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SELEZIONI RASSEGNA STAMPA
Cinematografo
1989, Festival di Sanremo. Dopo sei anni
di assenza forzata, Mia Martini torna sul palco
dell’Ariston, in gara con "Almeno
tu nell’universo". È la grande rentrée di una tra le
voci italiane più incredibili del secolo scorso,
vergognosamente messa ai margini dall’industria e dal
circo di nani e ballerine dei vari palinsesti televisivi
con l’infamante diceria che portasse sfortuna. Parte da
lì "Io
sono Mia", il film di Riccardo Donna – nelle sale
con un’uscita evento dal 14 al 16 gennaio (in circa 280
copie), poi su RaiUno a febbraio – incentrato sulla vita
e sulla carriera di Domenica Rita Adriana Bertè, detta
Mimì, in arte Mia Martini.
Panorama
"Abbiamo
iniziato a girare il 14 maggio, giorno in cui Mia
Martini è stata ritrovata morta: abbiamo iniziato da
dove lei ha finito", racconta Serena Rossi, in cui
inizialmente si fa fatica a rivedere Mimì (Mia Martini è
il nome d'arte di Domenica Rita Adriana Bertè, detta
Mimì). Man mano che "Io
sono Mia" avanza
nel racconto e negli anni, però, ecco che Serena diventa
sempre più il ricordo che abbiamo di Mimì, labbra che si
arricciano nel canto e quel modo di incedere quasi a
nascondersi tra le spalle. "Le
ho dato ogni fibra del mio essere.
Finivo le canzoni con il segno delle unghie nelle mani
perché lei non si risparmiava mai", dice Serena,
emozionata, che riceve
la piena ovazione di Loredana Bertè,
che con la sorella Olivia ha seguito il progetto.
Vanity Fair
" Questo
film è anche un modo per chiedere scusa a una grande
artista: noi dello spettacolo che c’eravamo in quegli
anni non abbiamo fatto abbastanza per difenderla", ha
dichiarato il regista in conferenza stampa. "Ho cercato
di regalarle tutto il mio amore, restituirle quella
dignità di cui è stata ingiustamente privata", ha detto
invece Serena Rossi, l’attrice che a Mimì ridà voce,
cuore e anima sullo schermo. A volerla nel progetto è
stato Barbareschi, dopo
avere visto la sua imitazione a "Tale
e Quale Show" nel 2014.
Poi il progetto è rimasto per un po’ nel cassetto, salvo
poi risorgere, con un prodotto ad hoc per il cinema e
per la tv (come l’anno scorso successe per "Principe
Libero" dedicato
a De André).
Tv Zap
“Questo
sì che è un omaggio a Mimì. Se fosse qui sarebbe molto
fiera di questa cosa: ne sono convinta“:
lo dice Loredana Berté, sorella dell’indimenticabile
Mia, nel corso della presentazione al pubblico di "Io
sono Mia".
Poi l’artista ha ricordato come fossero parecchi i
registi famosi che non volevano avere Mia Martini nei
loro programmi per via delle maldicenze che circolavano
sul suo conto: “Ricordo con tristezza che in
tanti, quando sentivano il suo nome, si ‘toccavano’.
Quando arrivava lei avevano il terrore, mi ricordo un
fonico che disse ‘speriamo che non caschi il teatro’…
Immaginate come poteva sentirsi. La sua voglia di fare
musica era immensa ma glielo hanno impedito. Chissà
quanta altra musica avremmo potuto avere in quei
quindici anni di inattività. Alcuni di quei registi sono
ancora vivi ma quando
mi vedono abbassano lo sguardo.
E io, ancora oggi, rifiuto di partecipare alle loro
trasmissioni”. La cantante non commenta, poi, la
decisione di Ivano Fossati e Renato Zero di non
comparire nel racconto: “Ci
hanno chiesto espressamente di non essere citati ma
questa cosa non ha tolto nulla alla meraviglia di questo
progetto”. La Bertè ha poi proseguito, inondando
letteralmente Serena Rossi di complimenti: “Per
me è stato un colpo al cuore vedere Serena interpretare
Mimì,
specialmente perché ho rivisto cose esclusive che faceva
mia sorella. Lei ha fatto una ricerca molto approfondita
su come si muoveva Mimì, certi suoi scatti, la sua
malinconia, il dolore che provava. È impressionante come
in certe scene mi è sembrata proprio lei; ha tirato
fuori la sua vera anima, dandomi
un’emozione che mi è arrivata dritta al cuore“.
My Movies
Domenica Berté detta Mimì è quel tipo di artista che gli
anglofoni definiscono unsung hero (ops, heroine): un
talento non adeguatamente riconosciuto e sostenuto
dall'industria discografica e di conseguenza anche dal
pubblico. Sacrosanto e meritorio, quindi, che la
Rai Fiction di Eleonora Andreatta abbia voluto portare al
grande pubblico la sua biografia: parziale, simbolico
risarcimento alla vittima di un pregiudizio mortificante
e fatale, ma anche veicolo di divulgazione di un modello
femminile indipendente e anticonvenzionale.
Best Movie
L’esistenza
di Mimì, nomignolo confidenziale col quale è e rimane
nota a molti, è trasposta in maniera accorta anno dopo
anno, con la consulenza delle sorelle Loredana e Olivia
a fare da garanzia. Non ci sono tuttavia Ivano
Fossati,
grande e tormentato amore della sua vita, e l’amico di
lunga data Renato
Zero,
che hanno preferito non comparire e non concedere
l’autorizzazione per essere rappresentati. Un limite non
da poco, aggirato attraverso il ricorso a due personaggi
paralleli (un fotografo e un compagno di scorribande più
simile a un giovane David Bowie), che però non inficia
la spudoratezza accorata del prodotto e il suo intimo
desiderio di riportare alla ribalta non solo una voce
unica e irripetibile ma anche gli umanissimi
tormenti che
contribuirono a renderla così grande ed esposta
all’empatia del grande pubblico.
Oltre alla Mia Martini fragile e abbandonata a se
stessa, che amava Aretha Franklin ed Ella Fitzgerald,
emerge infatti anche la bestia
ferita tramortita
dal rapporto problematico col padre e con degli amori
sempre gestiti a mani nude, con quella maledetta
tendenza a donarsi completamente agli altri, senza
alcuna distinzione di sorta tra gli ascoltatori della
sua musica e coloro che le gravitavano intorno. Un’arma
a doppio taglio che la protagonista Serena
Rossi si
prende il coraggiosissimo rischio di incarnare, aderendo
con umiltà e verosimiglianza alla mimica di Mia Martini
e all’autarchia evocata dal titolo (se lo leggiamo con
l’aggettivo possessivo al posto del nome proprio). Ma
anche alle sigarette fumate una dopo l’altra, alla
risata nervosa e alle smorfie
che le abbruttivano il volto tanta era la forza delle
sue interpretazioni (un
aspetto di cui la cantante era perfettamente
consapevole, e sul quale ironizzava spesso lei stessa).
Panorama
M imì era
una donna risoluta, pronta ad andare all'attacco,
sempre, ma sapeva anche essere generosa e darsi
totalmente, come la descrive "Io
sono Mia",
il biopic che celebra la grande cantante,sacrificata
sulla graticola dell'ignoranza,
e in un certo senso le chiede "scusa". Voce traboccante e rara,
forse la sola accostabile a un mostro sacro come Mina, il suo
talento è stato soffocato dall'assurda diceria che portasse
sfortuna, che ha spinto il mondo dello spettacolo a emarginarla
e ad escluderla a lungo da passaggi in radio e programmi tv. Era
l'Italia degli anni Ottanta, neanche tanto tempo fa, e quello
che avrebbe dovuto essere terreno fertile di cultura si dimostrò
un ambiente infimo e bieco. Di una stupidità crudele che fa
tuttora rabbrividire.
Cinematografo
Il
film di Riccardo Donna è fondamentalmente un atto dovuto alla
memoria di Mimì. Un biopic che per forza di cose non può
rispecchiare fedelmente nei nomi e nelle cose tutto ciò che è
accaduto, che ogni tanto si concede qualche scena madre di
troppo, ma che nonostante tutto si prefigge come obiettivo
primario quello di riportare a galla l’incondizionato amore che
legava Mia Martini alla musica.
My Movies
La scelta di alternare realtà e invenzione, creando la
compresenza di discografici dai nomi reali e altri
inventati e neppure accreditati (come Tino Notte,
l'impresario che sarebbe alla fonte della maldicenza nei
confronti di Mia) in sé non sarebbe un demerito, se ciò
non andasse a scapito della definizione dei caratteri,
che spesso poggia su dialoghi iper esplicativi, da
narrativa rosa più popolare, e abbozzi caricaturali dei
personaggi di contorno. Come se in una prima fase "Io
sono Mia"
fosse stato pensato come una serie in più episodi per
poi venire "ridimensionato" a lungometraggio.
E se non venissero drasticamente esclusi
gli aspetti problematici: il tentato suicidio nella
breve esperienza di carcere, i rapporti tesi con i
familiari e i colleghi, il sodalizio, creativo ma anche
competitivo, con Fossati, le circostanze del decesso.
Una compressione inevitabile, considerato lo sforzo di
ridurre in un paio d'ore anche due decenni determinanti
per l'emancipazione femminile (che non fa capolino se
non tramite una battuta di Loredana, l'appropriata
Dajana Roncione).
Un procedimento che
insomma isola e ritaglia la protagonista dal contesto,
come una di quelle figure da libri in 3D, che balzano in
primo piano per restarci. Risulta presto evidente,
infatti, che la regia di Riccardo Donna (veterano della
fiction RAI) sia concentrata a enfatizzare le
performance musicali, girate come degli "a parte",
estremamente curate, in termini di prestazione canora,
qualità musicale, montaggio e ricostruzione d'epoca. Da
un'ampia discografia (diciassette album) il film
seleziona solamente cinque brani, tutte hit: 'Padre
davvero', 'Piccolo uomo', 'Minuetto', 'E non finisce
mica il cielo', 'Almeno tu nell'universo'. In un arco
che va dal '71 all'89, ovvero dall'inizio della carriera
sotto il nome di Mia Martini all'emozionante
interpretazione sanremese del brano di Bruno Lauzi e
Maurizio Fabrizio.
Il Giornale
Che
brava Serena Rossi!
L'attrice napoletana, nota ai più per la fiction "Un
posto al sole", è stata scelta per interpretare Mia
Martini, le sue canzoni e soprattutto il suo triste
destino personale...
Il
film mostra diversi limiti strutturali, a cominciare
dalla ricostruzione storica incerta, accettabile per gli
anni '60, poi sempre più farraginosa. Gli autori si sono
peraltro misurati con alcuni «grandi rifiuti», dovendosi
così arrangiare con personaggi di finzione che
somigliassero in qualche tratto a quelli veri. Nelle
notti del Piper, ad esempio, compare uno strano
travestito dalla parrucca bionda di nome Anthony e dal
forte accento romano: è chiaro trattarsi di Renato Zero,
che di essere citato non ha voluto saperne, ma almeno
bisognava scegliere un ragazzo più giovane, un ventenne,
giusto per essere più precisi. È poco più di un cammeo,
passi. Andrea, fotografo, fidanzato con Mia per diversi
anni, nella realtà non esiste, ma il loro rapporto
fragile, tormentato, doloroso ricorda molto quello tra
la cantante e Ivano Fossati. Un altro che si è rifiutato
eppure c'è, o almeno c'è il suo fantasma.
Ridotta all'osso la presenza di Loredana Bertè, bastano
pochi minuti per disegnarla ancora più sguaiata di come
è, mentre il ruolo del padre (tanto per non smentire
l'ennesimo Edipo) ha ben più rilevanza. Dei personaggi
famosi l'effetto generale è quello dei concorsi di
sosia: si salva solo Antonio Gerardi nel ruolo di
Alberigo Crocetta, fondatore del Piper e primo
discografico di Mimì. Il Califano secondo Edoardo Pesce
è davvero irritante, grassoccio, vestito come un agente
immobiliare, perde per strada il proverbiale fascino da
seduttore notturno: il Califfo si sarà rivoltato nella
tomba. E che dire il Charles Aznavour che assomiglia a
Don Lurio? Insomma, siamo davvero alla parodia, ed è un
peccato perché queste cadute di tono vanificano lo
sforzo di Serena Rossi nell'apparire credibile, anche
nei passaggi biografici che peraltro insistono sulla
fama da menagrama, sul carattere impossibile,
sull'infelicità congenita.
E non convince neppure la scelta del titolo, "Io sono Mia"
come un film parafemminista degli anni '70, interpretato
da Maria Schneider. Sarebbe bastato Mimì, perché ce la
ricordiamo tutti così.
Io sono Mia è prodotto
da Eliseo Fiction in collaborazione
con Rai Fiction. Regia di Riccardo
Donna, con Serena Rossi, Maurizio
Lastrico, Lucia Mascino, Dajana Roncione, Antonio
Gerardi, Nina Torresi, Daniele Mariani, Francesca
Turrini, Fabrizio Coniglio, Gioia Spaziani, Duccio
Camerini, Simone Gandolfo, Corrado Invernizzi e Edoardo
Pesce.
Proiettato nei cinema italiani solo il
14, 15, 16 gennaio, distribuito da Nexo
Digital con i media partner Radio
Deejay, Mymovies.it, Rockol.it e Onstage.
In
arrivo a febbraio su Rai1 e RaiPlay.
Musiche
originali, produzione artistica e riadattamento
delle canzoni originali: Mattia
Donna & La Femme Piège. |
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