12 SETTEMBRE 1984 - PARIGI - El tango alle Bouffes du Nord?
Strano incontro, direte voi. Accordi di bandoneon e ritmi
argentini in questa scalcinata cattedrale il cui grande
sacerdote risponde al nome di Peter Brook? Rassicuratevi: il
titolo inganna. Quattro musicisti vestiti di nero circondano
Astor Piazzolla ed il suo bandoneon: pianoforte, chitarra,
violino e contrabbasso. Si è immediatamente catturati dalla
inventività melodica e dalla raffinatezza dell'
orchestrazione... Improvvisamente, sulla destra, una porta si
apre inondando la scena di un fascio di luce accecante e, in
controluce, appare Milva... Una splendida silhouette
longilinea in un vestito di lamè dai riflessi argentati che le
conferiscono una parvenza da sirena, un' andatura aerea, i
piedi scalzi che sfiorano appena il suolo lastricato di
mattoni rosa... Ed ecco sgorgare le prime parole, ecco
innalzarsi la voce generosa, amplificata da un microfono
necessario per l' equilibrio della sonorizzazione generale, ma
di cui Milva potrebbe benissimo fare a meno, tanto facilmente
il suo timbro supera gli spazi ed è in grado di far sentire
anche il più lieve mormorìo. L' intensità drammatica con cui
attacca Morire en Buenos Aires riesce a catturarci nel giro
di due minuti. Ora violenta, ora tenera, ora ammaliatrice, ora
patetica, ma sempre bella da mozzare il fiato, canterà in
spagnolo, in italiano, in francese, con quella generosità d'
animo, quello slancio, quella voce di cui è stato detto tutto
il possibile, con cui vi cattura e vi conduce dove più la
aggrada. Quando non canta, Milva ascolta. Si insinua tra i
musicisti, si appoggia con i gomiti al pianoforte e si lascia
a sua volta catturare dalle arie sapientemente disarmoniche,
dalle strazianti melodie, dagli echi violenti o attutiti dei
tanghi il cui suono sarebbe prorompente e scomposto, e che
invece vi sommerge di tenerezza e di disperazione. Quando
riprenderà il microfono per raccontare le illusioni di un uomo
che vuol far condividere a colei che ama il suo mondo di
bellezza (Balada para un loco), e quando il quintetto di
Astor Piazzolla interpreterà il brano intitolato Mumuki,
vera e propria tavolozza di colori sonori, si toccheranno
momenti di emozione indimenticabili. E lo spettacolo va avanti
senza intervallo, con i suoi scarti di ritmi e di tono, nel
dilagare di una musica dotta e popolare al tempo stesso, che
seduce ora per la sua forza, ora per la sua dolcezza. Spiccano,
tra le altre, cinque canzoni nuove, nuovissime, fresche
fresche, in francese, una delle quali firmata dal soggettista
Jean-Claude Carrière (Che tango che): ed in tutta la serata
sarà questa l' unica strizzatina d' occhio al tango anni 30,
in cui per un istante Milva calzerà i più bei piedini del
mondo di scarpette di raso nero. La serata, infatti, è austera
e rigorosa. Senza concessioni e senza facili effetti. Si è
lontani dall' aneddoto e dal folclore. Lontani dal tango che
fa mollemente ondeggiare i corpi... Al cuore si arriva con
altri mezzi. E di questo si deve essere grati al regista
Filippo Crivelli. Un albero morto, un raggio di luna si
stagliano sulle pareti incrinate del teatro... Solo pochi
gesti e movimenti, una illuminazione sobria... Milva e la sua
criniera fiammeggiante bastano ad illuminare l' intero
spettacolo. Benedetta sia quella tournèe in Germania durante
la quale Milva e Piazzolla si sono incontrati (lui appariva
nella prima parte di uno spettacolo di cui lei era la
protagonista). Apprezzando reciprocamente i rispettivi
talenti, hanno deciso di lavorare insieme. Il risultato è
questo incontro, che apre brillantemente la stagione parigina
e dissipa ogni timore di una eventuale concorrenza allo
spettacolo - puramente coreografica - da parte dei tanghi
argentini che fin dalla prossima settimana verranno presentati
allo Chatelet. Inutile dire che il successo ha sfiorato il
delirio... Per un momento, il calpestìo degli spettatori ha
fatto temere per la nostra sicurezza: è molto pericoloso
battere con i piedi in un teatro che rischia di crollare.
Trattenendo a stento le lacrime, Milva scompariva sotto una
pioggia di rose rosse che generosamente distribuiva a
Piazzolla, ai suoi eccellenti musicisti ed al pubblico che non
la lasciava andar via...
Benoit Isorni - LA REPUBBLICA