1967-1987 Discografia commentata
Federico Guglielmi - Velvet - Ottobre
1988.
The Velvet Underground & Nico
(Verve, 1967). Registrato nella primavera del 1966
e prodotto (solo formalmente) da sua maestà Andy Warhol,
il primo LP dei Velvet Underground è unanimemente
considerato dalla critica internazionale come il miglior
debutto a 33 giri nella storia del rock. A causa della gelosia
di Lou Reed e John Cale, veri demiurghi della
musica della band, nei confronti della bionda "chanteuse", la
partecipazione di Nico a questo immortale capolavoro è
limitata ad appena tre brani: Femme Fatale, I'll Be
Your Mirror e All Tomorrow's Parties (che Warhol
reputava la miglior creazione dei suoi protetti), ombrose ma
delicate le prime due e incredibilmente suggestiva la terza,
con dissonanze e melodie avvinghiate in un ipnotico abbraccio.
Chelsea Girl
(MGM, 1968). Ispirato al film Chelsea Girls di
Andy Warhol, e prodotto da quel Tom Wilson che
aveva già lavorato con lei nell'esordio dei Velvet,
Chelsea Girl è una raccolta di canzoni quasi sempre
leggiadre e affatto spigolose, scritte da eminenti personalità
dell'ambiente rock (Lou Reed, John Cale, Tim
Hardin, Bob Dylan, anche un giovanissimo Jackson
Browne) e interpretate con voce maestosa e avvolgente. Non
mancano, comunque, episodi più astrusi e visionari quali It
Was A Pleasure Then e lo scarno Eulogy To Lenny Bruce,
che gettano le basi di futuri sviluppi artistici.
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The Marble Index
(Elektra, 1969). In netto contrasto con il suo
predecessore, ricco di trame sonore piuttosto ridondanti,
The Marble Index è una agghiacciante incursione nei
meandri di una musica intensa e sepolcrale, distesa in litanie
a metà fra il carezzevole e l'abrasivo. Arrangiato con sottile
perversione dal maestro John Cale, il disco è un
tributo ante litteram a certa "dark-wave" degli anni Ottanta,
oltre che uno dei vertici della carriera dell'ex Velvet
Underground: un risultato di tutto rispetto, specie
considerando che il lavoro vede per la prima volta Nico
nel ruolo di compositrice.
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Desertshore
(Reprise, 1971). Con John Cale e Joe Boyd
ad occuparsi della produzione e lo stesso Cale a
dividersi con la cantante le parti strumentali, Desertshore
si allontana sensibilmente dagli schemi più aspri e contorti
di The Marble Index, presentando una ammaliante
successione di tracks dominate dall'imponente harmonium della
vocalist. Atmosfere "gothic" di sapore conturbante marcano a
fuoco nenie esoteriche quali Janitor Of Lunacy, The
Falconer o Abschied, mentre la nuda intonazione di
My Only Child o la filastrocca Le Petit Chevalier
(affidata - si ipotizza - al figlio Ari, all'epoca
bambino) spezzano il manto opprimente e regalano momenti di
inatteso diversivo.
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The End (Island, 1974). Ancora John Cale
alla consolle, con Phil Manzanera e Brian Eno
dei Roxy Music ad offrire preziosi contributi di
chitarra e sintetizzatore. Ostico e introverso come i
precedenti capitoli del romanzo solista di Nico, seppur
più vario ed articolato per quel che riguarda gli
arrangiamenti, The End è il suggello alla definitiva
maturazione della "moon goddess" come autrice ed interprete. I
suoi rifacimenti di The End - ancora più spettrale e
terrificante di quella dei Doors - e dell'inno
nazionale tedesco, uniti al fascino di splendidi originals
quali Secret Side e Valley Of Kings, innalzano
il talento di un'artista coraggiosa ed inimitabile, ascetica
sacerdotessa della poesia sotterranea. Da ricordare che una
versione dal vivo di The End, frutto di un atipico
sodalizio Nico/Eno, appare nell'album June 1,
1974, pubblicato dalla Island nello stesso anno e
accreditato a Kevin Ayers, John Cale, Eno
and Nico.
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Drama Of Exile (Aura, 1981). E' il disco della
inattesa "rentrée", dopo una assenza dalle sale di incisione
durata circa sette anni. In esso Nico incarna lo
spirito della "new-wave" britannica, facendo uso di un
linguaggio molto più rock che in passato e adattando al suo
abituale stile sapienti geometrie di ritmi e chitarre.
Menzione d'obbligo per nuove composizioni quali Purple Lips
e Orly Flight, e sincero apprezzamento per i remakes di
classici quali Heroes e Waiting For The Man. La
più atipica (e quindi la più "normale") fra le realizzazioni
della "chanteuse".
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Do Or Die! (ROIR, 1982) e En Personne En Europe
(1/2, 1983). Due uscite solo su cassetta che raccolgono
stralci di varie performances europee. Titoli in piccola parte
coincidenti (versioni, in ogni caso, diverse fra loro) ed
esecuzioni appassionate e vibranti, ma prodotti per forza di
cose destinati unicamente al pubblico dei fans più accaniti.
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Camera Obscura (Beggars Banquet, 1985). Dopo la
(relativa) esuberanza di Drama Of Exile, ancora un
album cupamente ripiegato su se stesso, con arrangiamenti
bizzarri e atmosfere per molti aspetti oppressive. Grandiose
Das Lied Von Einsanen Madchens, Konig (potrebbe
essere una out-take di Desertshore) e My Heart Is
Empty (edita anche su singolo), i momenti più accessibili
di un lavoro dalle mille gelide sfaccettature.
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The Blue Angel (Aura, 1985). Un'antologia contenente
Femme Fatale e All Tomorrow's Parties dal primo
33 giri dei Velvet, I'll Keep It With Mine e
Chelsea Girls dall'esordio in proprio, quattro estratti da
Drama Of Exile (One More Chance, Sixty Forty,
Heroes, e Waiting For The Man) e due
interpretazioni dal vivo, altrimenti inedite, delle immortali
The End e Janitor Of Lunacy. Una buona
introduzione al personaggio, pur con i suoi evidenti limiti,
ed un pregevole feticcio per collezionisti.
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Behind The Iron Curtain
(Dojo, 1986).
Doppio LP registrato "live" a Varsavia, Budapest e Praga, che
cattura la malìa di shows dove tastiere e ritmi sono l'unico
back-ground strumentale alla voce più torbida e sconcertante
del rock. Repertorio vasto e variegato, con parecchie pietre
miliari e due titoli mai apparsi precedentemente su vinile.
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Live Heroes
(Performance, 1986). Un album semi-ufficiale assemblato
negli Stati Uniti e disponibile in due edizioni (vinile nero
con copertina, vinile arancione con busta trasparente), del
quale fanno parte i quattro brani del 12 EP Procession
diffuso sul mercato inglese nel 1982 (Procession e
All Tomorrow's Parties assieme alle Invisible
Girls, Secret Side e Femme Fatale
rispettivamente con Samarkand e Blue Orchids),
una Heroes dal vivo altrimenti inedita e due tracks (My
Funny Valentine e The End) uguali a quelle di
Behind The Iron Curtain.
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Live in Tokyo
(Dojo, 1987). Ultimo atto (almeno finché non verrà dato
alle stampe un "Live in Berlin" con le canzoni di quello che è
stato il "concerto d'addio" di Nico), un album dal vivo
a dir poco strepitoso: impeccabile dal punto di vista tecnico
(i giapponesi, si sa, sono leaders nel campo dell'incisione) e
nobilitato da una scaletta eccezionale (ci sono, fra le altre,
Purple Lips, My Heart Is Empty, Janitor Of
Lunacy, 60/40, Das Lied Von Einsanen
Madchens, e un "trittico" conclusivo con All Tomorrow's
Parties, Femme Fatale e The End). Live in
Tokyo è un testamento ideale. Da non perdere.
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