo un tè su un piccolo fornello che sta su
un comodino, a destra del mio letto. E poi leggo i giornali
internazionali". Glieli portava il portiere dell' Hotel Plaza.
Più tardi cominciavano le telefonate, anzi si
celebrava il rito delle telefonate, al quale Marlene teneva
molto. Era il suo "alito" di vita che veniva dall' esterno. La
telefonata della figlia che, a quell' epoca, viveva a New
York, e agli amici, fedelissimi come paladini di un re Artù
con fattezze femminili. Certe volte pagava anche quattro
milioni di lire per il telefono. Poi, alle otto di sera un
pasto leggero, quasi nulla. E poi ancora la tv. Nel tennis le
piaceva Borg e detestava Agassi. Diceva spesso: "Si
può aver
paura di vivere e non di morire". E ricordava, spesso, la sua
infanzia che descrisse nelle sue memorie Marlene D. - Non
sopportava il nazionalismo fin da allora e avrebbe odiato il
nazismo. Del resto era maturata nella Germania di Weimar.
Anche al telefono rievocava la sua governante francese.
Chissà se i suoi interlocutori si annoiavano ascoltandola.
Forse, Marlene affidava a quel contatto il coraggio della
solitudine. Dicono che sarà sepolta nel cimitero di
Montmartre. E dicono, al contrario, che le sue spoglie
andranno in Germania, quella Germania unita che, di recente,
salutò come un evento straordinario. Vale la pena di
ricordare le parole di Jean Cocteau: "La sua bellezza
si impone ed è inutile parlarne. Ma è la sua bontà che io
saluto. Essa illumina, dall' interno, questa lunga onda di
gloria che lei rappresenta. Un' onda trasparente che arriva da
lontano e si degna di giungere fino a noi".
Ulderico Munzi
..
7 MAGGIO 1992 -
CORRIERE DELLA SERA
- LA VIRTUOSA DEL MISTERO
Speravamo che Marlene Dietrich
fosse praticamente immortale. O che, almeno, sarebbe arrivata
a festeggiare il centenario del cinema, nel 1995, lei più
giovane di soli sei anni rispetto all' arte che le aveva dato
immensa popolarità . E invece se n' è andata da un minuto all'
altro, chiusa nel segreto di una lunga esistenza, lasciandoci
stupefatti e meditabondi sotto il manifesto del 45esimo
Festival di Cannes: una storica fotografia di Don English,
scattata nel '32 sul set di Shanghai Express, dove i tratti
sottili ed enigmatici del volto, le mani bianchissime
intrecciate sopra la testa emergono dallo splendore delle
tenebre. Pur vivendo l' avventura di un personaggio
planetario, coinvolta nelle passioni politiche e civili del
secolo e rischiando la pelle in prima linea nella seconda
guerra mondiale, Marlene è stata una virtuosa del mistero, un
Paganini della riservatezza. Se n' è parlato volta a volta
come di una divoratrice di uomini, di una rovinafamiglie, di
un simbolo inquietante del sesso inteso alla Wedekind come
"spirito della terra"; ma anche come di una moglie, madre e
nonna impareggiabile; di un' amica leale, onnipresente,
affettuosa; di una donna intelligentissima, saggia,
riflessiva. Se paragoniamo ancora una volta la sua esistenza a
quella della Garbo, inevitabilmente considerate come vite
parallele da quando la tedesca fu lanciata come la risposta
della Paramount alla svedese della Metro, ci rendiamo conto
che l' autosegregazione di Greta fu tanto più egoistica,
irritabile e segnata dalla nevrosi. Mentre Marlene lavorò a
rendere inespugnabile il bastione della sua "privacy" solo per
garantirsi il massimo della sicurezza nella serena
determinazione di essere sempre se stessa. Fu davvero una
grande attrice? Fu almeno una grande cantante? I suoi talenti
sono stati spesso messi in dubbio e lo saranno ancora. Quello
di cui non si può dubitare e' lo straordinario spessore del
personaggio, l' alone incantevole della leggenda.
Tullio
Kezich
.....
7 MAGGIO 1992 -
CORRIERE DELLA SERA - SCHNEIDER: ERA LA GERMANIA MIGLIORE
"Non mi ricordo più quanti anni avevo quando vidi la prima
volta un film con Marlene Dietrich, forse sedici anni,
non so. Marlene era la leggenda, uno crede di averla
vista da sempre. C' è sempre stata, e oggi non si riesce a
credere che sia scomparsa, che non ci sia più ". Dalla sua
casa di Berlino, lo scrittore Peter Schneider ci parla
per telefono. Cinquantadue anni, autore di romanzi ("Il
saltatore del muro") e sceneggiature (è suo il soggetto del
prossimo film di Margarethe von Trotta), esponente
della generazione "non riconciliata" di quanti, all' Ovest,
odiavano l' opulenza del miracolo economico e, insieme,
criticavano lo stalinismo dell' Est, Schneider ha
sincere parole di rimpianto per la diva che se n' è andata.
"Per me, e per quelli cresciuti insieme a me, Marlene
era un' eroina tedesca. Rappresentava la Germania migliore,
quella che cercavamo di ritrovare. Ecco, per noi ragazzi del
dopoguerra Marlene era la patriota antitedesca".
Quindi, un simbolo politico prima che un oggetto di
desiderio... "Sì , senz' altro. I nostri genitori la
disprezzavano, la odiavano: per loro era una traditrice. Se n'
era andata dalla Germania, aveva scelto l' America. Quando
scoppiò la guerra, poi, lei faceva concerti per le truppe
invitando gli yankees a distruggere il Reich nazista. La
chiamavano la puttana americana. Non la perdonarono mai.
Quando uscì il film sul processo di Norimberga, Vincitori e
vinti (1961) ci fu una fiammata d' odio". La Dietrich
aveva debuttato in quegli anni con L' angelo azzurro.
Ed e' un fatto che il suo ultimo film, un' apparizione e poco
più , sia stato Gigolo (1978), una storia degli anni
prima di Hitler. Ecco, Marlene era "quella"
Germania, ironica, leggera, critica, democratica; stava dalla
parte di Heine, di Tucholsky, di Brecht.
Tutto ciò ci piaceva. E invece non sopportavamo la pesantezza
di Wagner, i nibelunghi, la virilità delle parate.
Marlene e pochi altri (Fassbinder, per esempio)
rappresentavano questa Germania antitedesca". E come
seduttrice, quale immagine oggi ricorda di più?
"Inevitabilmente, la Lola Lola dell' Angelo azzurro.
Fatale, provocatrice, sfacciata: a noi ragazzi degli anni
Cinquanta che finalmente potevamo vedere quel film, la sua
apparizione fece un grandissimo effetto. Non si vedevano più
femmine come lei nella nostra Germania della ricostruzione.
Capivamo, poi, che i nostri genitori la condannavano anche per
la sua immoralità. Ma non si accorgevano che la sensualità di
Marlene era fredda, distaccata, ironica, critica. Amava
mostrarsi desiderabile, ma non si concedeva troppo, era come
se una parte di lei restasse al di fuori, a giudicare chi la
guardava. Era uno spirito che a volte, quando pareva a lei,
entrava dentro un corpo bellissimo".
Ranieri Polese
.....
7 MAGGIO 1992 -
CORRIERE DELLA
SERA -
QUANTI SOGNI PER LOLA LOLA
E' stata sognata Marlene Dietrich? Il suo volto e il
suo corpo hanno accompagnato qualche torrida fantasia
giovanile negli anni in cui la diva trionfava? Come per
Greta Garbo e Jean Harlow, l' immaginario per
Marlene era in bianco e nero, adatto, del resto, ai cinema
ancora quasi sperimentali dove si proiettavano i suoi film,
con pellicole pronte a rompersi e una sempre improbabile messa
a fuoco. Di lei si potrebbe ripetere quello che Roland
Barthes disse a proposito del magico volto della Garbo:
le sue gambe erano un' idea, una specie di archetipo platonico
della seduzione. Il bianco e nero impediva la carnosità del
colore. Labbra, guance, cosce, spalle si confondevano in una
specie di biacca nebulosa. Soltanto i vestiti di lamé potevano
godere d' un qualche scintillio. E se i soggetti dei film,
come nel caso de L' angelo azzurro, ammettevano storie
torbide di dissipazione e dissoluzione, le immagini erano
frenate, il peccato vi appariva più come ipotesi che come
realtà. Eppure, dopo aver fatto i dovuti conti con quegli
anni, Lola Lola fu una presenza conturbante e molti
nudi di oggi non raggiungono quella carica di aggressività
spavalda che Marlene emanava come un profumo intenso e
volgare. Era l' epoca in cui il mito della "donna fatale",
acquisito perfino dalle innocenti figurine Perugina,
insidiava gli stessi, stagnanti amori delle coppie piccolo
borghesi. La canzonettista, la ballerina uscivano dalle fauci
del serpente di Eva. C' e' un film meno noto de L'
angelo azzurro, in cui Marlene fu impegnata in un
tipo diverso di seduzione. S' intitolava Il Cantico dei
Cantici (1933), regia di Rouben Mamoulian, con
Brian Aherne e Lionel Atwill. Sempre con un nome da
soubrette, Lilly dopo Lola Lola, la Dietrich
interpretava il personaggio di una ragazza di provincia
che va a Berlino e accetta di posare nuda per uno scultore. Le
immagini sono spezzoni lontani, sepolti da migliaia di altri,
che si stenta a ricuperare nella memoria come se
appartenessero a storie inesistenti, ad album corrosi e
ammuffiti. Ma ecco, nel momento in cui arriva la notizia della
morte di Marlene, il remoto incantesimo si ripresenta.
Si vedeva la schiena candida e nuda di lei, nient' altro che
la schiena, immobile nell' atteggiamento della modella. Lo
spazio della fantasia era spalancato. Una rivista (chissà
quale...) pubblicò il fotogramma. E in quei giorni un sogno
dominò tutti gli altri che accendevano i verdi anni: ah, poter
essere quello scultore...
Giulio
Nascimbeni
.....
7
MAGGIO 1992 -
CORRIERE DELLA SERA - OH, CHE MERAVIGLIOSE OSSA
Joseph von Sternberg: Io
non ho scoperto la Dietrich. Sono solo un professore che è
rimasto colpito da una bella donna, ne ha esaltato le qualità
, ne ha mascherato le imperfezioni, e l' ha plasmata per
cristallizzare in lei una rappresentazione afrodisiaca.
Marlene Dietrich: Io
pensavo che "L' angelo azzurro" sarebbe stato un fiasco. Lo
ritenevo infatti un film banale e volgare, due aggettivi
secondo me molto differenti, ma che qui si completavano alla
perfezione.
Ernest Hemingway:
Marlene ha un senso comico e tragico della vita che non le
permette di essere mai veramente felice a meno che non ami.
Quando ama può scherzarci sopra, ma si tratta di un umorismo
sinistro.
Marlene Dietrich: L'
amicizia è simile all' amore materno, all' amore fraterno,
all' amore sognato, desiderato, non e' l' amore sotto l'
apparenza dell' amore, e' un sentimento puro che non e' mai
esigente ed e' quindi eterno.
Jean Cocteau: Marlene
Dietrich, il vostro nome comincia con una carezza e finisce
con una frustata. Voi indossate piume e pellicce che sembra
appartengano al vostro corpo come le pellicce appartengono
agli animali e le piume agli uccelli.
Marlene Dietrich: In
America succede una cosa strana. Un uomo si volta (oppure
fischia, se ha l' abitudine di farlo) ammirando quello che è
vistosamente un artificio, una ben progettata costruzione di
acciaio sotto il vestito o, peggio, sotto il pullover. E una
cosa molto commovente, che prova quanto siano idealisti gli
uomini.
Andrè Malraux: Marlene
Dietrich non e' un' attrice come Sarah Bernhardt; è un mito
come Frine.
Marlene Dietrich: Detesto fare
la diva. La celebrità su di me non ha la minima presa.
Maurice Chevalier: Senza aver
l' aria di occuparsi dell' impressione enorme che produce tra
l' elemento maschile e anche femminile dello studio, essa
continua un giorno dopo l' altro a farci capire semplicemente
che se ne infischia di noi tutti. Imperatrice del sex-appeal,
ha l' aria di ignorarci e di essere totalmente indifferente a
tutto quell' entourage di stelle mondiali.
Marlene Dietrich: Sono
diventata una donna che non rivela mai le proprie emozioni,
una donna distante e sola, chiusa nel santuario delle proprie
emozioni.
Richard Burton: La
adoro. E la più bella donna che abbia mai incontrato. E l' ho
incontrata in un modo curioso, come uno scheletro che si erge
dalla tomba con le ossa del viso coperte dal trucco. Oh,
meravigliose ossa. Stupende e straordinarie. E poi che cuoca!
Marlene Dietrich: Giunge
il momento in cui vi rendete conto improvvisamente che ridere
è un ricordo e che eravate proprio voi a ridere.
....
8
MAGGIO 1992 -
CORRIERE DELLA SERA - L'ULTIMO VOLO DELL'ANGELO
Marlene Dietrich sarà sepolta a Berlino accanto a sua
madre. "Quando sono vicino alla mamma - scrisse nelle sue
memorie riferendosi all' infanzia - non mi può accadere
nulla". L' avvocato Jacques Kam, che era soprattutto un
suo amico, ci conferma la notizia. Anche se questa parola,
notizia, non si addice all' estremo desiderio di Marlene
che riposa, da mercoledì sera, in una camera ardente del
Mont Valérien, sacrario della Resistenza, come precisa,
laconicamente, un dispaccio d' agenzia. La bara e' avvolta da
un tricolore bianco, rosso, blu, i colori della bandiera del
Paese che amava. Il piccolo appartamento dell' avenue
Montaigne, dove la portiera ha scoperto il corpo, conserva,
adesso, solo il profumo di Marlene, i suoi ricordi, le
sue fotografie e quelle dei suoi amici, i suoi libri, i
foglietti attaccati con le puntine in cui raccomandava di
chiudere delicatamente le porte. Il ritorno a Berlino. Ecco
dove la notizia non è più notizia, ma messaggio ai tedeschi di
oggi, testamento spirituale, "beau geste". La memoria va a
quell' intervista che Marlene Dietrich, qualche tempo
fa, concesse al settimanale tedesco Der Spiegel. Non
volle ricevere il giornalista e rispose per iscritto alle sue
domande. Ha intenzione di tornare a Berlino adesso che c' e'
una sola Germania e non più due? "Non ho né amici né
conoscenti a Berlino. Quindi, non ho alcun motivo d'
intraprendere questo viaggio. La mia Berlino e' quella della
fanciullezza". Quella dei tempi di Weimar, quella che
precedette il nazismo. Un "certo" Goebbels voleva
persino imporle il ritorno. Forse, Marlene non
intendeva rivelare la decisione testamentaria a Der
Spiegel, ammesso che esista un suo testamento indirizzato
alla figlia Maria Sieber Riva e ai quattro nipoti
Peter, Michael, Paul e David. Peter e' stato il primo ad
arrivare nella casa dell' avenue Montaigne. Non amava che la
sua vita privata - ci riferiamo soprattutto agli ultimi vent'
anni - fosse frugata dai giornalisti. Le sue memorie,
intitolate, in francese, Marlene D., rivelano anche un
aperto rancore nei confronti dei suoi biografi. Se non fosse
caduto il Muro di Berlino, Maria Magdalena von Loesch,
come si chiamava in realtà , avrebbe scelto un cimitero nei
dintorni di Parigi per sua ultima dimora. "Una dozzina di anni
fa . racconta l' avvocato Jacques Kam . visitammo
assieme a Marlene i cimiteri di Parigi e soprattutto
quelli dei paesi vicini alla capitale. Marlene cercava
la sua tomba". L' amore per la Francia risaliva ai tempi dell'
infanzia, quando Marguerite Breguand, insegnante di
francese, entrò nella sua vita. Sembra che solo due donne
abbiano contato nell' esistenza di Marlene, questa
Madamoiselle Breguand e la madre. I funerali berlinesi
si svolgeranno il 16 maggio. Due giorni prima ci sarà una
Messa nella chiesa della Madeleine, tempio in cui sono passate
le spoglie di altri grandi del cinema. E poi su un aereo
militare, messo a disposizione dal governo tedesco, Maria
Magdalena von Loesch, figlia di aristocratici, tornerà in
patria e da sua madre. Il che è anche simbolico, perché Madame
Dietrich, secondo alcuni suoi amici, aveva come scartato,
messo da parte la Lola dell' Angelo Azzurro.
Forse l' aveva addirittura cancellata dalla sua memoria. I
berlinesi, così, renderanno omaggio a Maria Magdalena e
non al sex symbol degli Anni Trenta. Si può parlare così di un
ultimo ruolo di Marlene, quello di Maria Magdalena,
appunto. Un ruolo che, prima che la morte le chiudesse gli
occhi, immaginava come una "ricerca" dell' infanzia, quand'
era una bambina bionda ed esile, fotografata accanto al padre,
in divisa di maggiore dell' esercito prussiano, e alla
bellissima mamma, che morì nel 1945. "La sua bara . racconta
l' attrice nelle sue memorie . la fabbricammo con i banchi di
scuola e i funerali avvennero sotto la pioggia: la cappella
era stata bombardata". Maria Magdalena, quel giorno,
indossava la divisa dell' esercito americano e l' odio per il
nazismo aveva raggiunto il suo apice. Una "ricerca" dell'
infanzia dominata dalla figura della madre, cui sono dedicate
pagine d' amore: "In sua compagnia attraversavo senza paura la
città oscura. Con la mia mano stretta nella sua, avrei
volentieri affrontato i nemici di quei giorni della prima
guerra mondiale, la peste, i gas asfissianti, i leoni. Era
degna di fiducia, forte, coraggiosa, piena di compassione e di
nobiltà ".
U. Munzi
|