Maria Ilva Biolcati... Nata dove
le anguille, alle foce del Po, guizzano scaltre e sinuose:
attitudine che ha nel suo essere e nel suo apparire qualcosa
di selvatico che rimanda all'eleganza della Rosa Canina,
fiore che, soprattutto in inverno, sfoggia orgogliosa i
coralli della sua drupa.
Spinosa quel tanto che basta per trasformare una piccola
sarta di provincia in una lady torinese che, archiviato
qualche Festival e messa in soffitta la cotonatura a
nido di merlo, scioglie i rossi capelli come una Maddalena
rinascimentale per tornire le canzoni di Brecht
con un talento e una volontà speciali. Riletture e
interpretazioni che la catapultano nel Gotha delle interpreti
europee di maggior prestigio e spessore culturale.
Le
note da Viola d'amore la avvolgono e la melodia ben si
adatta ad un corpo che sinuoso sfida la femminilità in quello
che ha di più sottile e cerebrale, per poi offrirlo al suo
pubblico, splendente di complicità ed estro artistico tutto
italiano.
Carnosa come le passioni, che cavalca come una valchiria,
brucia gli amori mettendo i suoi nervi sempre in battaglia con
le Parche del suo destino.
Sfiora il repertorio francese della Piaf regalando alle
canzoni asciutte e tragiche del Passerotto, una lettura
romantica e rotonda da mantide religiosa. Le cose di Brecht
e le canzoni popolari sviscerano il suo animo più vero e
la sua memoria. Piazzolla la immerge nel ruolo della
sua Maria de Buenos Aires e la rende diafana e scalza
come una profetessa moderna, mentre lei si erge a contraltare
del modello Carmen... Quella Carmen che si dice
lei abbia tentato di studiare nella versione lirica di
Bizet. Tango, non come movimento dei sensi
occultati, ma delirio di una malinconia senza fine che attinge
dalle radici più profonde del fado portoghese....
Il
Teatro, che richiede dedizione e disciplina, sembra il
terapeuta di questa artista che persino un misogino
egocentrico come Jannacci omaggia con il suo sregolato
genio. Anche Battiato la celebra, con canzoni strambe
ma geniali: Alexander Platz e non solo...
Questo essere sempre un po' sopra le righe del suo
personaggio, l'ha resa spesso "lontana" da molti che pur
ammirandola fanno fatica a capire che dietro certi
atteggiamenti leziosi e vezzosi si nasconde ancora la
ragazzina colma di sogni fragili e lunari, come il suo segno
zodiacale: il Cancro... Anche in TV è sempre stata troppo
esposta, col rischio dell'esagerazione e della ridondanza,
proprio nel momento in cui le altre semplificavano il gesto
e il look...
La
ricordo al cinema nel film La bellezza di Ippolita,
con una matura Lollobrigida (ritornata bionda da
Hollywood), in un' interpretazione senza infamia e senza lode,
con un aitante Enrico Maria Salerno e un ottimo
Carlo Giuffrè.
Ammirevole comunque, portabandiera di quella voglia
padano/bizantina di non volere arrendersi mai. Ma la
signora Biolcati, in questo film di Giancarlo Zagni del 1962, nel
tratteggiare l'antagonista della Lollo era già Milva…
Quando penso all'immenso repertorio di questa nostra
grande artista, mi rendo conto che è stato, ed è ancora oggi,
parte della colonna sonora della vita della mia famiglia.
Tra l'altro,
ho un ricordo personale molto tenero riguardo questa
signora del nostro Teatro ed è legato alla sua
incisione con Gino Negri, mio amico, delle canzoni di
Zarah Leander. Lei, straniera, sdogana nei paesi di
cultura tedesca le bellissime canzoni d'amore
della diva teutonica dal pesante fardello di essere
appartenute ad un'interprete leggendaria dello spettacolo
musicale ai tempi del nazismo. Furbescamente Gino le
suggerisce di aggiungere anche qualche titolo della
Dietrich. Il successo enorme ottenuto da questa scelta
artistica, anche sul mercato discografico di mezza Europa, le
spianerà la strada per proporre la sua esperienza di Teatro
Brechtiano con Giorgio Strehler. Qui la sintesi
è magica, tra una voce e il bisogno di affidare alla canzone
oltre che un messaggio d'amore anche un messaggio politico, a
cui lei stessa non si sottrae, nemmeno nella vita. La sua
intelligenza fu quella di seguire la strada tracciata da
Milly, torinese doc, con cui Strehler aveva già
affrontato Brecht, ma sfoderando una rabbia caricata di
cruda realtà, agli antipodi dello stile distaccato e regale
della pur grande Milly.
Carmelo Serafin
- 13.7.2008
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